Come viene vissuto oggi il momento della Santa Messa?

L’essere cristiano di una persona si presenta in tante sfumature, in molteplici momenti del vivere quotidiano, più o meno “visibili”. “Lo è quando viene in chiesa alla domenica, ma anche quando si trova in famiglia, sul lavoro, a scuola, in vacanza, quando incontra gli amici e le amiche, nei momenti di svago e in quelli di impegno, nei periodi “su” e in quelli “giù”, nelle feste e nei lutti… Non c’è bisogno di atteggiarsi da cristiano o di fare necessariamente qualcosa, perché lo si è […] Si è cristiani dal momento del Battesimo e non per nulla papa Francesco invita spesso a ricordare non solo la data di nascita (il compleanno), ma anche quella in cui siamo diventati figli di Dio, partecipando alla Pasqua di Gesù”. Partendo da queste parole dell’arcivescovo Redaelli, tratte dall’ultima Lettera Pastorale “Lettera al cristiano della domenica”, abbiamo chiesto ai membri del Consiglio Pastorale Diocesano una riflessione sul senso della Santa Messa: è ancora importante e centrale nella vita dei credenti? Come viene vissuto oggi questo momento? Qui di seguito, alcune delle loro considerazioni.

A Messa per abitudine? Sì, grazie!

“Perché vai a Messa?” “Per abitudine.”Mettiamo che qualcuno risponda così a chi gli domandi ragione della sua partecipazione alla Santa Messa domenicale. Forse, in questo caso, saremmo portati a pensare, e magari a dire, che l’andare a Messa per abitudine non è un buon motivo per andarci, anzi, che sarebbe meglio – in mancanza di ragioni più profonde – non andarci. Abbiamo talmente sviluppata un’idiosincrasia verso l’abitudine, che pensiamo che essa sia dannosa a prescindere, che ci possa quasi far male. Perché, pensiamo, se uno non è convinto di quello che fa, ciò che fa quasi non ha valore.È vero che per lunghi anni, anche non troppo lontani, si andava a Messa per abitudine, quasi portati là per inerzia, forse senza grosse convinzioni. Ma c’è da chiedersi se non è così anche per tante altre cose che pur facciamo, e che ci fanno bene. Se dicessimo che, visto che lo facciamo per abitudine, non ha valore ad esempio la nostra cura dell’igiene personale, o il nostro guardare a destra e a sinistra prima di attraversare la strada, il nostro ragionamento suonerebbe abbastanza strano… Eppure spendiamo moltissime energie per far acquisire ai nostri bambini delle “sane abitudini”, consapevoli oppure no della validità di questa massima: “semina un atto, raccoglierai un’abitudine; semina un’abitudine e raccoglierai un carattere; semina un carattere e raccoglierai un destino.”No, fare per abitudine qualcosa che ci fa bene non può essere un male. Abituarsi ad andare a Messa, vincendo così la nostra innata pigrizia, per ascoltare la Parola di Dio, pregare in comunità e in comunione con tutta la Chiesa, accostarsi alla comunione eucaristica, non può essere qualcosa di negativo. E forse i ragionamenti che a volte facciamo per non andare alla Messa domenicale, non sono altro che scuse che accampiamo per non incontrare il Signore, che con la sua Parola e i Sacramenti penetra nel nostro interno e ci cambia, ci trasforma, ci conduce a sé.

