Come donne spaventate…

Due giorni prima, quel venerdì nel tardo pomeriggio, si era dovuto procedere di fretta a togliere dalla croce Gesù e a seppellirlo in una tomba scavata nella roccia vicino al calvario, perché stava per cominciare il riposo del sabato. La mattina del giorno seguente le donne vanno al sepolcro, lo trovano vuoto e ricevono l’annuncio degli angeli: “Gesù non è qui. E’ risorto. Andate a dirlo agli apostoli”. Poi, come narrano i Vangeli, Maria Maddalena e le altre hanno anche la gioia di incontrare Gesù Risorto in persona. Diventano quindi annunciatrici ancora più convinte della sua risurrezione. C’è però il racconto del tutto particolare presente nella finale del Vangelo di Marco, che si distanzia in modo molto significativo da ciò che narrano gli altri evangelisti. Anche il suo Vangelo parla delle donne che vanno al sepolcro, ne riporta il nome (Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e Salome), accenna alla loro preoccupazione circa la pesante pietra da far rotolare via che però con meraviglia vedono spostata da parte, racconta che entrano nel sepolcro e che incontrano un giovane vestito di bianco il quale dice loro: “Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: “Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”” (Mc 16,6-7). Fin qui è come negli altri Vangeli e ci si aspetterebbe che la narrazione continuasse presentando le donne che, piene di gioia, vanno da Pietro e dai discepoli portando il lieto annuncio della risurrezione. Non è però così. Ecco che cosa scrive Marco: “Esse uscirono e fuggirono via dal sepolcro, perché erano piene di spavento e di stupore. E non dissero niente a nessuno, perché erano impaurite” (Mc 16,8). Sono spaventate e fuggono. Non importa se hanno constatato con i loro occhi che il sepolcro è vuoto. Non conta l’annuncio del giovane in bianca veste (forse un’allucinazione, avranno pensato…) e neppure il suo invito ad andare da Pietro e dai discepoli. Non credono, sono disorientate, hanno paura. In questo ci assomigliano. Anche noi oggi viviamo tutti un grande disorientamento e molta paura di fronte a questa pandemia che investe il mondo, alla scienza che non sa darci risposte sicure, alla corsa affannosa per cercare di aiutare i malati, alla politica impossibilitata a darci certezze. E la fede? La nostra fede c’è, ma è molto incerta, come quella degli apostoli sulla barca sconvolta dalla tempesta di cui ci ha parlato giorni fa papa Francesco. Eppure anche a noi l’angelo dice che oggi non dobbiamo cercare un morto tra i morti, un Dio fatto uomo che può offrirci solo la solidarietà di chi partecipa alla nostra stessa morte. No, oggi l’annuncio che ci viene dato è che Gesù, il crocifisso, è risorto. Che in Lui la morte è sconfitta una volta per tutte. Che il nostro destino è la vita per sempre. Perché l’amore di Dio è più forte dell’epidemia, della sofferenza, dell’abbandono, della morte. Un amore che ha condiviso le nostre angosce, ha preso su di sé le nostre sofferenze, si è caricato dei nostri peccati, è disceso nella nostra tomba ed è risorto. Per noi. Alleluia!L’augurio che possiamo farci a vicenda, anzi che dobbiamo farci – perché è Pasqua anche se la gioia è oscurata dall’ombra della malattia e non ci è possibile neppure celebrarla – non può essere solo “buona Pasqua”, ma “coraggio, Gesù è davvero risorto, Lui è il nostro Salvatore, non siamo perduti per sempre”. Un augurio accompagnato dalla preghiera per chi in ogni parte del mondo soffre e muore, per le famiglie colpite da sofferenze e lutti, per chi si impegna a favore degli altri. Un augurio però che non può rinunciare alla gioia. Quella gioia segreta e nascosta, ma vera, che il Signore può donare al cuore di ciascuno.Buona Pasqua. Vesela velika no¤. Buine Pasche.