Catechisti: voglia di cambiamento e di confronto

L’Ufficio Catechistico Diocesano ha un nuovo responsabile, fra Luigi Bertiè. Appartenente ai Frati Cappuccini, fra Bertiè è a Gorizia dal 2013, incaricato dalla Provincia Veneta del suo ordine di operare per una maggiore apertura verso i ragazzi e la pastorale giovanile. Come da lui stesso affermato, il primo passo nel suo nuovo mandato all’Ufficio Catechistico – affidatogli da monsignor Redaelli – sarà quello di conoscere personalmente la diocesi di Gorizia, incontrando di volta in volta i responsabili della catechesi all’interno dei paesi e delle parrocchie.Negli scorsi giorni lo abbiamo incontrato e con lui abbiamo analizzato l’indagine sull’Iniziazione Cristiana, presentata all’interno dell’Assemblea Diocesana, ricca di spunti per il lavoro non solo dei prossimi mesi, ma anche per uno sguardo a lungo termine sulla catechesi in diocesi.

Fra Bertiè, come ci si è mossi per effettuare l’indagine? Quali i principali dati raccolti?L’indagine è stata preparata da don Sinuhe Marotta, il mio predecessore all’Ufficio Catechistico, su indicazione del vescovo e voleva essenzialmente porsi come un rilevamento della situazione in diocesi su questa tematica, senza una particolare ipotesi di fondo da verificare. Abbiamo avuto risposte da 50 questionari su 70 consegnati.La cosa interessante è che il questionario è stato strutturato proprio come è strutturata anche l’Iniziazione Cristiana: si ha un’indagine sul prebattesimo, sul postbattesimo fino ai 6 anni, la fase 6 – 8 anni, la preparazione alla Comunione, il postcomunione, la preparazione alla Cresima e il postcresima.Dai dati raccolti è emerso come non ci sia un’Iniziazione Cristiana pensata come un cammino continuo, che avanzi con una certa gradualità e senza pause, in cui il soggetto faccia esperienza di vita cristiana. A parer mio con il modello attuale non si può proseguire, perché il contesto sociale, culturale, religioso è completamente cambiato – non siamo più in un contesto di societas cristiana, dove quello che non riuscivamo a fare con l’educazione alla Fede in parrocchia, lo riuscivano a fare i genitori a casa -. Il modello di riferimento che è stato assunto per la maggiore in Italia, è quello Catecumenale, che ha diverse declinazioni.

Volendo stilare le positività e le criticità di quest’indagine, cosa può segnalare?Gli aspetti negativi sono le parentesi vuote, i buchi tra gli 0 e gli 8 anni – solo 4 realtà in diocesi fanno catechismo con questa fascia d’età -, nel postcomunione e nel postcresima. Si ha quindi la percezione che non ci sia un percorso continuo, ma non si possono nemmeno coprire questi “buchi” semplicemente facendo una proposta: si tratta di ripensare in maniera globale l’Iniziazione Cristiana. Manca poi spesso il lavoro in equipe e un utilizzo di sussidi di riferimento; a volte mancano proprio i catechisti.Gli aspetti positivi emergono dai catechisti presenti, che hanno dei desideri: ciò significa che vogliono migliorarsi, che hanno la percezione dei problemi e sanno che questi ultimi nascondono delle risorse. Dal questionario è emerso anche un forte desiderio dei catechisti di lavorare in equipe, non solo all’interno della parrocchia di riferimento ma anche a livello interparrocchiale. C’è inoltre il desiderio di un maggiore coinvolgimento dei genitori, di creare dei percorsi paralleli a quelli dei figli, che siano un cammino di Fede anche per loro; qui si tratta di inventarsi dei nuovi percorsi e di creare dei catechisti che siano pronti per accompagnare questi genitori.Altro aspetto positivo è stata la presa di coscienza sulla modalità degli incontri, che sono per lo più verbali: il desiderio dei catechisti è di puntare molto di più sull’aspetto esperienziale della Fede.