Don Stefano Goina

Un dono

Perché l’uomo dei nostri giorni con tante cose da fare e con poco tempo deve perdere tempo andando in chiesa la domenica? Perché l’uomo contemporaneo che si sente libero dovrebbe sentirsi obbligato a seguire una ritualità proprio nel giorno dedicato allo svago? La risposta sarebbe logica se la Messa fosse un’imposizione, un obbligo.Per me la Santa Messa non è un obbligo, un precetto da dover adempiere, ma un dono, un regalo che l’Amore di Dio Padre ci ha offerto. Un dono che è offerto a tutti i cristiani, ma che purtroppo la maggioranza dei cristiani che vivono nei Paesi occidentali decidono di rifiutarlo. Perché rifiutare un dono? Forse perché non lo ritengono un regalo, ma un obbligo di un Dio distante che ci impone di perdere tempo ad andare a Messa. Al contrario invece il nostro Dio, come ci ricorda Papa Francesco, è un Padre misericordioso che non ci obbliga a compiere niente di inutile, ma tutto ciò che ci consiglia e propone è finalizzato alla nostra felicità in questa terra. Perché allora la Messa è un dono per me? Perché è un’occasione per ascoltare la bellezza della Parola di Dio e in particolare del Vangelo. Non solo ascoltare la Parola di Dio, ma confrontarmi con essa per poter fare il punto della strada della mia vita. In altre parole la Parola di Dio proclamata nella Messa domenicale con l’omelia del sacerdote mi serve per discernere dove e come posso migliorare la mia vita per essere più felice.L’Eucarestia mi ricorda ogni settimana che Dio mi ama così intensamente da donare il Suo Figlio Gesù in croce. Un Figlio che non ha voluto lasciarci soli, ma vuole restare con noi in due cose semplici e comuni come il pane e il vino. Tramite questi due alimenti vuole ricordarci ogni settimana che anche la nostra vita deve diventare pane per i nostri fratelli: in altre parole dono per gli altri tramite il servizio. Se la nostra diventa dono e servizio per gli altri allora saremo felici, perché Dio non ci propone niente che non sia contrario alla nostra gioia. La Messa domenicale è ancora più bella se la vivo con la mia comunità in cui vivo e con cui condivido molti momenti della mia vita.

Adalberto Chimera

Un ruolo di centralità nella mia vita

Come cristiano sono consapevole (anche se non sempre) che dalla Messa prende le mosse la mia vita spirituale e che da lì inizia il mio cammino cristiano così pure il mio operare, in questo modo la Messa occupa un ruolo di centralità nella mia vita.Tra i più bei momenti della mia vita ci sono anche quelli vissuti durante la S. Messa perchè mi hanno lasciato un profondo ricordo.Capisco che, se i diversi momenti della celebrazione sono curati, a tutti rimane qualcosa, anche a chi non necessariamente presta un servizio: lo si vede negli occhi, lo si sente nel cuore che si riscalda, pian piano ci si trasforma perchè si sente il bisogno non solo di comunicare la gioia che si prova ma si avverte l’urgenza di realizzare concretamente qualcosa come i discepoli di Emmaus che, dopo averlo riconosciuto allo spezzare del pane, si mettono in cammino per testimoniare quanto hanno vissuto.Mi rendo conto che spesso la mia fede non è così salda e matura da riuscire ad incontrare il Signore nella Messa specialmente se arrivo trafelato, con mille pensieri per la testa e senza essere riuscito a trovare un momento di raccoglimento, predisponendomi adeguatamente; oppure quando la Celebrazione avviene in fretta, perchè il sacerdote ha molti altri appuntamenti da rispettare, o quando le persone della comunità sono distanti uno dall’altro: non danno segni di gioia, o quando si avverte un certo affanno perchè taluni temono di perdere ruoli acquisiti nello svolgimento delle diverse mansioni; insomma anche quando la Messa si risolve in un rituale un po’ superficiale.Probabilmente ha preso il sopravvento l’abitudine ad andare a Messa o la convinzione che ci si debba preparare solo per le cose che non si sono mai fatte e, una volta impratichiti, non c’è più bisogno di prepararsi e quindi si dedica più tempo e più risorse a preparare un incontro (l’abbiamo vissuto nella nostra fraternità francescana di Gorizia) che a preparare la Messa che seguiva l’incontro. Tant’è che quest’estate, come gruppo liturgico della fraternità francescana, abbiamo avvertito questa mancanza e abbiamo pensato un percorso che ci aiuti a crescere alla luce della Parola e dell’Eucaristia e, in comunione con la Chiesa, che ci inviti ad “uscire, annunciare, abitare, educare e trasfigurare”. Così abbiamo organizzato quattro Liturgie della Parola e quattro Liturgie Eucaristiche aperte non solo alla fraternità ma a tutti coloro che desiderano conoscere la spiritualità francescana o semplicemente assistere alla celebrazione, che si svolgeranno il martedì sera nel corso dell’anno liturgico (le date verranno rese note).

