Diaconato: fondamento della testimonianza cristiana

Tra pochissimi giorni Manuel Millo, che sta seguendo il cammino che lo porterà a diventare sacerdote, riceverà l’ordinazione diaconale giovedì 29 alle ore 19 dalle mani dell’arcivescovo Carlo nel duomo di Cervignano: una nuova e importante tappa nel suo percorso di fede.Lo abbiamo incontrato e ci siamo fatti raccontare non solo le sue emozioni ma anche le attese e tutto ciò che lo aspetta, i suoi “compiti”, in questo nuovo ruolo.

Manuel puoi presentarci un po’ la figura del diacono? Com’è cambiata e come viene vissuta nella Chiesa dopo il Concilio?Secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica, il diaconato è il primo dei tre gradi del sacramento dell’Ordine, e viene conferito per imposizione delle mani da parte di un vescovo, come è d’obbligo anche per i presbiteri e i vescovi. Soltanto gli ultimi due gradi del sacramento dell’Ordine, vale a dire quelli di presbitero e vescovo, però sono di tipo sacerdotale. Nel Cristianesimo primitivo il diacono (dal greco diákonos, ovvero servitore) assolveva a un servizio amministrativo e assistenziale ed era subordinato al vescovo. Guardando al Nuovo Testamento si trovano almeno due citazioni (Filippesi 1,1; 1 Timoteo 3,8-12) dove si parla dei diaconi, connessi al vescovo.La parola greca diákonos ricorre circa trenta volte nel Nuovo Testamento, e i relativi diakone? (’servire’) e diakonia (’ministero’) ricorrono nell’insieme altre settanta volte. In sostanza, diákonos è colui che serve. Formatasi la struttura gerarchica, i diaconi furono inferiori solo ai presbiteri e ai vescovi, con funzioni di assistenza di quest’ultimo che li aveva ordinati: distribuivano l’eucaristia, leggevano i testi sacri ed erano dediti alla predicazione.Significativa è la citazione dei diaconi che nelle Sacre Scritture si ritrova negli Atti 6,1-7, dove vengono presentati 7 uomini di ottima reputazione, ordinati dagli apostoli mediante imposizione delle mani, perché servissero alle mense. Tuttavia dal prosieguo del racconto si comprende che ai compiti pratici si aggiungevano servizi pastorali di maggior rilievo. Stefano, ad esempio, “faceva grandi prodigi e miracoli” e, a causa del suo atteggiamento e della sua predicazione, fu lapidato. Filippo, anch’egli “uno dei sette”, era detto “l’evangelista” in quanto missionario e annunciatore del Vangelo (Atti 8,21). Durante il Medioevo si perse questa funzione, e il diaconato divenne per molti secoli unicamente un passaggio temporaneo per raggiungere il sacerdozio ma con il Concilio Vaticano II è stato ripristinato il diaconato come grado permanente nella Chiesa cattolica latina con questi indirizzi indirizzi: i diaconi transeunti (dal latino transeo, cioè “passare attraverso”)  sono coloro che vengono ordinati diaconi in vista di una futura ordinazione a presbiteri, e che quindi lo sono solo temporaneamente. I diaconi permanenti coloro che scelgono di essere ordinati in quest’ordine per servire la comunità cristiana senza essere ordinati presbiteri. I diaconi permanenti possono essere ordinati tra i battezzati celibi e anche tra coloro che sono sposati; se però sono celibi, dopo l’ordinazione diaconale non possono più sposarsi. Se sono sposati, è necessario il consenso della moglie, qualora lo preveda la relativa Conferenza Episcopale.Una curiosità: Santo patrono dei diaconi permanenti è San Lorenzo. Altro giorno di festa per il diaconato e per i diaconi permanenti e transeunti, è il giorno di Santo Stefano, il 26 dicembre, perché Stefano fu uno dei primi sette diaconi scelti dalla comunità cristiana e fu anche il primo diacono ad essere martirizzato della storia cristiana.

