250 anni di rintocchi

Sabato scorso 5 settembre, in un clima di ritrovata convivialità dopo le difficoltà dovute al notorio male epidemico, la comunità dei Campanari del Goriziano si è ritrovata a Campolongo per festeggiare i 250 anni dalla conclusione dei lavori di costruzione del campanile della chiesa parrocchiale di San Giorgio. La 14^ rassegna, programmata seguendo attentamente tutte le recenti disposizioni in materia di contagio, ha visto sin dal primo pomeriggio l’avvicendarsi sulla torre di una decina di squadre del territorio mentre, alle 17, si è tenuta in chiesa la premiazione di rito di alcuni giovanissimi neo-associati; infine, prima della Santa Messa delle 18 e del successivo momento conviviale, ha avuto luogo la consueta relazione storica che qui, per ovvie ragioni di spazio, appare in forma alquanto ridotta.L’insediamento di Campolongo, sorto probabilmente nei primi secoli del Medioevo come guado del torrente Torre, volle votarsi a san Giorgio, figura cara alla tradizione longobarda ed invocata a protezione contro le epidemie. La chiesa tardo medievale, ben delineata in un disegno del 1681, era contraddistinta da un campaniletto a vela collocato sul portico che chiudeva la facciata: vi erano appese due campane tra cui era “la campana rota minore” che verrà rifusa dai fonditori Franchi di Udine nell’estate del 1688. La costruzione della chiesa attuale ebbe una lunga gestazione, dal 1696 al 1734 e, nel 1726, la comunità richiese un’altra campana presso il fonditore udinese Francesco Franco. Il campanileIl capomastro Domenico Malisano di Palmada, dopo aver completato la chiesa, aveva costruito anche una torre provvisoria e vi aveva collocato, appese su quattro travi, le due campane (una di 200 libbre – circa 70 kg – l’altra di 430 libbre – circa 150 kg): tuttavia, i ragazzi si divertivano a prenderle a sassate e così la Comunità, con il degano Giacomo Lepre, la vicinia di tutti gli uomini e brazzanti del Comune in numero di 70, decise di costruire il nuovo campanile chiedendo a Giacomo Miani, luogotenente di Udine, di impiegare la somma di ducati 330 per l’erezione di un campanile e della nuova sacrestia. Il patriarca Daniele Delfino, in data 18 febbraio 1755, concesse di buon grado la licenza di “escavar la terra del cemeterio per gettar le fondamenta necessarie”. Il procuratore della Chiesa, il conte Girolamo Antonini, incaricò inizialmente Giorgio di Antonio Lazzaro milanese, abitante a Saciletto, di edificare la base: questi si impegnava “a seguitare il campanile in quella altezza prescritta, grossezza della muraglia, la proporzionata ristretezza di cordone sino al piano delle campane senza incartadura, le pietre occorrenti al campanile vale a dire cordoni, cantonate e festrelle, la ferramenta occorrente, li legni dei solai con sue tolle e sue scalle, fare e disfare le armidure con legname, chiodi e cavicchie a lire 14 il passo”. Tuttavia, ben presto i lavori si arrestarono e solo nel 1767 il noto capomastro udinese Lorenzo Martinuzzi venne incaricato di riprenderli: senza dubbio, è interessante seguirne l’iter attraverso la vivace penna del parroco Domenico Inzegnero che, tre anni dopo, ebbe la soddisfazione di inaugurare il campanile. “Memoria ai Posteri. Vedendo tanto io Padre Domenico Inzegnero Pievano di Campolongo e di Cavenzano, che le due due piccole campane di Campolongo, de qualli la più grande pesava circa libbre 430 e la piccola appena 200, erano poste fra il cantone di questa Veneranda Chiesa e la loggia di questa Communità, ò sia quasi cantina e grannaro di detta Chiesa, soggette ad esser lapidate con sassi e rotte da raggazzi, si stabilì di devenire ad un nuovo campanile più maestoso, quall’è