“Educarci alla diocesanità”

Il tempo che un boscaiolo usa per affilare l’accetta, non è tempo perso, non è tempo rubato al lavoro, ma è condizione per fare bene il proprio lavoro. Il tempo che i sacerdoti usano per formarsi o semplicemente per alimentare il legame di fraternità all’interno del presbiterio, non è tempo rubato alla pastorale, ma è condizione per svolgere bene la propria missione. Dal 28 al 31 agosto come sacerdoti della diocesi ci siamo ritrovati a Torreglia, sui colli Euganei vicino ad Abano, per un momento di fraternità e di formazione, come è già stato fatto negli ultimi anni. Il tema che ha fatto da traccia a questo incontro è stato: “educarci alla diocesanità”. Il titolo della tre giorni faceva pensare ad un invito a vivere la propria missione sentendosi in comunione con le linee pastorali date dal vescovo, facendo delle scelte unitarie… ma è stato molto di più. Per noi preti vivere la diocesanità è in primo luogo vivere seriamente il nostro ministero, prenderci cura della nostra fede e avere a cuore le relazioni fraterne nel presbiterio. Siamo entrati nel tema grazie alla lectio divina tenuta da don Carlo Broccardo che a partire da tre quadri nella vita di Mosè ha aiutato a riflettere sulle persone che ci hanno voluto bene e ci hanno parlato dell’amore di Dio, sul nostro compito di “metterci sulle spalle” le fatiche e le speranze del popolo che ci è affidato, sul fatto che molto spesso non vediamo fin in fondo il frutto del nostro impegno.C’è stato poi il tempo per un dialogo libero e franco con il vescovo di Padova, mons. Claudio Cipolla, che spaziando nei diversi aspetti della vita di Chiesa, ha comunicato le proprie preoccupazioni per la qualità spirituale della vita dei sacerdoti. Un confronto interessante è stato quello con don Giuliano Zatti (vicario generale e direttore dell’Istituto S. Luca per la formazione del clero), con don Federico Giacomin (direttore della casa di spiritualità di Torreglia e membro dell’equipe per la formazione del clero) e con don Giuliano Miotto (parroco della cattedrale di Padova) che hanno raccontato lo stile della formazione permanente del clero scelto dalla diocesi di Padova. L’attenzione è posta non solo sui contenuti su cui aggiornarsi, ma si tenta di prendersi cura della vita e della fede del prete, proponendo dei percorsi in cui ci sia la possibilità di esprimere le proprie difficoltà e gioie, e ci sia qualcuno che aiuta a rileggerle. Si incoraggia poi l’acquisizione delle competenze importanti per accompagnare spiritualmente i fedeli, a partire da un lavoro sulla propria vita spirituale. Non sono mancati momenti di bellezza come la visita al monastero benedettino di Praglia e la preghiera cantata insieme ai monaci.  L’ultima mattinata è stata dedicata ad un confronto sullo stile sinodale e alle comunicazioni da parte dell’arcivescovo. Da tutti è emerso quanto sia importante concedersi occasioni per vivere una fraternità più estesa con i sacerdoti del nostro presbiterio: rischiamo di perdere il senso dell’unità, presi come siamo a correre dietro alle urgenze. Confrontarsi poi con l’esperienza di una Chiesa sorella, come quella di Padova, attiva il pensiero e la ricerca di proposte adatte alla nostra comunità cristiana.