A breve si celebrerà la tua ordinazione diaconale. Che figura riveste ai nostri giorni il diacono? Quale senso, ma anche valore, assume oggi il diacono nella Chiesa e nella comunità?ll diacono è abilitato a servire il popolo di Dio nel ministero dell’altare, della parola e della carità. Ha la facoltà di presiedere la celebrazione di alcuni sacramenti, partecipa alla celebrazione del culto divino, è ministro ordinario della santa Comunione, esercita il ministero della parola, comprendendo la proclamazione del Vangelo e l’omelia e, solo per il rito latino, celebra il matrimonio su delega del parroco. Il diacono inoltre può impartire benedizioni di persone, luoghi e oggetti, benedizioni eucaristiche e presiedere il Rito delle Esequie e altre liturgie fuori della Messa. Nelle celebrazioni e concelebrazioni eucaristiche, presiedute da un presbitero o da un vescovo, la lettura del vangelo è sempre di competenza dei diaconi, se presenti. Il diacono non può celebrare la consacrazione eucaristica, che è il momento fondamentale della Messa, sia ordinaria sia in occasione della celebrazione di un altro sacramento (battesimo, confermazione, matrimonio) o esequiale. A differenza di coloro che sono costituiti nell’ordine dell’episcopato o del presbiterato, il diacono non riceve la missione e la facoltà di agire nella persona di Cristo, Capo del Corpo Mistico che è la Chiesa: perciò il diacono non può operare la transustanziazione eucaristica né confessare e assolvere i peccati dei fedeli. Di regola, i diaconi non praticano esorcismi, sebbene si diventi tali in virtù del sacramento dell’ordine e per secoli sia esistito un ordine minore dell’esorcistato, non più conferito dopo il Concilio Vaticano II. Nel tempo e nella società che si sta manifestando però  la figura del diacono, anche nell’ottica della dimensione permanente, potrà essere di grande aiuto nell’annuncio evangelico per toccare tutte quelle periferie che in realtà possiedono grandi cuori attenti e desiderosi di condividere la Parola di Dio e dove la Parola stessa potrà diventare frutto di vocazioni alla vita stessa.

Una “provocazione”: non si corre il rischio che quella diaconale sia solo una “tappa” da vivere velocemente prima dell’ordinazione come sacerdote?Vedi quando mi poni questa domanda non posso che rispondere nell’ottica del l’esempio della sacra scrittura e anche attraverso i grandi esempi dei Santi del passato che hanno costruito le basi della nostra esperienza cristiana (tra tutti spesso mi viene in mente Sant’Agostino o San Francesco). Se pensiamo all’idea del diaconato semplicemente come una tappa a ’’cronometro’’- permettimi quest’espressione- il rischio in realtà è di vivere tutta la vita nella fugace corsa verso qualcosa di più che alla fine non basterà mai. Diventare presbiteri non significa ottenere titoli o qualifiche onorifiche anzi anche nel caso di una dimensione come quella del Vescovo, il principio generativo di queste esperienze è proprio l’ottica del servizio. Guardandola sotto questo profilo il tema del diaconato non è più semplicemente un passaggio ma diventa fondamento della nostra testimonianza cristiana. Nominavo tra le righe Sant’Agostino poc’anzi perché proprio nella dimensione della libertà cristiana lui stesso ricorda l’esperienza dell’apostolo Paolo che anche di fronte alla dimensione della debolezza che resta in noi, anche nel modo in cui rischiamo di vivere alcune dimensioni della vita, la grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo ci permette di liberarci da ottiche fallaci che possono ingannevolmente tendere alla superbia. Allora ecco che nella piena dimensione della diaconia, del servizio vissuto cme vocazione, questa adesione volontaria sarà tanto più libera quanto più sarà sottomessa alla misericordia e alla grazia divina. Dunque come presenta l’apostolo Paolo nella lettera ai romani, il senso profondo è non giustificati per la legge o per la propria volontà ma gratuitamente per la grazia divina. Non che ciò avvenga senza la nostra volontà ma che la nostra volontà orientata attraverso questa partecipazione a Cristo, ci permette di diventare uomini rinnovati nell’ottica del dono.

