Custodi del servizio, dispensatori di carità

Ho avuto la gioia di partecipare, assieme al diacono Renato Nucera della nostra diocesi di Gorizia, unici con dispiacere delle quattro diocesi della nostra regione, al XXVII° Convegno Nazionale dei diaconi permanenti, che si è tenuto a Vicenza dal 31 luglio al 3 agosto, organizzato dalla Comunità del Diaconato in Italia assieme alla Caritas Italiana, alla diocesi di Vicenza e alla Pia Società San Gaetano.Il tema era: “Diaconi custodi del servizio, dispensatori di carità”, e le tre relazioni su cui si sono sviluppati poi i lavori di gruppo e i dibattiti avevano come titolo “Diaconia e carità, diaconia e santità, diaconia e missione”.Il convegno a cui hanno partecipato 250 persone tra diaconi, rispettive mogli e presbiteri, in rappresentanza di 55 diocesi, è stato aperto dal Patriarca di Venezia Mons. Francesco Moraglia che nella sua riflessione ha ricordato la bellezza del darsi al Signore, anima e corpo, nel ministero diaconale, perchà partendo da questa vocazione, il servizio non è più solo una virtù del cristiano, ma diventa Sacramento nella chiesa e la comunità diaconale deve diventare testimonianza credibile, con modi attraenti del credere, con gioia e tanta umanità per essere sale e luce nelle zone buie che sono le periferie del mondo.Essere annunciatori della Parola, per farla risuonare negli ambienti in cui si vive, inseriti nella chiesa con la preghiera, per essere frutti dell’amore di Gesù, lettera scritta da Dio per gli uomini di oggi.Ha introdotto poi i lavori il diacono Enzo Petrolino, Presidente della Comunità del diaconato in Italia, il quale ha ricordato che questo ministero dovrebbe essere segno che aiuta la fede dei cristiani a diventare carità, la quale è come la copertina del libro della nostra fede.Ha ricordato che è stata scelta la città di Vicenza come sede del convegno, che di solito si svolge ogni due anni in una città diversa dell’Italia, perchè qui furono ordinati nel 1969, cinquanta anni fa, i primi sette diaconi permanenti che erano tutti celibi legati alla Pia Società san Gaetano.Nella prima relazione Mons. Francesco Soddu Direttore della Caritas Italiana, ha ricordato che il servizio è una vocazione, una risposta all’amore di Dio che diventa segno di salvezza e di redenzione e al diacono esso appartiene geneticamente e viene custodito all’interno della famiglia, per poi dispensarlo all’esterno come una ricchezza.La carità è un amore da accogliere, da realizzare abbracciando tutte le povertà di oggi, perché Cristo è presente nel povero; un dare se stessi congiungendo il servizio alla fonte dell’Amore. Custode e garante di una duplice unità tra l’Eucarestia, il servizio liturgico e il lavare i piedi ai fratelli, la stola e il grembiule, per citare Mons. Tonino Bello, il dritto ed il rovescio di un’unica medaglia, l’altezza e la larghezza  del servizio che si rende a Dio e al prossimo come segno salvifico.Il diacono che dispensa la carità nella misura in cui la custodisce, come un amministratore fedele che fa fruttificare il dono ricevuto, per attirare altri al Signore in una dinamica di evangelizzazione e missione che fa crescere tutta la comunità nella carità come patrimonio di tutti, non come delega di pochi.La seconda relazione sul tema della santità è stata tenuta dall prof.ssa Simona Segoloni docente di Ecclesiologia all’istituto teologico di Assisi che ha commentato il Salmo 33 in cui noi e Dio amiamo le stesse persone, è un Dio che ascolta, che si lega a un popolo, che si fa vicino a chi grida, sbilanciato su quelli che ama e che nella condivisione trova il suo baricentro perché ogni uomo viva e si riempia del suo spirito. Oppure, come ci invita san Paolo nella lettera ai Romani, a offrire i nostri corpi per far fiorire la nostra vita e quella degli altri. Il diacono deve essere l’uomo delle relazioni, che riunisce, mette insieme le persone perché non si è santi da soli, isolati, ma nella logica della santità di Dio dobbiamo unirci tra noi per andare verso gli altri. I diaconi, come memoria sacramentale che legano il Vangelo alla vita, nella S. Messa lo proclamano per poi annunciarlo, offrono al Signore nella preghiera dei fedeli i bisogni, le fatiche, il grazie dell’assemblea, invitano alla scambio della pace per essere loro costruttori di comunione, distribuiscono il pane e congedano i presenti perchè diventino testimoni inquieti nella pace del Signore.Infine la terza relazione tenuta da don Dario Vitali docente di dogmatica alla Pontificia Università Gregoriana di Roma sul rapporto diacono e missione. Ha sottolineato che c’è una relazione forte tra la dimensione missionaria del diacono e il modello di chiesa chiamata anch’essa a vivere una diaconia di tipo missionario.Ha presentato il modello di chiesa dalle origini ad oggi, che si è molto modificato nei secoli e di come il Concilio Vaticano II° abbia recuperato la figura del diacono ma con il rischio oggi di studiarlo sul modello del presbitero.È cambiato anche il modello di missione e del missionario, oggi siamo chiamati ad essere tutti missionari e il ministero del diacono è per se stesso missionario, esprimendo una modalità di servizio che rispecchia una Chiesa in uscita. Se vive bene questo, di riflesso rende visibile una chiesa missionaria.Il profilo del diacono si rifà a un modello di Chiesa che si piega sui poveri, sulle criticità, dentro le pieghe delle fragilità della vita; servendo il corpo ecclesiale sta accanto ai bisogni che vede, li condivide e li abita. Una missionarietà insita nell’identità del diacono che lo obbliga a uscire, ad andare verso i poveri in forza di un mandato, di un ministero costituito dalla Chiesa proprio per questo. Solo così lo si sottrae a un profilo debole del “mezzo prete” ma gli si dà la giusta dignità che lo apre a innumerevoli spazi di servizio.