“È la misericordia a qualificare il pontificato di Francesco”

“La misericordia è una cifra che qualifica il Pontificato di Papa Francesco e che, nelle sue intenzioni, qualificherà anche il prossimo Anno Santo” . Spiega così il senso dell’ormai imminente anno giubilare il cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio per i Testi legislativi, sottolineando come la misericordia debba esprimere innanzitutto “l’amore per i miseri, per i più lontani, per i più bisognosi”.

Il Santo Padre è rientrato nei giorni scorsi da un viaggio molto impegnativo in tre paesi del Sud America. Quali sono stati i Suoi sentimenti, Eminenza, seguendolo attraverso i massmedia?Tanti sentimenti, ma innanzitutto una impressione ripetuta della sua passione pastorale. Papa Francesco vuole bene alla gente e l’ha dimostrato anche in questo viaggio con una grande attenzione ai più piccoli, ai più lontani, agli emarginati. Lui stesso ha ripetuto anche in questa occasione che non dobbiamo più emarginare nessuno, dobbiamo sempre accogliere tutti, nonostante tutte le differenze che possono tenere le persone lontano da noi o possono darci la tentazione di escluderle. Questo mi pare sia uno dei punti qualificanti del Pontificato di questo Papa.

Fra poco, meno di cinque mesi, inizierà l’Anno giubilare che Papa Francesco ha voluto incentrato sulla misericordia. Quali le motivazioni alla base di questa scelta?Mi ricollego a quanto ricordavamo sopra. La misericordia, come dice la parola stessa, è l’amore per i miseri, per i più lontani, per i più bisognosi. Questa convinzione fa parte della spiritualità del Papa e del suo programma pastorale: essere buono con tutti, specialmente con i più lontani e con i più bisognosi. La misericordia, quindi, è una cifra che qualifica il Pontificato di Papa Francesco e che, nelle sue intenzioni, qualificherà il prossimo Anno Santo.

Il Papa pare ricordarci che il mondo proprio in questo nostro tempo ha particolare bisogno di misericordia…Probabilmente questo bisogno deriva dal fatto che oggi tante persone si sentono infelici per mancanza di riferimento al Signore e alla vita eterna. Questa infelicità non è necessariamente percepita come tale: una persona, infatti, può anche ritenersi la più felice al mondo, ma se non ha riferimenti al Signore e alla vita eterna – cioè se non ha la fede – non può dire di essere felice, perché è comunque dominata dall’angoscia della morte. Molte persone, poi, sono portate a ritenere che Dio ama in modo elitario, cioè alcuni piuttosto che altri e si sentono spontaneamente esclusi dal suo amore. Predicare la misericordia – e farlo per tutti – viene incontro a queste necessità della gente, aiutandola a vincere l’infelicità da cui in tanti sono, consciamente o inconsciamente, dominati.

In una delle sue omelie in Santa Marta, il Papa ha affermato che “non c’è giustizia senza misericordia”. Come intendere questa frase?lo sono un uomo del diritto e quindi la parola “giustizia” evoca spontaneamente in me risonanze particolarmente profonde. Non possiamo, in nessun modo, mettere in contrasto la misericordia con la giustizia, perché la giustizia di Dio consiste esattamente nella misericordia, cioè nell’amare tutti per quello che sono, anche se peccatori. Dio considera tutti degni di stima e di amore (cfr. Is 43, 4) e quindi la sua giustizia consiste proprio in questo e viene a congiungersi immediatamente con la misericordia. La vera giustizia è l’amore (per amore intendo il rispetto della persona o la promozione della persona) e per tale motivo quanto più amo una persona, tanto più sono giusto nei suoi confronti. Mi pare che il Papa metta, soprattutto in questo senso, in stretta connessione la giustizia con la misericordia.