ora di presente, e previe le facoltà dei Superiori li 9 maggio 1755 fu datto principio a scavare la terra per far il nuovo campanile, e di profondità non fu altro che un passo, ed un piede, stante fu trovata alquanto molle, e tenera, che volendola di più profondare, si dubitava di sabbione, stante come dicesi, antiquitus correva un ramo d’acqua di Torre; così si posero nella profondità dell’escavatione pioppi e roveri, onde si può dire che il campanile sia posto e fondato sopra la legna. Poi li 20 detto Mese si diedde principio alle fondamenta, ed il primo corso di pietra grande fu di quella di Farra, e poi sin al piano della terra fu di quella del Monte di Medea e nel mezzo delle fondamenta v’è lasciato il solito buso per riparar a’ Terremoti. Il detto Campanile fu fabricato un poco alla volta, acciò si formi il muro, da due Capomistri, e nel Ferale, dove sono appogiate le campane, pare cosa incredibile quanta pietra ci sia andata, era la piazza, su, e in giù piena la Villa di pietra circa carra 60, trovata in un campo sotto Ronchi di Monfalcone, dove dicesi fusse stato un gran ponte sopra l’Isonzo, terminato poi fu deto Campanile l’anno 1770, a cui fu posta una croce di smisurata grandezza da me ut supra benedetta, pareva sottile stante in terra, ma pure viddi due Fabbri murari indirizzarsi sopra detta croce”.Da allora furono intrapresi numerosi interventi di riparazione e restauri: tuttavia, nel 1950 un grave incidente coinvolse la struttura e fu il parroco del tempo, don Tarcisio Nardin, a dover correre ai ripari. “Il 21 settembre 1950 la cuspide, già alquanto sconquassata, venne colpita da un fulmine e resa pericolante a tal punto che si dovette demolirla, ciò che avvenne il 16 ottobre 1950 [al costo di 150.000 lire]. Si procedette subito alla copertura con una soletta di cemento armato che fu terminata il 25 novembre 1950. Si pensò però fin da principio alla ricostruzione della cuspide, e finalmente furono iniziati i lavori di ricostruzione il 5/5 1952 dall’impresa Spangher Francesco da Villesse e furono lodevolmente ultimati il 17 giugno 1952 senza alcun incidente. Il 6 luglio 1952 alle ore 10.15 venne solennemente benedetta ed inaugurata la nuova cuspide con grande gioia da parte di tutti”. Per trovare i fondi necessari (680.000 lire) il parroco Nardin interessò l’allora Presidente del Consiglio dei Ministri Alcide De Gasperi, la Direzione degli Aiuti Internazionali di Roma, papa Pio XII e Umberto di Savoia che, tuttavia, non elargirono un soldo: 410.000 lire, invece, giunsero da vari enti (tra cui 100.000 lire dal sottosegretario di Stato Giulio Andreotti) ed il resto fu coperto da un mutuo di 300.000 lire contratto con la Curia di Gorizia.Oggi il campanile misura 45 metri di altezza, compresi i 16,90 metri della cuspide di cui 2,50 della croce in ferro battuto; la base quadrata è di 5,50 metri e la canna è percorsa da 102 scalini che furono calcati, nel giugno del 1915, da Vittorio Emanuele III che dalla torre poté osservare le prime azioni belliche, così come dalla lapide murata alla sua base.Le campaneLeggiamo dalla suddetta Memoria del parroco Inzegnero. “In tempo si fabbricava detto Campanile considerando le suddette campane esser assai piccole per si grande Campanile, e che tre campane sarebbero proportionate, rissolsero tutti d’accordo di fare una Campana più grande, e di pura elemosina senza toccare un soldo della Chiesa, si gettò in Tolmezzo l’anno 1770, benedetta fu da Monsignor Arcivescovo d’Udine Gian Girolamo Gradonico, alla qualle fu posto il nome di GIORGIO, nome del nostro Titolare di Campolongo, e principiò a suonare l’Ave Maria la sera detto anno 1770 li 22 settembre giorno di sabbato delle 