Accoglienza: sì, ma…

Si tratta di un modo che usiamo per circoscrivere gli effetti di quanto accettiamo – e magari anche affermiamo -, in linea di principio, ma non vogliamo prendere troppo sul serio per non rischiare di non esserne travolti o sconvolti. Ad esempio, uno afferma di essere stato vittima di un torto da parte di una terza persona. Il suo interlocutore, cristianamente, potrebbe ricordargli il compito cristiano di perdonare, di porgere l’altra guancia. Ed ecco che scatta nell’offeso un moto di orgoglio: “sì, ma…”: “sì, lo so che devo perdonare chi mi ha offeso, ma è lui che non si è pentito, anzi, non gliene importa nulla di avermi offeso”. E quindi, chiaramente, ci sentiamo autorizzati a portare rancore e, alla prima occasione, a fargliela pagare.In linea generale possiamo essere cristianamente d’accordo su tante cose, anche sull’accoglienza. Non dimentichiamo che l’ospitalità, per l’Antico Testamento, è cosa sacra.Ma anche il Nuovo Testamento non scherza, basta rileggersi alcune frasi del capitolo 25 del Vangelo di Matteo: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Ed ecco però che, di fronte ai fenomeni migratori di oggi, o semplicemente ai clochard delle nostre città, diciamo: “sì, è vero che bisogna accogliere, ma non è colpa mia se questi non hanno un posto dove dormire”; “sì, è vero che sono dei bisognosi, ma prima bisogna pensare ai nostri”; “sì, è giusto che tutti abbiano il necessario per vivere, ma ognuno a casa propria”. Quanto è difficile prendere sul serio il Vangelo! Si racconta che Francesco d’Assisi non volesse una regola per i propri frati, perché diceva che bastava il Vangelo “sine glossa”, senza nessun commento o interpretazione: proprio perché il rischio è che, nel momento in cui si incomincia a commentare o interpretare il Vangelo, lo si riempia di tanti “sì, ma” da farlo diventare così insipido da non saper più di nulla. E allora concludo qui, sennò qualche “ma” forse può scappare anche a me…