Gli ultimi 2 anni, segnati dalla pandemia, sono stati particolarissimi anche per il mondo della Chiesa. Come ha cambiato la pandemia il percorso di preparazione? C’è stato qualcosa che hai vissuto con difficoltà o cui proprio hai dovuto rinunciare nel tuo percorso?A volte quando ci inseriamo in un percorso e costruiamo nel dettaglio tutti i nostri programmi quasi minuto per minuto poi il rischio è che questo tipo di cammino anche se vocazionale guardi alla meta con un punto di arrivo quasi determinato. E poi ecco arriva la pandemia, il distanziamento sociale, l’impossibilità di incontrarsi. Mi chiedi cos’è cambiato? In parte tutto, in parte nulla della verità che il cristiano conosce. Forse per riprendere una frase famosa tratta dal romanzo ’’il gattopardo’’… ’’tutto deve cambiare affinché tutto resti come prima’’. Cosa significa questa frase rispetto a quello che abbiamo vissuto in questi anni? Prima di tutto direi la capacità di avere uno sguardo ampio rispetto ai tempi della storia e poi non arrendersi davanti alla situazione del momento.  Pensando al popolo di Israele le difficoltà presentate già nel racconto della genesi e dei patriarchi lo insegna molto bene: una storia esodale. Forse si è cambiato tutto, forse stava già cambiando ma noi eravamo distratti e non ce ne stavamo accorgendo; forse questa pandemia ci ha sconvolto a tal punto da perdere l’orientamento. Ma come provocazione, che ho fatto prima di tutto a me stesso, mi sono chiesto dove fosse l’origine del mio orientamento. Poteva essere semplicemente un programma preconfezionato, perfetto, stabilito in tutti i dettagli? Quando questa tragedia ha colpito il nostro tempo e ha toccato anche i nostri programmi formativi le difficoltà sono stati molteplici inizialmente perché eravamo distratti apparentemente più dalle cose da fare, ricercare o cambiare che dal segno originale. Ma il male è davvero solo male in sé stesso universale? Nella dimensione osservativa che insegna San Tommaso d’Aquino esso è prima di tutto assenza di bene e in qualche modo e misura ci ricorda il congiungimento universale.Cosa fare allora davanti a uno sconvolgimento così forte? L’unica cosa da fare quando sei a un bivio e non sai dove andare è fermarsi e ripercorrere per un attimo a ritroso il sentiero. Fermarsi a riflettere. Come cristiani e testimoni della fede in Cristo la parola della croce diventa potenza e sapienza di Dio – ricorda l’apostolo Paolo nella lettera ai Corinzi-; il sapiente, lo scriba, il ragionatore determinano molto bene il procedimento della sapienza greca che ancora oggi spesso applichiamo alla quotidianità della vita. Questa sapienza è una conoscenza che avviene con l’interrogarsi l’un l’altro, il cercare insieme mediante disputa e argomentazione ma tutto ciò avviene interamente all’interno dell’uomo così che anche la verità di Dio rischia di diventare una conquista della ragione. L’apostolo Paolo nella prima lettera ai Corinzi ci ricorda attraverso un verbo – kerusso – che quello dell’annuncio il vero cammino cristiano: la verità di Dio è un evento e come tale anche nella sua storicità non lo si può dedurre ma raccontare e testimoniare. Ed è attraverso la testimonianza della croce come dono di amore che tutto il nostro cammino, guardando proprio l’esempio di Gesù, è potuto ripartire all’insegna della testimonianza. Nessuno mette in dubbio la fatica, il dolore e la sofferenza di tutto quello che abbiamo vissuto ma la grande differenza nella testimonianza cristiana è saper affrontare queste sfide con l’ottica della fede. Questo ci ha permesso di continuare il cammino, e nel nostro caso specifico di stare accanto alle persone e ai ragazzi, di continuare ad annunciare il Vangelo e viverlo nella quotidianità di questo mondo riuscendo a non essere travolti, semplicemente mossi dalla fiducia di poter compiere il bene migliore senza necessariamente dover misurare con l’ottica di un risultato ma semplicemente con la prospettiva del dono d’amore.