4 Tempore, quella pesa libbre 1490 [circa 521 kg]. In questo frà tempo che era già ordinata la suddetta campana, si ruppe la grande campana di libbre 430, così pesata dal campanaro di Tolmezo, colà anche fu gettata un’altra, ed accresciuta, qualle pesa 1137 libre [circa 398 kg], fu benedetta dal suddetto Arcivescovo in Tolmezo, coll’occasione ritornava dalla visita di Cadore, alla quale avevano ordinato, che si ponesse Allosio di nome, ma scordati si erano di tale nome, così che Monsignor Arcivescovo frà altre campane, avendo dato il nome ad una di quelle Pietro, in seguito essendo la nostra gli pose il nome di PAOLO, e principiò a suonare circa l’ora di Vesperi il giorno 24 settembre l’anno seguente 1771 sotto me Parroco Padre Domenico Inzegnero”. La campana rimanente, la più piccola, doveva pesare 784 libbre (274 kg) ed era derivata, forse, dalla fusione delle campane del 1688 e del 1752: in base a ciò, con buona probabilità, il concerto si presentava in sol bemolle (grande), la bemolle (mezzana) e si bemolle (piccola). Nel 1822 si ha notizia di due campane maggiori che “in sett’anni già suonavano”: quindi, dovevano essere del 1815. Furono “a terra calate” e consacrate dal vescovo Walland: “la maggiore fu nominata Anna Maria, la mezzana S. Giorgio in onore del titolare di questa V.da Chiesa”. La piccola, forse, era ancora quella settecentesca.Allo stato attuale le campane sono quattro e vengono qui citate, partendo dalla più antica. Il campanello (Sebastiano Broili, Udine 1846, nota si naturale) è decorato sul fianco con santi, una Madonna con Bambino e una Crocifissione: si suona cinque minuti prima dell’inizio della celebrazione.La campana grande (De Poli & Broili, Udine 1878, nota re naturale che determina il concerto in re maggiore) è decorata sul fianco con i santi Rocco, Giovanni Battista, Giuseppe, Maria Assunta, Antonio di Padova e una Crocifissione; vi si trova un’iscrizione con invocazioni tratte comunemente dalle Rogazioni: dal peccato, dalla morte violenta, dal fulmine e dalla grandine liberaci Signore. La campana piccola (Lucio Broili, Udine 1940, fa diesis) è decorata sul fianco superiore con otto scene dal ciclo della Via Crucis e, più in basso, con i santi Giuseppe, Maria Assunta, Sant’Antonio di Padova e una Crocifissione. Il preventivo di rifusione per 620 kg a lire 2,40 al kg (con l’aggiunta di 31 kg per calo di fusione, 78% bronzo e 22% stagno a lire 16), smontaggio e montaggio al 23 gennaio 1940, due anni di garanzia, ammontava a lire 2234. La campana mezzana (Lucio Broili, Udine 1947, nota mi naturale) è decorata sul fianco con i santi Giorgio, Sebastiano, Pietro e una Crocifissione. Il 2 dicembre 1946 fu steso il contratto: 800 kg per la rifusione della campana vecchia (del 1858) a lire 68.000; 40 kg di calo fusione a lire 17.000 e spese di collocamento a lire 8.000 per un totale di 93.000 lire. La campana fu consacrata dall’arcivescovo Margotti il 9 febbraio del 1947 assieme alle tre campane collocate sul campanile di Cavenzano. Nel 1921 le campane poggiavano su un castello di ferro costato al Comune 6000 lire: la struttura, insieme alle reti di protezione, è stata rinnovata di recente, quando anche l’antico orologio da torre è stato sostituito e spostato nell’atrio del Municipio. A conclusione di questo articolo, non si può non citare quanti hanno suonato e quanti tuttora suonano le campane di Campolongo, unendo passione e spirito di servizio: Celeste Lepre, Luigi Gobbo, Renzo Lepre, Olinto Rosin, Erminio Paolini, Francesco Ferman, Guido Ferman, Ottorino Gobbo, Lucio Concina, Claudio Mauro, Dimitri Andrian, Giulio Tavian, Denis Rosin, Manuel Gratton, Marco Tiziani, Nicolas Gregorat.Giulio Tavian