8 dicembre 1965 – 8 dicembre 2015. Il Papa ha scelto significativamente come data di apertura del Giubileo il giorno in cui si ricorderanno i 50 anni dalla chiusura del Concilio ecumenico Vaticano II. Qual è il collegamento fra questi due avvenimenti?Papa Francesco ha parlato molte volte del Vaticano II e lo ha sempre valorizzato invitandoci ad ispirarci a esso e ad attuare quelle parti che non lo sono ancora state. Il collegamento, quindi, è immediato: se c’è una persona che crede nel Vaticano II è Papa Bergoglio. E questo risulta particolarmente importante in un tempo come l’attuale in cui non mancano voci che sembrano avere qualche riserva sul Concilio. Il ribadire l’importanza del Vaticano II da parte del Papa assume quindi una rilevanza ulteriore.

Lei ha spesso sottolineato che il Codice di Diritto canonico è l’ultimo documento del Vaticano II. Può spiegarci questa affermazione?Tale affermazione, in verità, non è mia, ma è stata pronunciata da Giovanni Paolo II quando promulgò il nuovo Codice di diritto canonico. Essa vuole significare che il Codice è da considerarsi come un trattato di ecclesiologia: in esso, infatti, esistono canoni –  che possiamo chiamare dogmatici o ontologici – i quali riesprimono in formule brevi l’ecclesiologia del Concilio. Si tratta, quindi, di piccole formule di dottrina ecclesiologica.Inoltre il Codice, dopo avere fatto affermazioni dogmatico-ontologiche, statuisce norme positive, che non erano presenti nei documenti del Vaticano II e che hanno lo scopo di tradurre in operatività la dottrina conciliare.Prendiamo per esempio il canone 212 § 3, in cui si dice che i fedeli e in modo particolare i laici hanno l’attribuzione e quindi il diritto e anche il dovere di dare consigli ai pastori (questo avviene per esempio nel caso di un fedele di una parrocchia nei riguardi del suo parroco). Questa affermazione è stata fatta per la prima volta in Lumen Gentium n. 31 ed è stata ripresa dal canone che citavo sopra. Però il Codice non si ferma lì, ma inaugura i Consigli pastorali diocesani, parrocchiali, degli affari economici, che sono strutture positive, cioè create dal legislatore, per tradurre in operatività l’affermazione dogmatica.Per tutto quanto ho detto, possiamo ritenere che il Codice è l’ultimo documento, anzi è il complemento, del Concilio Vaticano II.

Quale ruolo ha il diritto nella vita della Chiesa?Il diritto è innanzitutto la persona: la persona umana e la persona del fedele. Il diritto fa conoscere a ciascuno la sua identità perché così possa tradurla in operatività ecclesiale. Poco fa ci siamo soffermati sull’esempio del laico e della sua capacità di “governo” nell’attività di consigliare i pastori: scoprire questo e metterlo in pratica significa attuare una parte molto importante della propria identità ecclesiale. Il diritto in questo senso ti fa essere nella Chiesa, ti fa essere quello che i sacramenti – il battesimo, la confermazione – ti hanno dato. È importante che ciascuno conosca la propria identità, i propri diritti e i propri doveri in modo di essere nella Chiesa un soggetto consapevole e attivo.