Ci racconti in che comunità stai operando? Che tipo di missione ti è stata affidata e che esperienza hai vissuto in questi anni?Oggi svolgo il mio servizio pastorale nella comunità di Cervignano del Friuli anche se in quest’ultimo anno proprio a causa della pandemia, nell’ottica della dimensione di offrire la mia vita a servizio delle comunità della diocesi, ho avuto la possibilità non solo di seguire le catechesi parrocchiali ma anche di insegnare religione cattolica alle scuole primarie di Gorizia. Quando l’ufficio scuola mi ha contattato io pensavo di andare a insegnare; in realtà il dono che mi è stato fatto è quello di tornare a imparare attraverso le azioni sincere e genuine dei bambini. Mi sono sempre occupato di attività educative per ragazzi e persone con disabilità prima nella cooperazione sociale e poi anche nei servizi pastorali, anche nelle missioni all’estero -nell’estate del 2018 ero in Albania- ma non ho mai pensato di fare formalmente l’insegnante. Eppure quest’esperienza, che si è aggiunta nella provvidenza, ha profondamente fortificato la conclusione del mio percorso formativo. Sì perché vedete quest’ultimo anno sotto il profilo dell’impegno è stato molto decisivo: ho terminato l’esperienza del seminario diocesano, ho conseguito il Baccalaureato in Teologia, ho prestato servizio in parrocchia e insegnato presso la scuola pubblica. Potrebbe apparire un percorso ambizioso, però il fatto di non averlo non solo cercato ma nemmeno pensato mi ha dato una grande libertà nel poter svolgere tutti questi servizi con profonda serenità interiore. Forse qualcuno anche tra i miei confratelli si chiederà come ho fatto a conciliare tutti questi impegni; sapete cosa in realtà mi ha permesso di poter vivere al meglio tutto quello che mi è stato richiesto: la preghiera e la partecipazione ai sacramenti. Nella filocalia, raccolta di testi ascetici e mistici della Chiesa cristiano ortodossa, Callisto il patriarca ci ricorda, attraverso la sacra scrittura, che il nostro tempo passa come un’ombra e un breve sogno rispetto a colui che ha fatto i cieli con intelligenza. Senza il tempo per la preghiera, l’ascolto della parola di Dio e l’eucarestia nessun programma, anche il più semplice e lineare, avrebbe potuto prendere forma nella mia vita.

Per concludere: quali le tue emozioni a ridosso della tua ordinazione? Quali anche le tue attese?La cosa più curiosa e non posso nascondere faticosa che mi è capitata in preparazione all’ordinazione è stata nuovamente un colpo di scena rispetto ai programmi che pensavo di svolgere durante il corso di quest’estate. Appena terminati gli impegni scolastici mi stavo preparando per i campi estivi con i ragazzi e a seguire gli esercizi spirituali in preparazione al diaconato ma un incidente domestico ha stravolto completamente il corso di questo tempo: sono caduto dalle scale di casa poco prima dell’inizio dell’estate e questo apparente semplice incidente ha comportato una frattura vertebrale alla schiena molto complessa e dolorosa. Sono stato allettato per molte settimane e potete immaginare che il tempo per pensare è stato molto e non sempre spensierato; ho meditato e riflettuto sì, ma ero anche sconsolato e soprattutto preoccupato. Ciò che ho fatto in questa situazione è stato però quello di compiere una scelta: essere arrabbiato per ciò che era accaduto oppure affidarmi con fiducia alle persone che Dio mi aveva posto accanto per aiutarmi a risollevarmi sia fisicamente che spiritualmente. Arrivo oggi dopo questi mesi a ringraziare sempre il Signore per tutto l’aiuto che mi ha offerto. Vedete io non mi ritengo titolare della mia vita ma custode di questo dono ricevuto e come tale mi preparo a essere testimone umilmente onorato di questa grazia che nella fede in Gesù continuò a vivere e condividere quotidianamente con tutte le mie ’’perfette’’ imperfezioni! Se mi chiedi come attendo questo giorno e il cammino che ne seguirà lo faccio con la stessa logica che il Vangelo mi ha insegnato: con Fede, Speranza e Carità… sapendo che ’’la più grande di tutte è la Carità’’.