Alla luce di quanto emerso, chi è oggi il catechista? Di quali responsabilità è investito?Sono le persone che abbiamo più presenti nelle parrocchie, si danno anima e cuore per la parrocchia, per l’evangelizzazione e per l’educazione. Dall’altra parte sono persone che si sentono un po’ lasciate a loro stesse, con tutte le difficoltà di dover preparare da sole il percorso.C’è voglia di formazione e cambiamento, di confronto con gli altri. Ci troviamo di fronte a catechisti che vogliono comprendere la loro identità, avere dei contenuti, sapere come fare a trasmettere questi una volta ottenuti e vogliono essere insieme agli altri.Un primo passo in questa direzione sarà affrontato a Romans dal 31 agosto al 3 settembre con l’incontro per gli operatori pastorali: saranno 4 serate intense, dalle 18 alle 22 circa, con un break per la cena. Si prenderà spunto dall’indicazione di monsignor Redaelli data al termine dell’Assemblea Diocesana: far leva sull’Iniziazione Cristiana per poter arrivare a delle collaborazioni tra parrocchie. La prima sera ci interrogheremo su quale volto educativo deve avere la nostra comunità per l’Iniziazione Cristiana; il secondo incontro verterà sull’identità dell’Iniziazione Cristiana e il terzo indagherà su che tipo di collaborazioni innescare con i genitori che ci portano i loro figli per l’Iniziazione Cristiana; l’ultima serata sarà dedicata al mandato catechistico a livello diocesano, con una celebrazione. Avremo anche degli ospiti, esperti in quest’ambito: il direttore dell’Ufficio Catechistico di Concordia e Pordenone, don Marino Rossi, e quello della diocesi di Padova, don Giorgio Bezze; gli incontri si svolgeranno tutti in forma laboratoriale, sullo stile della “scuola – bottega”, per imparare facendo le cose.

Com’è vissuto oggi il catechismo dai bambini e ragazzi? E’ possibile sia per loro solo un appuntamento del pomeriggio, al pari (se non di minor valore) del calcio, nuoto, chitarra, inglese, ballo…? Come riuscire a renderlo più accattivante?Questa è una problematica importante, tant’è vero che oggi non riusciamo a raggiungere nemmeno tutti quanti – ci sono paesi dove il 40% dei battezzati frequenta l’Iniziazione Cristiana -, nonostante sia stata fatta della “promozione” anche all’interno delle scuole attraverso gli insegnanti di religione. Reputo sia per loro un file inserito all’interno di tanti altri files…La partita è giocata tutta in quei 60 minuti di incontro (che poi non sono mai 60, si riducono a 45 o anche 30): se all’interno di questo poco tempo si offre loro una lezione frontale, basta, la frittata è fatta. Si tratta invece di fare esperienza di vita cristiana, ovvero proporre secondo l’età e il contesto sociale dei bambini/ragazzi un’esperienza di Fede, che passa attraverso la vita, non attraverso una lezione “di cattedra”. Offrire quindi delle esperienze per poter riflettere su quale sia il ritorno religioso di queste, portare il catechismo nel vissuto e nel tessuto quotidiano di questi ragazzi. Per fare questo c’è estremamente bisogno del coinvolgimento dei genitori, altrimenti il catechismo rischia di tramutarsi solo in una parentesi per i giovani.

Riguardo infine la catechesi degli adulti, è vissuta come una tappa obbligata perché “mezzo” per accedere al matrimonio? Uno stacco da recuperare con una full immersion? Quali passi sarebbero opportuni per rendere la catechesi qualcosa di permanente nella vita cristiana?C’è un fattore positivo da segnalare: in diocesi abbiamo una percentuale molto alta di adulti che chiedono di prendere parte al cammino catecumenale non avendo in vista il matrimonio. Chiedono la Confermazione perché lo vogliono, lo desiderano. Lo scoglio sta nel non rendere quell’uno/due anni di preparazione una semplice parentesi. Il passaggio – che già sta avvenendo – sta nel lavorare molto sulle motivazioni di queste persone, che chiedono il sacramento per un proprio convincimento e desiderio, per avere un incontro maggiore con Cristo. Fare leva su questa cosa per fare in modo che proseguano poi come esperienza di vita all’interno della loro comunità cristiana, che diventino testimoni di Dio nel mondo.È vero anche che molte volte non facciamo proposte. Abbiamo queste persone motivate su cui potremmo lavorare e quando arriva il momento più bello, in cui potremmo chiedere loro di vivere più intensamente all’interno della comunità…noi non proponiamo niente. Questo non vale solo per gli adulti ma anche per i ragazzi del postcresima. Su questi ultimi i numeri in diocesi sono molto buoni, ma potrebbe essere fatto molto di più con loro e per loro. Siccome non si riescono più a fare proposte all’interno dei paesi – che spesso sono piccoli – è necessario iniziare a ragionare più in grande, unendosi e collaborando interparrocchialmente.