Roberto Komjanc

Eucarestia: la presenza di Cristo in persona tra noi

Dire il senso della Santa Messa per un praticante domenicale ha sicuramente un aspetto sociologico da un lato, credo sufficientemente sviscerato dagli studiosi in più occasioni, non ultima la ricerca triveneta in occasione del convegno ecclesiale “Aquileia 2”; dall’altro anche spirituale, in quanto ogni battezzato investe sull’Eucaristia domenicale importanti domande interiori, che hanno a che fare con il bisogno di senso e di orientamento nella propria vita, di protezione e per molti anche con il bisogno  di “comunità”.L’Eucaristia è qualche cosa di molto “pratico”: si cammina verso la chiesa, si incontra altre persone, si canta, ci si siede, si ascolta, si riflette, ci si alza, si fa girare del denaro, si tace, si invoca, si loda, ci si stringe la mano, si mangia, e così via. Cose pratiche per cui non serve essere né essere dei geni per partecipare, né addirittura essere capaci di parlare, come i piccolissimi: basta essere portati.Tre aspetti sottolineerei, che dicono la valenza straordinaria dell’Eucaristia domenicale. Il primo: per i praticanti, essa è il polo attorno al quale ruota il tempo personale e, spesso, della propria famiglia. Nel senso che la settimana per noi inizia con l’Eucaristia domenicale, che imprime come un’impronta a tutto il resto dei giorni. Ci è lontano, quindi, il concetto di week-end, in cui la domenica sarebbe l’ultimo giorno, dedicato alle faccende quotidiane o allo shopping (se non allo sballo per i più giovani), in attesa di ritornare a lavorare il lunedì. Noi cristiani cominciamo la nostra settimana con la festa insieme alla nostra comunità.Il secondo: la nostra vita è infarcita di “racconti” o “narrazioni” che ci aiutano a comprendere il nostro posto nella vita. È vero che le cosiddette “grandi narrazioni” che hanno guidato dal dopoguerra il nostro Paese e forse l’Occidente sembrano essersi infrante; l’Eucaristia, invece è uno straordinario grande racconto in cui Qualcuno, nel momento in cui viene tradito, dice “prendete, questo è il mio corpo”, facendoci vedere come affrontare l’esistenza nel dono e nell’affidamento mite di sé, anche negli aspetti più duri della vita. E questo è molto forte, e porta senso a chi lo contempla settimanalmente.Comunque il terzo aspetto è forse il più prezioso e importante: nell’Eucaristia godiamo della presenza di Cristo in persona tra noi, con la sua Parola e il suo corpo. E questo allontana definitivamente la solitudine in chi fa comunione con lui.

