Dom Benedetto è entrato nella luce del suo Maestro

Il Perdon de Barbana 2019 la folla era naturalmente incredula dopo aver ascoltato l’annuncio del padre guardiano, fra Stefano: addio ai frati francescani dal santuario della laguna. La domanda, subito corsa tra i presenti, era stata la stessa: “Ora chi si prenderà cura di questo luogo?”. Tante le possibili risposte, per settimane si erano rincorse le più disparate possibilità, idee, voci. Alla fine, prima sottovoce poi presentati ufficialmente in arcivescovado a Gorizia, sono comparsi i monaci benedettini della congregazione brasiliana. In tre, nella sala, guidati dal priore, dom Benedetto de Lyra Albertin Osb. Un sorriso un po’ spiazzato di fronte alle domande dei giornalisti che volevano piene rassicurazioni sul futuro del santuario ma anche uno sguardo che faceva comprendere come avesse capito fin da subito l’importanza del nome “Barbana” e del significato fondamentale che ha per le terre del Goriziano al pari, seppur con storie e modi diversi, dell’architettonicamente sorella Sveta Gora/Monte Santo. “Ho alcuni avi veneti”, si era presentato a chi porgeva i microfoni per avere una dichiarazione, e aveva promesso attenzione, cura, amore per i pellegrini. Una costante che ha mantenuto nel corso dei mesi con il peso, che caratterizza, ahinoi, le persone illuminate da bontà, di una difficoltà che si somma a un’altra. Portare una comunità abituata alla città, a vivere all’interno di una diversità culturale, etnica e religiose come Bologna al centro di una laguna che d’estate regala turisti, pellegrini e curiosi a spron battuto ma che d’inverno rende tutto monocromatico. Lo aveva sperimentato nei primi giorni, arrivando fisicamente a gennaio e combattendo, anche, con le numerose difficoltà dettate dalla pandemia di Covid. Lo ricordo, nei primi giorni della pandemia, quando, con l’allora parroco di Grado, monsignor Centomo, il vicario parrocchiale don Pigato e l’amico Fabio Bergamasco, si andava a trasmettere le Messe in diretta dal santuario. In una situazione irreale, in un momento non facile, dom Benedetto aveva mantenuto costante il suo sorriso, l’amore verso il Signore nella liturgia e nella preghiera del breviario, che recitava e cantava con passione raccontandomi, nei primi mesi della loro permanenza, quando le voci vicine fisicamente erano poche, la vita monastica. Ho conosciuto, così, un mondo tutto particolare, diverso, che io stesso ho cominciato ad apprezzare e, nei momenti in cui il servizio pratico al Signore mi veniva richiesto, ho sempre accettato con piacere. Gesti, silenzi, riti, lo sguardo di completa dedizione al Signore che era lo stesso da quando celebrava il Sacrificio Eucaristico a quando contemplava la bellezza della natura che, in un tramonto estivo in laguna, vuol dire molto. Dom Benedetto lascia un’eredità che è già stata colta, negli ultimi mesi, dalla dedizione e dal lavoro dei monaci dell’isola. A noi, nei soli tre anni in cui ha servito la Regina della Laguna, imparando fin da subito a conoscerne la devozione del popolo, rimane un ricordo indelebile di come si possa giungere “dall’altra parte del Mondo” e amare con la stessa fede il messaggio del Vangelo e Gesù Cristo. Il padre priore ne è stato e ne è testimonianza. Nel trigesimo della morte, l’arcivescovo Carlo presiederà una santa messa di suffragio nel santuario di Barbana. Scrivendo a Dom Emanuel d’Able do Amaral OSB, Abate presidente del Priorato di San Benedetto da Bahia, mons, Redaelli ha ricordato il colloquio telefonico avuto con padre Benedetto in occasione della Pasqua: “La notizia della sua morte ci ha sorpreso. Sappiamo però che il Signore conosce ciò che è bene per noi e sicuramente saprà trasformare questo lutto in una grazia per la Congregazione Benedettina Brasiliana e anche per la nostra Arcidiocesi”.