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Manuel si presenta

Ogni storia possiede la sua storia e la mia incomincia come tante altre. Una famiglia, delle relazioni, un paese, amici e quella piccola chiesetta di Staranzano che si trovava proprio tra la mia casa e la bottega del mio papà. Ci si capitava, quasi per caso, prima a piccoli passi con un occhio attento a tutto quel fermento poi ti trovavi lì a giocare semplicemente perché appariva una cosa naturale. A volte il movimento era più fuori che dentro la piccola chiesetta ma capivi che l’aspetto principale era quello relazionale. Si stava insieme per parlare, per sorridere, per passare il tempo e a volte capitava di litigare, ma c’era sempre qualcuno che ti insegnava a perdonare. Chi leggerà questo articolo penserà che nella scelta di questo cammino ci fossero sempre le idee chiare su che cosa fare. Eppure ripensando alla mia storia, ai giorni passati in quegli anni che sembrano quasi sempre felici, capisci che molte scelte non sono possibili attraverso la ragione. Scelte definitive, se così possiamo chiamarle guardandole sempre nell’ottica della provvidenza e della libertà, ti interpellano profondamente a metterti in gioco e a volte perché no rischiare tutto, soprattutto se stessi. Quando sono cresciuto ho lasciato il mio paese per prendere la strada del lavoro e mai avrei pensato che le scelte importanti dovessero ripartire proprio dall’inizio. Sapevo in cuore mio, forse l’ho sempre saputo in realtà, che non volevo fare una professione ma essere utile al mio prossimo e in quell’incontro crescere a mia volta nel conoscere me stesso. Ho lavorato per molti anni nella cooperazione sociale ma non l’ho mai vissuto come un lavoro, ho sempre preferito vederlo come un dono da offrire e ricevere, nella massima serenità di poter sempre scegliere la ‘’parte migliore’’ anche davanti alle sfide più difficili. E nonostante tutto si cade comunque; ci sono momenti in cui pensi di essere rimasto solo, di aver perso tutto. E proprio in quel momento di grande vuoto esistenziale, di ricerca di senso, c’è stato spazio per quell’azione di Dio che il mio io avevo ormai soffocato. Negli anni avevo fatto molte cose, mi ero laureato, avevo un bel lavoro e tantissimi interessi culturali. Eppure non riuscivo più a trovare la verità della mia ‘’origine’’. La vita e gli accadimenti che rispecchiano la fragilità dell’essere mi interpellavano a un senso così profondo che l’appello accorato che ho lanciato, forse in qualche modo, anche se non come pensavo con la logica umana, ha raggiunto finalmente le barriere del mio io e le ha spezzate. Quando sono ritornato nella mia parrocchia per un lutto famigliare, accompagnato da uno sguardo di fede, la parola di Dio proclamata dall’ambone si incastonava quasi perfettamente all’esperienza concreta che avevo vissuto in tutti gli anni passati tra la vita di altre vite, di incontri e azioni. Devo confessarvi che ho avuto molta paura e non sapevo bene cosa fare ma avevo capito nel mio profondo che l’unica cosa che potevo fare era abbandonare per un attimo la ragione e seguire il cammino del Vangelo, quell’annuncio della buona notizia che in fin dei conti non avevo mai abbandonato ma semplicemente o apparentemente dimenticato. La parola di Dio mi aveva raggiunto nella sua profondità – a volte quasi tascabile attraverso il piccolo Vangelo ricevuto ai tempi della comunione! – e io ho semplicemente scelto di accoglierla nella semplicità del mio cuore. Oggi partecipo a quel dono di grazia che Dio mi ha offerto per essere condiviso.

‘’Cercate il regno di Dio e la sua giustizia e tutto il resto verrà dato in sovrappiù’’

Mt 6,33