Qual è il ruolo del Pontificio Consiglio per i testi legislativi all’interno della Curia romana?Noi abbiamo il compito di promuovere il diritto canonico. E abbiamo individuato quattro aree di attività per attuare tale compito.Innanzitutto l’attività di legislazione. Noi non siamo legislatori perché il legislatore è il Papa, ma abbiamo il compito, non certamente semplice, di dire al Papa dove si dovrebbe intervenire. Questo avviene in due casi: quando riscontriamo una “lacuna legis” o ci troviamo dinanzi una norma ormai invecchiata e superata e quindi inutile o anche dannosa: se il Papa valuta fondate le nostre proposte e se lo ritiene necessario, interviene come legislatore.Una seconda area di intervento è quella della vigilanza affinché le norme vigenti, che noi cerchiamo – come detto sopra – di tenere sempre aggiornate, siano realmente applicate e che ciò avvenga correttamente. Per raggiungere questo risultato operiamo in modi diversi: se, ad esempio, un Dicastero della Curia o una Conferenza episcopale produce una norma nuova, spetta a noi esaminare se essa sia conforme all’ordinamento canonico generale. Si tratta di una specie di “controllo di costituzionalità”, ricordando però sempre che la Chiesa non ha una Costituzione, ma ha un ordinamento generale a cui fare riferimento. Se poi veniamo a conoscenza di una prassi contraria alle norme generali della Chiesa siamo tenuti a segnalarla alle autorità competenti in modo che essa venga corretta.Quindi abbiamo una duplice funzione: legislativa e di controllo legislativo.In qualche modo, come la Congregazione per la Dottrina della Fede ha il compito di tutelare e promuovere l’ortodossia, noi abbiamo il compito di tutelare e di promuovere l’ortoprassi canonica. C’è, quindi, un parallelismo fra i due Dicasteri.Una terza attività è quella di interpretare le norme. Non tanto perché queste siano oscure, quanto, piuttosto, perché ci sono persone – vescovi o altri fedeli – che chiedono spiegazioni su cose già di per sé chiare. Noi interveniamo spiegando ulteriormente il senso della normativa.Una quarta area consiste in tutte quelle iniziative che servono per fare conoscere o meglio applicare il Diritto canonico. Penso, a puro titolo di esempio, alla produzione editoriale: pubblichiamo una rivista ogni sei mesi, editiamo studi, organizziamo convegni, riceviamo studenti e professori che vengono a visitare il Dicastero e a chiedere spiegazioni, riceviamo le Conferenze episcopali durante le Visite ad limina, siamo in contatto con le Associazioni canonistiche di tutto il mondo… Tutte iniziative per diffondere la conoscenza e la prassi del diritto canonico.

A che punto è la riforma della Curia avviata da papa Francesco?È iniziata: sono stati costituiti due Dicasteri che prima non c’erano o, almeno il primo, non erano strutturati come lo sono oggi.Il primo è la Segreteria per l’Economia che agisce in relazione con il Consiglio per l’Economia e l’Ufficio del Revisore generale e ha come compito – almeno in modo precipuo – il controllo della corretta amministrazione da parte degli Enti centrali della Chiesa. Nuova, poi, è anche la Segreteria per la Comunicazione, creata proprio nelle scorse settimane.Su altre prospettive di riforma si sta ancora riflettendo e non si è ancora arrivati a una sufficiente chiarezza di idee e quindi a decisioni del Papa.

Il cammino comune delle Chiese cristiane può essere un elemento importante nel dialogo con l’Islam?Certamente. L’Islam deve trovare davanti a sé cristiani non divisi ma uniti. Non possiamo più andare avanti così, con Chiese non pienamente unite: sia davanti all’Islam, sia davanti al mondo.

Cosa si aspetta Lei dal prossimo Sinodo?Mi aspetto che siano assunte alcune decisioni pastorali, che siano coraggiose, però fondate strettamente sulla dottrina, che la interpretino ma non la falsino. Anche se non sempre quella che abbiamo in mente è la dottrina vera: dobbiamo sempre chiederci se la interpretiamo esattamente e se siamo in grado di capirla fino in fondo. È quindi necessario rimanere fedeli alla dottrina ma con qualche decisione coraggiosa, che appare ormai ineludibile perché richiesta dalle situazioni concrete che non sono sempre uguali nella Chiesa: ci sono bisogni concreti a cui bisogna rispondere in modo concreto anche con decisioni nuove ma sempre nella fedeltà alla dottrina.

