Fondazione Contavalle: un rifugio per i più fragili

C’è una realtà in città che dagli anni ’60 è in prima linea per portare sostegno a donne e bambini che si trovano, nel loro percorso di vita, a vivere un momento di grande difficoltà. Si tratta della Fondazione don Giovanni Contavalle, nel quartiere di Sant’Anna a Gorizia, che porta avanti l’operato umanitario iniziato già nei secoli precedenti dall’omonimo Orfanotrofio. Sorta inizialmente come casa famiglia per bambine, oggi la Fondazione continua nella sua missione con una nuova veste, orientata ad accogliere donne che, per motivi per lo più legati alla violenza, sono costrette ad allontanarsi dalla loro casa.Tutto questo non sarebbe possibile se, accanto alle varie forme di sostentamento, non ci fossero i fondi 8×1000 della Chiesa italiana, che consentono alla Fondazione di proseguire aiutando i più fragili.Abbiamo incontrato don Stefano Goina, presidente della Fondazione da circa un anno, che ci ha raccontato tutti i servizi raccolti all’interno dell’Istituto, ma anche i prossimi passi che saranno compiuti, per rimanere in linea con i tempi.

Don Goina, dove ci portano le origini di questa Fondazione e quest’edificio?Si tratta di una grande struttura, costruita negli anni ’60, dedicata inizialmente – grazie alla presenza delle Suore Scolastiche – a casa famiglia. È infatti organizzata su più piani, con degli appartamenti molto ampi, che avevano il compito di ospitare sia l’operatore, che le bambine. Questo modello attualmente non è più in uso: negli anni è cambiato il modo di venire incontro alle esigenze dei più piccoli, preferendo soluzioni come, per esempio, l’affido temporaneo.Oggi quindi la struttura si è “trasformata” nel suo scopo, offrendo ospitalità a donne con bambini che si vedono costrette a lasciare la loro casa, molto spesso per storie legate a violenza o situazioni di grave disagio.Negli anni sono state anche alcune decine le persone ospitate contemporaneamente: la struttura permette infatti di dare accoglienza fino a 25 presenze stabili.

Quante sono al momento le persone che trovano riparo e accoglienza qui al Contavalle?Attualmente ci sono cinque persone: un nucleo famigliare di tre persone – una mamma con i suoi due figli – e una donna, seguiti in collaborazione con i Comuni con i quali esistono delle convenzioni e, novità di questi giorni, una donna pakistana richiedente asilo. È stata infatti proprio recentemente siglata una convenzione con la Prefettura di Gorizia per dare ospitalità fino a cinque donne.L’Istituto Contavalle però non offre soltanto accoglienza a donne e bambini ma, nelle sue numerose sale, trovano spazio anche molte associazioni del goriziano, tra le quali il Centro Aiuto alla Vita e il Consultorio Friuli – che riceve su appuntamento -, solo per citarne un paio.

Riguardo proprio l’accoglienza di donne e bambini, come si svolge il progetto?Il contatto avviene tramite i Comuni con i quali abbiamo aperto delle convenzioni, non solo della zona ma anche da fuori Regione, poiché a volte capita che queste persone debbano essere messe al riparo dalla realtà da cui arrivano, portandole appunto fuori dal loro ambiente. Vengono accolte e, nel corso di tutta la permanenza, rimane costante il contatto e il dialogo con i servizi di assistenza sociale che le hanno prese in carico e che mantengono la responsabilità. Si predispone insieme un percorso, strutturato a seconda della persona e del tipo di problema: potrebbe avere semplicemente bisogno di stare tranquilla, lontano da determinate dinamiche, quanto di riappropriarsi a 360° della propria quotidianità e su questa a educarsi al vivere di ogni giorno.Le donne hanno a disposizione un appartamento, completamente autonomo, fanno la loro spesa, acquistano ciò di cui hanno bisogno, svolgono in autonomia le faccende domestiche e badano all’educazione dei figli. Il progetto educativo agisce proprio attraverso la gestione di queste incombenze della vita quotidiana.Accanto alle mamme, anche i bambini sono seguiti nell’inserimento scolastico e nell’inserimento delle varie attività che la comunità offre, quali scoutismo, ludoteca, sport… Si fa in modo insomma che queste persone si inseriscano nella vita sociale, nell’ottica dell’accompagnamento verso una riacquistata autonomia.

Guardando al prossimo futuro, quali sono le idee per continuare a beneficiare di questa preziosa struttura?Sono molte le novità: l’associazione Diritto di Parola, anch’essa qui ospitata, ad esempio è recentemente partita con un progetto che ha trasformato uno degli appartamenti qui presenti in una palestra per i suoi assistiti. I ragazzi, che hanno difficoltà fisiche e cognitive, sono seguiti da educatori.Da alcuni mesi la struttura ospita anche il Centro d’Ascolto Caritas e la prospettiva per il futuro è proprio quella di far confluire qui al Contavalle tutte le attività della Caritas diocesana, in maniera tale da concentrare tutto in un’unica – ampia e bella – struttura. Accanto a queste, si punta a portare qui anche tutte le attività delle varie associazioni alla Caritas legate, come ad esempio l’associazione famigliare “La Ginestra”, che offre anche un servizio di doposcuola, e la cooperativa Murice. Siamo poi sempre alla ricerca e aperti a nuove proposte. Certo, per fare questo abbiamo bisogno di rimettere un po’ a mano alla struttura…Chiederemo quindi per l’assegnazione dei fondi 8×1000 di quest’anno, sia un contributo per quanto riguarda alcune spese di funzionamento, sia per quanto riguarda la ristrutturazione dell’edificio.

Come si sostiene questa Fondazione?La Fondazione ottiene i suoi introiti dalle convenzioni stipulate con gli enti e da rimborsi spese che chiediamo alle associazioni ospiti, le quali hanno il comodato d’uso gratuito ma partecipano alle spese di riscaldamento, pulizie… Ci sono attualmente cinque dipendenti, non tutti a tempo pieno. A queste spese si aggiungono quelle di manutenzione ordinaria legate alla gestione della struttura.Per quanto riguarda la manutenzione straordinaria, uno dei grossi lavori che si dovranno compiere è la ristrutturazione dell’impianto idrico, che presenta ancora le condutture originarie. Questo è un grosso capitolo che ci attende; un altro sarà l’isolamento termico, poiché anche i serramenti sono quelli originali degli anni ’60.Dal punto di vista personale poi, ho fatto la scelta di venire a vivere qui, dettata anche dalla responsabilità di essere una presenza costante, quasi 24 ore su 24, nella struttura, per qualsiasi cosa possa essere necessaria.Desidero infine porre un grazie a don Sergio Ambrosi, mio predecessore, che per decenni ha guidato questa struttura, in anni in cui le presenze erano molto numerose e i servizi proposti molto richiesti dal punto di vista educativo e sociale.