E ora è tempo di “uscire”

Concluso il giro di presentazione della Lettera pastorale dell’arcivescovo Carlo, possiamo soffermarci qualche istante per una doverosa riflessione.Guardiamo innanzitutto ai dati. Intanto potremmo gioire per i cinque appuntamenti di presentazione dell’anno pastorale: cinque decanati incontrati, quasi cinquecento persone incontrate tra presbiteri e laici coinvolti nei Consigli Pastorali Parrocchiali. Anche la struttura nuovamente scelta per la presentazione di quest’anno può rincuorarci e farci riflettere: non tutti in fila dall’arcivescovo verso il frequentemente vituperato “centro” di Gorizia, ma il Pastore responsabile della Chiesa che esce sul territorio e incontra le comunità nei loro luoghi di vita. Non certamente per dire che il centro della Chiesa è la parrocchia e la diocesi invece una semplice confederazione di parrocchie più o meno autosufficienti e più o meno disponibili ad interagire con il corpo ecclesiale diocesano, questo lo abbiamo compreso; ma forse per suggerire un modo di fare da acquisire anche ciascuno di noi nel nostro piccolo: andare verso, “uscire”, ci direbbe papa Francesco.Dobbiamo riconoscere anche un certo impegno da parte del vescovo nell’offrire uno schema di presentazione ancora diverso dagli anni scorsi, un “format” si direbbe oggi, dove la narrazione trova grande spazio, dove l’esperienza quotidiana delle persone viene messa al centro, dove la Parola viene messa in correlazione con la vita che la precede e alla quale essa si rivolge. Anche questo, forse, un suggerimento da tenere presente nella nostra azione pastorale, se non nella mimesi delle forme almeno nella preoccupazione di fondo e come stimolo alla creatività. Certo, nel corso dei cinque appuntamenti non tutto è brillato splendidamente: in alcune modalità di presentazione da parte degli incaricati (più deboli a Gorizia, meglio negli altri decanati); nella capacità da parte di alcuni presbiteri di lasciarsi coinvolgere e in apparente imbarazzata difficoltà di comunicazione; nella libertà di parola di alcuni laici, forse troppo abituati sin dalla loro infanzia ad ascoltare verità che altri hanno loro proposto dall’alto, senza possibilità di replica.Ma altrettanto ha riempito di sottile letizia vedere un popolo, presbiteri e laici insieme, prendere sul serio e anche con entusiasmo la Parola, i suggerimenti del proprio Vescovo per poterla accogliere, le piccole semplici parole di risonanza dei loro vicini e fratelli.E il quadro emerso a chi ha ascoltato tutte e cinque le diverse serate, una anche in lingua slovena, è stato davvero consolante.Lo scopo della presentazione era evidentemente di dare un avvio energico ed entusiasta all’anno pastorale, incoraggiando la lettura personale e comunitaria del Vangelo di Luca. Questa spinta diventa ora un compito: per noi presbiteri innanzitutto, nel cercare di coinvolgere per quanto possibile i “nostri” Consigli Pastorali Parrocchiali nell’accogliere, utilizzare e diffondere la Lettera Pastorale, pensata non solo per i “tecnici” parrocchiali, ma anche per le persone non direttamente impegnate nell’animazione ecclesiale.La semplice simulazione proposta di lettura del Vangelo intendeva far vedere che è possibile anche per le persone più semplici e per le più piccole comunità parrocchiali adottare un metodo, serio ma fattibile, per crescere spiritualmente ed ecclesialmente.Magari non solo in parrocchia per i soliti noti, ma anche in qualche famiglia potrebbe ritrovarsi un piccolo gruppo per camminare con il Vangelo di Luca, accompagnati dalla Lettera Pastorale del Vescovo.Sarebbe interessante che fra qualche settimana giungesse in Centro Pastorale la richiesta di un incontro di condivisione e di approfondimento da parte degli animatori dei gruppi di lettura della Lettera.Come sarebbe ottimo che in qualche celebrazione eucaristica domenicale si cominciasse a togliere qualche “preghiera dei foglietti”, espressione a memoria non presente in nessun rituale cattolico, per introdurre qualche “preghiera dei fedeli”, nata nel gruppo dalla lettura del Vangelo di Luca, come Santa Madre Chiesa da qualche millennio suggerisce. O che alla fine, come rendimento di grazie “post-communio” fosse letta una breve risonanza nata sempre dalla lettura comunitaria del Vangelo.Piccole cose, è vero, ma segni di novità, mentre ci muoviamo verso il mettere mano alle cose grandi, cioè al rinnovamento dell’iniziazione cristiana e alla forma di presenza della Chiesa diocesana sul nostro territorio.

*Vicario episcopale per l’evangelizzazione ed i sacramenti