Don Sinuhe Marotta

Occorre avere fede

Visitando l’interno del battistero di San Giovanni a Firenze, in una rapida narrazione dei mosaici che rendono splendida la cupola, ricordo mons. Timothy Verdon che descrisse così il particolare del Paradiso: “Vi sono i tre grandi patriarchi -Abramo, Isacco, Giacobbe- che portano in grembo anime di bambini. Ma non sono anime dei bambini appena nati. Sono le anime di tutti gli uomini e donne, che ridiventano bambini, per vedere Dio”. Allora, secondo me, il mosaico centra bene un concetto chiave della fede, necessario proprio per avere fede, che non si può esprimere se non con le parole stesse di Gesù: “se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei Cieli” (Mt. 18,3).Per andare a Messa occorre avere fede. Perché non si va solo per concedersi un momento di distacco dalle attività della settimana lavorativa o ascoltare l’omelia del sacerdote, ma perché si crede che Gesù sia presente nelle sostanze eucaristiche. Penso ai pastori della narrazione lucana, che hanno creduto che il bambino di Betlemme sia davvero Dio (Lc 2,2 ss.). Lì in Terra Santa “il Verbo si fece carne”. Ma non è tutto. In un certo senso, Dio si fa ancora carne. Ciò avviene proprio in tutte le celebrazioni eucaristiche. Penso non sia esagerato dire questo; anche perché è lo stesso Gesù a esprimerci questo concetto: riguardo alla specie del pane ci dice “questo è il mio corpo”, riguardo la specie del vino ci dice: “questo è il mio sangue”. E non è da parte nostra che parte il desiderio di incontrare il Signore, ma è innanzitutto Egli a dirci “fate questo in memoria di me” (Lc 22,19). (E dai catechisti abbiamo imparato che il concetto di “memoria” esprime proprio la dimensione attualizzante: nella Messa si ripresenta l’ultima cena e il sacrificio di Gesù, affinché tutti noi possiamo parteciparvi). E’ evidente che la consapevolezza dell’incontrare il Signore nell’Eucarestia e non solo, non può che essere una questione di fede (che non c’entra con l’essere adulti o maturi). Per di più la Messa non solo ci consente di incontrare il Signore, ma, cosa ancor più sorprendente, per certi versi, di farlo proprio, cibandosi del Corpo di Cristo. E’ Gesù stesso che ha specificato questo: “prendete e mangiatene … prendete e bevetene”, per diventare noi stessi la Chiesa, ovvero il Corpo mistico di Cristo (Lumen Gentium, n. 7).Ed è il nostro Arcivescovo a ricordarci che Gesù ha affermato: “voi siete il sale della terra… voi siete la luce del mondo” (Mt 5,13 ss.) . Gesù non ci dice che saremo il sale e la luce, ma, siamo. Andiamo a Messa alla domenica per non perdere il sapore e per tenere accesa la luce.

Denis Delbello

Un momento di relazione con tutta la comunità

La lettera dell’Arcivescovo ci impone una riflessione : il momento della celebrazione ha ancora un ruolo centrale nella vita del cristiano di oggi? Non è una risposta facile: nel percorso di vita e fede di ognuno di noi, la partecipazione alla liturgia domenicale era un dovere all’inizio. Poi, in un periodo della vita abbiamo incontrato chi ci ha raccontato la bellezza dell’incontro con Gesù insieme ad altri che si riconoscono nel tuo stesso cammino. E in quel momento che una ritualità è diventata una necessità, un bisogno: ma nella nostra costante ricerca della santità, è l’incontro con l’altro che fa la differenza.Se la celebrazione è il momento in cui entriamo in relazione con la Parola di Dio, è anche un momento di relazione con tutta la comunità. Una comunità che è famiglia per i credenti, con tutte le sue virtù e tutti i suoi difetti. Credo che la celebrazione non possa essere diversa dalla concretezza della propria vita.Nello stesso tempo dobbiamo riconoscere che i ritmi odierni sono connotati  da una individualità legata a tempi e ritmi di vita che poco o nulla hanno a che fare con l’attenzione all’uomo.  A questo punto della riflessione mi chiedo se siamo stati capaci di trasmettere la bellezza e la gioia del partecipare alla S.Messa.  Ecco forse la differenza la fa proprio la parola partecipare: se partecipi ad un incontro, a una festa, c’è sempre chi ti ha cercato, chiamato, chi ti riconosce, ti aspetta.  Così ti senti veramente parte di un tutto. La partecipazione all’Eucarestia è anche il segno di una condivisione al progetto di salvezza che inonda la nostra esistenza e quella del mondo: siamo immersi nell’azione di salvezza che prepara il Regno di Dio.Allora si, credo che la S. Messa sia il momento centrale nella vita di un credente,  un gesto di consapevolezza e di responsabilità verso se stessi e verso gli altri. L’Eucarestia domenicale è ancora il momento in cui, condividendo la nostra vita, riceviamo ancora la vita di Dio in noi e insieme con la vita anche la forza di cogliere che il “corpo del Signore” è lo stesso del “corpo del nostro prossimo”. Un incontro che comunica vita, risana e garantisce la forza per riconoscere il fratello e servirlo con lo stesso amore.Sul come celebriamo la Messa si può aprire una riflessione critica a condizione che giochiamo in grande, cioè condividendo la nostra vita.

Maria Luisa Giusti