Dalla diocesi di Milano alla Curia Romana

Il Cardinale Francesco Coccopalmerio, Presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, è nato il 6 marzo 1938 a San Giuliano Milanese, nell’arcidiocesi di sant’Ambrogio, dove il 14 marzo ha ricevuto il battesimo. Sua madre, Giuseppina Ceppi, era originaria di Sernio in Valtellina; suo padre, Alberto, nativo di Scontrone, in Abruzzo.Dopo aver ottenuto, al termine dell’anno scolastico 1956-1957, la maturità classica presso il liceo statale di Busto Arsizio (Varese), è entrato a Vengono Inferiore nel seminario arcivescovile di Milano, di cui è stato alunno dal 1957 al 1962. Qui ha frequentato i primi due anni dei corsi della facoltà teologica milanese, raggiungendo il baccellierato. Completata la formazione seminaristica e accademica, il 29 giugno 1962 è stato ordinato sacerdote dal cardinale arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini.Dopo un anno di insegnamento nel seminario minore di Masnago (Varese), il 26 giugno 1963 ha ottenuto la licenza in teologia. Inviato a Roma per specializzarsi in diritto canonico, ha frequentato la Facoltà di diritto canonico della Pontificia Università Gregoriana, fino a raggiungere nel 1968, sotto la guida del gesuita Wilhelm Bertrams, il dottorato con una dissertazione dal titolo “La partecipazione degli acattolici al culto della Chiesa cattolica nella pratica e nella dottrina della Santa Sede dall’inizio del secolo XVII ai nostri giorni”. Contestualmente si è iscritto alla Pontificia Accademia Alfonsiana, ottenendo nel 1970 il diploma di specializzazione in teologia morale. Ha frequentato poi la facoltà di giurisprudenza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano, dove nel 1976 ha conseguito la laurea con il professor Orio Giacchi.I più significativi incarichi svolti nella diocesi ambrosiana sono stati quelli di addetto all’avvocatura generale della curia arcivescovile dal 1966 e, a partire dal 1980, di avvocato generale. Nel 1985 è divenuto pro-vicario generale dell’arcidiocesi.Otto anni più tardi, l’8 aprile 1993, è stato nominato da Giovanni Paolo II Vescovo titolare di Celiana di Numidia e ausiliare di Milano, e il successivo 22 maggio ha ricevuto l’ordinazione episcopale nella basilica di Sant’Ambrogio dal cardinale arcivescovo Carlo Maria Martini. Come vescovo ausiliare si è occupato soprattutto dei settori della cultura e dell’ecumenismo, e di questioni giuridiche. Nella Cei è stato membro del consiglio per gli affari giuridici dal 1993 e poi presidente del medesimo organismo dal 1999.Il 15 febbraio 2007 è stato chiamato a Roma da Benedetto XVI come Presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi. Sotto la sua presidenza sono stati celebrati i venticinque anni dalla promulgazione del Codice di Diritto Canonico (1983-2008) e il ventennale dall’entrata in vigore del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali (1990-2010). È anche membro della Congregazione per la Dottrina della Fede, del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Dal 2008 è consulente centrale dell’Unione giuristi cattolici italiani.Ha insegnato diritto canonico nella facoltà teologica dell’Italia settentrionale, sia nella sede del seminario di Venegono sia nella sede centrale di Milano, a partire dall’anno accademico 1966. Dal 1981 è professore invitato nella facoltà di diritto canonico della Pontificia Università Gregoriana. È stato fondatore, con il gesuita Jean Beyer, della rivista «Quaderni di Diritto Ecclesiale» ed è autore di numerose pubblicazioni scientifiche nelle quali ha affrontato soprattutto i temi riguardanti la riflessione sulla identità del diritto ecclesiale, il secondo libro del Codice (in particolare la comunione con la Chiesa e la parrocchia), la communicatio in sacris e il diritto penale,Da Benedetto XVI è stato creato e pubblicato Cardinale nel Concistoro del 18 febbraio 2012, della Diaconia di San Giuseppe dei Falegnami. È Membro delle Congregazioni: per la Dottrina della Fede; delle Cause dei Santi; del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani; del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.