Don Fausto Furlanut: una vita per la Chiesa

Nella notte di sabato 5 dicembre è salito alla Casa del Padre don Fausto Furlanut. Nato ad Aquileia, si è sempre sentito far parte della comunità di Fiumicello, dove era nato 82 anni fa, sacerdote da 57 anni, anni in cui aveva svolto il suo ministero pastorale in diverse parrocchie della diocesi. È stato anche assistente per lunghi anni dell’Unitalsi di Gorizia. Oltre al presbiterio diocesano e alle comunità dell’Unità pastorale di Cormons, lascia il fratello Graziano, i nipoti e parenti. La Messa esequiale si tenuta nel Duomo di Cormons (un ampio resoconto nel prossimo numero di Voce) presieduta dal vescovo Carlo. È seguita la sepoltura nella tomba di famiglia nel cimitero di Fiumicello.Don Fausto ha detto il suo ultimo “eccomi” al Signore che è sceso a prenderselo per portarlo nella sua Casa.  Ha detto “Si” chinando il capo con il rosario in mano pregando la Madonna in quel giorno di sabato, appena iniziato, giorno che fin dai primi secoli i cristiani dedicano alla Vergine. E tutti sappiamo quanto don Fausto fosse devoto alla Madonna, legato in modo particolare a Lourdes di cui era cappellano onorario di quel santuario e dove si era recato una quarantina di volte con i pellegrinaggi organizzati dall’Unitalsi.La notizia della morte di don Fausto si è propagata subito in tutta la diocesi, ma non solo, e vasto è stato il dolore e la tristezza di quanti, e sono tanti, lo hanno conosciuto e hanno potuto apprezzare la sua umanità, ma anche quell’empatia che sapeva trasmettere. Parole di tristezza ma anche di ringraziamento per quanto bene ha fatto.Lo ha ricordato il vescovo Carlo, che sabato ha voluto dimostrare la sua vicinanza all’Unità pastorale di Cormons celebrando la messa vespertina in San Leopoldo. All’omelia ha sottolineato come “don Fausto ha avuto dal Signore il dono particolare del ministero della consolazione. Quante persone, soprattutto anziani e malati, sono stati visitate e consolate da don Fausto soprattutto in questi ultimi anni quando viveva il suo sacerdozio nell’Unità pastorale di Cormons”. “Quante persone – ha proseguito l’arcivescovo – ogni giorno gli telefonavano, anche da fuori regione, per avere una parola di conforto e di consolazione e le ascoltava tutte con cordialità, pazienza, affetto e tutti si sentivano sollevati dal suo invito ad affidarsi al Signore, di affidare le proprie preoccupazioni, ansie e rimorsi all’intercessione di Maria e a vivere con gioia e speranza la vita cristiana”.Il parroco mons. Paolo Nutarelli nel dare alla comunità la notizia del morte di don Fausto, ha detto di “ricordarlo nelle preghiere, ringraziando il Signore per avercelo donato e ringraziamo lui per il bene che, a piene mani, ha seminato nelle nostre vite. Non piangiamo perché don Fausto ci è stato tolto, sorridiamo e ringraziamo perché lo abbiamo avuto. E dal cielo continuerà ad accompagnarci con la sua preghiera”. Ma sono grate a don Fausto anche le tante comunità che ha servito fin dal 1963 quando, dopo l’ordinazione sacerdotale ricevuta dalle mani dell’arcivescovo Andrea Pangrazio, aveva iniziato il suo ministero pastorale come cappellano nella parrocchia del Duomo di Gradisca; poi lo stesso incarico lo ricoprì prima per due anni a Pieris e poi per quattro, dal 1966 al 1970, nella parrocchia di San Giuseppe in Largo Isonzo, a Monfalcone. In quell’anno monsignor Pietro Cocolin gli affidò la prima parrocchia, quella di Moraro, dove rimase per due anni. Nel 1972 si spostò di pochi chilometri, a Mossa, dove rimase per 15, fino al 1987, anno in cui ritornò a Gradisca per guidare la parrocchia di San Valeriano. Fu l’ultimo parroco di quella comunità: nel 1994 con la nascita dell’Unità pastorale la parrocchia di San Valeriano venne aggregata a quella del Duomo e don Fausto rifece le valigie con destinazione San Pier d’Isonzo. Nel 2007 lasciò quella parrocchia e arrivò a Cormons, dove ha svolto sempre con grande disponibilità il prezioso compito di aiuto nella Collaborazione pastorale. In particolare, si prese cura della comunità di Dolegna del Collio, il paese delle sette chiese, quasi per un omaggio alla memoria di don Silvano Pozzar, che fu suo compagno di studi in seminario ma anche suo compaesano. Don Fausto ha sempre continuato a mantenere contatti e amicizie in tutte le comunità che ha servito. Nel saluto di commiato da San Valeriano aveva detto: “Ricorderò i vostri volti uno ad uno, come se le pietre di questa chiesa rappresentassero ciascuno di voi”. E fu così. Ma non solo per Gradisca: queste parole potrebbero essere legate a tutte le parrocchie da lui servite. Don Fausto continuava a mantenere i rapporti, asciugava qualche lacrima, ma partecipava a momenti anche lieti e di festa in cui veniva invitato.Indubbiamente la figura di don Fausto è legata molto alle persone sofferenti, e non solo nel corpo. Quanti immigrati hanno bussato in questi anni alla sua porta conoscendo che la sua generosità non gli avrebbe fatto mancare qualche soldo che tirava fuori dalla tasca o metteva nelle loro mani.Ma è fargli torto non ricordare anche il rapporto che ha avuto con i giovani in particolare nei primi anni del suo sacerdozio. In un’intervista concessa due anni fa a Voce per i suoi 80 anni ricordava come “i miei primi anni di sacerdote sono stati dedicati ai ragazzi, ai giovani, curavo le associazioni, insegnavo a scuola, alle elementari, ma anche agli studenti dell’Istituto agrario di Gradisca”. E c’è chi lo ricorda allegro assieme ai ragazzi del Grest di Cormons che ballavano dietro i carri allegorici alla Festa dell’uva.Un’allegria che si manifestava quando suonava le campane. A don Fausto piaceva suonare le campane e c’è un video che lo ritrae mentre suona quelle della chiesetta di Sant’Elena a Vencò. E come ha scritto don Paolo sul suo profilo Facebook “quelle di sabato a Cormons suonavano tristi, ma in cielo suonavano a festa. E sono certo che, appena arrivato, le ha suonate con lo stesso sorriso accogliente di sempre”.

