Consiglio presbiterale: 50 anni di sinodalità

Si svolgeva esattamente mezzo secolo or sono la prima riunione del neocostituito Consiglio presbiterale diocesano.La data di nascita è infatti quella di giovedì 27 giugno del 1969; il battesimo avvenne nella sala della Stella Matutina che poteva contenere i sacerdoti (tanti) della diocesi, compresi i neomisti. Gli eletti, divisi in cinque zone a costituire il primo consiglio presbiterale furono: per Gorizia, Dipiazza, Lo Cascio, Cocolin e Bertogna; per Monfalcone, Bertotti, Tomasin, Bastiani e Virgulin; per la Bassa friulana, Franceschini, Fain, Tuni e Staffuzza; per Gradisca – Cormons, Marcuzzi, Malpera, Maghet e Filiputti; per la zona slovena (Kretic, Simcic, Komjanc e Klinec e per i religiosi, p.Riccardo, p.Galante, p.Nigris e p.Rizieri Badiali. Un risultato frutto di molte mediazioni e con molte novità; numerosi i giovani chiamati a responsabilità e significative presenze del clero diocesano, distribuire sul territorio e nelle responsabilità diocesane e parrocchiali. L’assemblea – aperta dalla lettura della Parola di Dio, come riferiscono le cronache, a dimostrazione di una centralità sempre riconosciuta e forse più recentemente dimenticata o messa in disuso – era stata convocata a conclusione di un lungo progetto di studio ed elaborazione per la stesura dello Statuto e del regolamento. Intenssimi i dibattiti e gli scontri: al centro di tutto la dimensione ecclesiale della Chiesa, il ruolo dell’autorità e della corresponsabilità, il confronto fra base e vertice, i temi della composizione molteplice della diocesi, il futuro. Accanto all’arcivescovo Cocolin, figuravano importanti rappresentanti del clero diocesano: mons. Giuseppe Trevisan (Cormons), don Ennio Tuni moderatore dei lavori, mons. Luigi Ristits, don Kasimir Humar, mons. Giuseppe  Chinchella, don Nino Lupieri.Il lavoro è il frutto di una commissione preparatoria costituita nell’ottobre del 1967, un mese dopo l’ingresso del nuovo arcivescovo in diocesi. Nei mesi precedenti alla nomina, per la verità, monsignor Andrea Pangrazio, prima di partire definitivamente per Roma alla segreteria della Conferenza episcopale italiana e alla guida della diocesi di Porto e S.Rufina, aveva istituito formalmente il Consiglio presbiterale e anche quello pastorale. Il lavoro in diocesi aveva assunto invece ritmo e soprattutto ricerca nel corso di un intenso anno e mezzo di confronto, sfociato nell’assemblea di giugno. L’assemblea viene ricordata sul settimanale dioesano con puntuale riferimento a conclusione di un tempo molto intenso dell’anno pastorale, prima della festa patronale della diocesi (12 luglio) e del tempo estivo che – come potremo verificare – risultava molto intenso per le parrocchie e la diocesi nella sua organizzazione pastorale. A conclusione dei lavori, veniva  nominata la segreteria del consiglio: a tale compito veniva chiamato monsignor Silvano Fain, parroco decano di Grado coadiuvato da don Graziano Marini.Un avvio che doveva trovare anche altri adeguamenti in forza delle nuove nomine e incarichi pastorali.L’arcivescovo Pietro Cocolin che aveva individuato come obiettivo alla costituzione del Consiglio presbiterale il recupero della piena ecclesialità ed il rinnovamento della vita cristiana e della Chiesa diocesana, accompagnerà con una lettera ai fedeli della diocesi l’elezione del nuovo Consiglio presbiterale. La lettera pubblicata sul numero successivo di Voce Isontina, ha riferimento preciso alla novità appunto ecclesiale di tale istituzione e traccia – dentro un quadro non facile della situazione di fede e di vita diocesana – una serie di speranze e di attese che,a  suoi parere, l’istituzione del Consiglio avrebbe potuto e dovuto affrontare per rispondere come corpo alle indicazioni del Concilio e del rinnovamento della chiesa, attraversata da preoccupazioni e rigidezze, soprattutto.Le lettera, intitolata proprio, “Alla comunità diocesana” precisa che la collaborazione offerta al vescovo renderà più efficiente il lavoro pastorale e si augura che “l’obbedienza si risolverà nella corresponsabilità del servizio e questo si esprimerà nella carità, sorgente di unità”. L’arcivescovo Cocolin riteneva che tale istituzione stia alla base e deve considerarsi “strumento valido per il rinnovamento della mentalità personale e della vita della chiesa”. Auspicava che tale “inizio di rinnovamento” rigurtada ogni fedele, i gruppi e le associazioni, le comunità per “maturare un senso di partecipazione e di impegno attivo e responsabile nella chiesa” in vista della costituzione dei Consigli parrocchiali e del Consiglio pastorale diocesano.Unità, partecipazione, corresponsabilità, dialogo schietto e aperto, on vista di una “identica veduta dei problemi pastorali, per accettarne una soluzione comune e comunitaria”, che sarà -insieme al motto episcopale “In nomine Christi”- l’impegno dei quindici anni di episcopato. L’arcivescovo Cocolin, poi, in occasione della imminente festa dei patroni ad Aquileia, dedicherà l’intera omelia ad una puntuale proposta pastorale diocesana.