“Ci impegniamo in politica perchè abbiamo qualcosa da dire”

La buona politica è a servizio della pace”, così ha scritto Papa Francesco nel Messaggio per la 52ma Giornata mondiale per la Pace. E sul significato della politica, che può diventare “una forma eminente di carità”, ha richiamato fortemente l’attenzione dei cristiani. Per questo motivo, nell’ambito della Festa della Pace celebrata il 26 gennaio a Cervignano del Friuli, l’Azione Cattolica diocesana ha proposto una riflessione per esplorare la situazione attuale del rapporto tra cattolici e politica. Nella sala della Casa della Musica, messa a disposizione dal Comune di Cervignano, il contributo all’approfondimento del tema è venuto dal professor Luca Grion direttore della Scuola di Politica ed Etica Sociale dell’Arcidiocesi di Udine, e dal direttore scientifico e vice presidente dell’istituto della Diocesi di Vittorio Veneto “Beato Toniolo, le vie dei Santi” Marco Zabotti, già consigliere regionale veneto e provinciale di Treviso. Studio, cultura ed esperienza per esplorare un tema che sta venendo prepotentemente alla ribalta, sia per la sensibilità di molti cattolici che si interrogano sul loro ruolo nella società di oggi che per il forte richiamo espresso a questo proposito anche dal presidente della Conferenza episcopale italiana Cardinal Bassetti. Intanto, come ha fatto notare Grion, ci siamo trovati con una comunità cristiana in una fase di “disimpegno” rispetto alla politica. Certo, con una politica che si è complicata e negli ultimi decenni ha visto la diaspora dei cattolici in partiti diversi, per cui nelle parrocchie era venuto affermandosi il concetto del “non si parla di politica in parrocchia”. Proprio l’attuale contesto, però, ha notato Zabotti, configura un “tempo nuovo con grandi possibilità e grandi rischi”. Dio è sostituito dal vitello d’oro ed il mercato viene prima della persona; l’individualismo ed il ristretto interesse personale predominano. Siamo minoranza, ha sottolineato Zabotti, ma dobbiamo testimoniare il primato di Dio, la necessità di un’etica dell’economia, l’agire in una dimensione solidale a vantaggio di tutti e soprattutto dei più deboli. In questa dimensione Zabotti ha riletto l’esperienza di Giuseppe Toniolo, riportata nel suo recente libro “Giuseppe Toniolo, nella storia il futuro” (ed. AVE).  La persona deve tornare al centro, ma occorre tener presente che il bene comune, ha ricordato Grion, non è la somma di interessi singoli e se non abbiamo cura delle “fragilità” non raggiungiamo il bene comune. Richiamando Toniolo, a questo proposito Zabotti ha indicato che il raggiungimento del bene comune richiede “fede, per avere una dimensione che supera gli interessi singoli; libertà per una scommessa alta che richiede grande e gratuita dedizione; e coraggio”. Sono indicazioni che ci vengono dalla vita di persone che in passato hanno tradotto la loro fede cristiana in azioni concrete che hanno aperto la strada alla dottrina sociale della Chiesa. Tutto bene, ma cosa dovrebbero fare oggi i cattolici; quale contributo può offrire la cultura cattolica in questo momento in cui vediamo politici che brandiscono vangeli e rosari per catturare voti; in cui l’insulto prevale sul dialogo; in cui è sempre più difficile capire se quello che ascoltiamo corrisponde alla realtà. Creare un movimento di idee e di proposte? Fare un partito? Visto che siamo nel centenario, attualizzare l’appello ai “liberi e forti” di don Sturzo? Nel suo intervento Grion ha visto l’opportunità della cultura cattolica di essere “spazio di incontro”, non immediatamente partitico ma capace di dare idee e progetti. In fondo, ha ricordato il relatore, i cattolici oggi hanno idee politiche diverse, sono in diversi contenitori partitici. “Forse – ha detto – dobbiamo fare una formazione nel pluralismo”. E l’unità politica dei cattolici? “Non so – è la sua risposta- se la politica è il luogo della profezia”. Il “cristianesimo sociologico” si è squagliato; i cristiani sono una minoranza e la vera differenza sta “nel nostro modo di essere” nella società.Quindi cattolici prima di tutto testimoni nella pratica quotidiana, senza nostalgie perché, ha rimarcato Zabotti, siamo “cristiani per il nostro tempo”. Non ci impegniamo per contare noi, per andare a comandare, ma “perché abbiamo qualcosa da dire e per guidare i processi dello sviluppo senza stare accodati ad altri”. Sulla linea di don Sturzo, anche Zabotti non vede un “partito di cattolici” ma un movimento di “speranza cristiana per riappropriarci della nostra cultura” e poter accettare la sfida politica con un programma non autoreferenziale, ma con una offerta concreta indirizzata al bene comune. A questo punto occorre dare valore alla formazione e questa ha “luoghi” precisi: famiglia, scuola, parrocchie, scuole di politica, associazionismo cattolico in cui le generazioni si integrano. Attenzione a non fare contenitori isolanti in cui stare dentro da soli. Occorre tradurre la fede in realtà concrete per tutti e in questo deve venir fuori nuovamente un laicato adulto, capace di interpretare i fatti, che non ha paura dei conflitti ma ha la capacità di ricucire i rapporti e accompagnare le trasformazioni in atto nella complessa società di oggi. Non ci si aspettavano dal convegno soluzioni e ricette per superare le difficoltà che il mondo cattolico vive in relazione alla politica attuale, ma certamente l’iniziativa dell’Azione Cattolica diocesana un’indicazione l’ha data: torniamo a parlare di politica, come servizio e, come ha scritto Papa Francesco, “come forma eminente di carità”.