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Numerosissme le testimonianze di vicinanza espresse anche attraverso i social

Donare speranza come vera missione

I forti legami che don Fausto aveva con le persone e quanto da queste fosse amato lo si può constatare scorrendo i commenti che a centinaia sono apparsi sui social alla notizia della sua morte. E sono stati tutte, oltre che di tristezza, attestazioni di affetto, di ringraziamento per gli aiuti ricevuti, per la disponibilità che don Fausto ha offerto a tutti. A chi in un’intervista le aveva chiesto cosa gli chiedessero persone, aveva risposto: “Oggi più che mai la gente cerca qualcuno che le ascolti. Oggi, nella società attuale, chi è in difficoltà spesso cerca persone che possano illuderle e c’è che si rivolge a maghi e veggenti. Quando si accorgono che la strada è sbagliata, allora si rivolgono in altra direzione e cercano il prete”. E cosa può fare il prete? “Innanzitutto negli incontri con le persone cerco di far entrare in loro un po’ di speranza”, è stato la sua risposta”. E di speranze e di consolazioni don Fausto le ha dispensate a piene mani con il sorriso che non gli mancava. “Sei, e sarai, per tutti noi, un padre nella fede, un segno della presenza di Dio nella Carità. Sei stato una benedizione per la comunità di Cormons”, ha scritto il gesuita cormonese padre Mario Picech, E ancora c’è chi ha scritto: “Ha saputo testimoniare la Misericordia di Dio” oppure c’è chi ricorda “la sua carezza sulla testa accompagnata da un ciao frute benedete”.  In strada o in chiesa si fermava sempre a parlare con la gente, si informava, ascoltava. Se l’incontro avveniva in chiesa, spesso nel santuario di Rosa Mistica, a chi gli raccontava le sue preoccupazioni lo invitava a recitare insieme un’Ave Maria. Poi lo congedava con un saluto e con la benedizione fatta con il segno della croce sulla fronte.E a proposito di benedizione non se ne avrà il lettore se racconto un fatto personale: il mio ultimo incontro con don Fausto. Era il giorno di Sant’Andrea. Don Fausto era entrato in canonica e si era seduto sulla panca.  Basco in testa e il bastone tra le gambe, mi aveva raccontato che nella sua attività sacerdotale aveva operato in tre parrocchie intitolate a Sant’Andrea: a Moraro, Mossa e San Pier. Poi mi disse: “Fai gli auguri a tuo figlio Andrea e portagli la mia benedizione”. Ero sulla porta per uscire quando mi tornò a ripetere: “Mi raccomando non dimenticarti di fargli auguri e di portargli la mia benedizione”.