Allargare gli orizzonti e togliere gli ormeggi dalle nostre paure

Con il convegno che si è svolto sabato 7 gennaio nella Sala incontri a San Rocco, e che ha avuto come ospiti il Presidente nazionale di Azione cattolica Giuseppe Notarstefano, Il prof. Ernesto Preziosi già direttore dell’Istituto “Paolo VI” per la Storia dell’Azione Cattolica e del Movimento cattolico in Italia, l’ Arcivescovo Redaelli e la giornalista di Avvenire Lucia Bellaspiga che ha moderato l’incontro si è concluso  un lungo percorso iniziato nel 2020  che  ha visto l’AC diocesana riscoprire la propria storia e le proprie radici. L’icona biblica che accompagna il nuovo anno associativo è in tal senso profetico: “Andate dunque” (Mt 28,16-20) in riferimento al brano che conclude il Vangelo di Matteo quando tutto sembrava perduto, quando la sfiducia sembrava prevalere e i discepoli devono accettare la vicenda incomprensibile della Passione. L’incontro con Gesù invece apre le porte dei discepoli alla speranza e oggi invita noi tutti a non avere paura, ad avere fede e a sperare sempre nel domani. Dobbiamo allora recuperare percorsi concreti di cura di alcune realtà che ci riguardano tutti e che promuovono un noi più grande.L’Azione Cattolica deve ri-diventare uno spazio di contatto e di speranza che costruisce il futuro. In un tempo in cui c’e il rischio di perdere la bussola del presente e vivere relazioni solo digitali, l’appartenenza alla AC aiuta a far crescere uomini e donne, cittadini del futuro al servizio del bene comune. Non deve accadere allora che i nostri cammini parrocchiali si riducano esclusivamente ai percorsi dei sacramenti del Battesimo, dell’Eucarestia e della Cresima. È importante per questo che l’Azione Cattolica accompagni tutte le fasce d’età, ma anche tutti gli stati di vita.Non c’è solo l’Acr, il settore Giovani ed Adulti che rappresentano comunque  il prezioso avvio del cammino di appartenenza, è necessario ed importante incentivare la nascita del movimento dei lavoratori (Mlac), e del movimento degli studenti (Msac), questo per rimarcare la nostra testimonianza e la nostra presenza nella società,  nel mondo del lavoro e della scuola, dove siamo chiamati ad essere il “sale della terra….  la luce del mondo” (Mt 5,13-16).Altro aspetto importate su cui dobbiamo finalizzare il nostro stare nel mondo è prendersi cura del bene comune. Sul bene comune non è possibile in questo momento storico abbassare la guardia, in tal senso dobbiamo unire allora i nostri sforzi per una vita bella, armoniosa, che non lascia indietro nessuno. La passione per il sociale è una tensione che deve riguardare tutti e che va incarnata nella quotidianità.Occorre tener presente che l’impegno nel sociale non è solo appartenenza a gruppi e ad associazioni, ma inizia dal vivere consapevolmente la propria cittadinanza. Per questo è importante riferirsi ad esempi che questa tensione l’hanno incarnata, come ci ha insegnato Armida Barelli, fondatrice della Gioventù Femminile, proclamata beata il 30 aprile scorso, nella consapevolezza di lasciarsi guidare da chi ha saputo coniugare fede e impegno sociale. Ultimo, ma non per questo meno importante è la cura della dimensione diocesana, dove dobbiamo essere protagonisti nel tessere trame di comunione e di unità, attraverso lo stile sinodale.Questo centenario allora ci consegna alcuni ambiti in cui l’Ac si dovrà muovere: l’unitarietà, la formazione, la cultura e partecipazione.

UnitarietàDobbiamo riscoprire il valore dello “stare insieme” che è quello della Comunione. Il compito più grande che abbiamo come Associazione è proprio quello di rieducarci al senso di appartenenza ad una Comunità.Il tempo che viviamo e che stanno vivendo le nostre Comunità è caratterizzato da un individualismo profondo che sta lacerando il nostro tessuto sociale. Noi possiamo diventare segno di speranza. Lo diventeremo nella misura in cui sapremo riscoprire il valore della Comunione.Dobbiamo avere il coraggio come laici, in forza del battesimo di proporre alla nostra Chiesa un modo più audace di essere, non solo formazione, o riti ma stimolare e guidare momenti di confronto comunitario, essere promotori di alleanze, consci che è l’unico modo per non richiudersi e per portare il primato delle persone, per ricostruire il tessuto ecclesiale e della comunità civile.

FormazioneSi tratta di un tema centrale. L’AC o è formazione o non è AC. Il nostro punto di riferimento rimane il Vangelo.A tutte le nostre attività e a tutte le nostre proposte dobbiamo dare il sapore del Vangelo. La nostra missione non può essere puramente ricreativa o di svago. Certo, il Signore ama la Gioia e la festa, ma queste devono essere innestate pur sempre in Lui.Tutto ciò che facciamo deve avere un preciso contenuto, che è quello del Vangelo. Dobbiamo proporre a tutti la buona novella. È questo che ci contraddistingue. La formazione, dunque, deve diventare il momento centrale ed imprescindibile di tutto il nostro percorso associativo, per non creare una scatola vuota e, quindi, inutile. Siamo consci che dopo un discernimento comunitario e sinodale dobbiamo arrivare anche a decisioni evangeliche coraggiose e profetiche capaci in altre parole di ridare alla pastorale un tono e di mettere al centro appunto quella “formazione” che ne è il cuore ed il senso.

Cultura e partecipazioneIl percorso del nostro centenario ci ha fatto riscoprire uomini donne, sacerdoti che sono stati capaci di vivere la propria esperienza di fede nella società, nel lavoro, nella politica.Questo percorso è stata una  opportunità per riscoprire il rapporto fede-cultura- non però riducendo il percorso ad un autocelebrazione di un passato glorioso in cui società, politica, scuola, economia e famiglia erano imbevuti degli ideali cristiani, ma come una occasione  di rilancio, partendo dalla nostra storia, rilanciando la sfida per la nostra associazione ad essere  a servizio della Chiesa e del bene comune, pronti ad ascoltare le domande di senso delle persone e aiutando a educare a una cultura di partecipazione responsabile fatta di solidarietà, dialogo, accoglienza. Recuperando il senso profondo di comunione e di discernimento comunitario (libertà da ogni pregiudizio, capacità di porsi in ascolto dei nuovi modi di pensare, di giudicare, di vivere). Davanti alla tentazione dello sdoppiamento selettivo dei valori etici di fondo (che porta spesso a considerare di destra i valori della vita e di sinistra i valori della pace o della solidarietà…), emerge l’esigenza di indicare e testimoniare una loro radice originaria e, poi, di non consentire appalti da parte di diversi schieramenti politici con la conseguenza di ridurli a slogan ideologici e unilaterali.Dobbiamo tornare a fare opinione presentandoci, partecipando a tutti i tavoli di lavoro sui percorsi educativi, non rimanendo legati solo alle attività ecclesiastiche, È necessario tornare a fare cultura, forti della nostra storia e Gorizia 2025 può rappresentare una grande opportunità.Dobbiamo in conclusione imparare a diventare interlocutori credibili solo in questo modo vivremo fino in fondo la nostra laicità facendo nostro il motto che segnò la vita della beata Armida Barelli: “Impossibile? Allora si farà!”.