16 settembre 1972: Paolo VI pellegrino di pace ad Aquileia

Il 16 settembre 1972 Paolo VI giungeva ad Aquileia, primo Papa a varcare sino ad allora la soglia della basilica poponiana. La sosta nella città romana era una tappa nel viaggio che da Venezia lo stava portando ad Udine, dove – quel giorno – avrebbe concluso il Congresso eucaristico nazionale. La notizia di quella Visita “in forma privata” venne ufficializzata solo nei giorni precedenti ma da tempo i fedeli della diocesi speravano che il Papa avrebbe colto l’occasione udinese per sostare ad Aquileia.

La visita di mons. MacchiLa visita di Paolo VI venne “preparata” da quella, qualche mese prima, del suo Segretario particolare mons. Pasquale Macchi.Così ricordò l’avvenimento su Voce Isontina, l’allora cappellano, mons. Adelchi Cabass. “Il segretario arrivò un pomeriggio. Il parroco mons. Marcuzzi era assente e io mi trovavo in Basilica, in tenuta di lavoro, ad aiutare il sacrestano Terenzio Sandrin. Improvvisamente vennero ad avvertirmi che davanti alla chiesa c’era il segretario del Papa. Un fulmine a ciel sereno: corsi a lavarmi le mani e mi recipitai alla porta per “fare gli onori” di casa all’illustre ospite. Mi scusai per la mia tenuta non certamente clericale e sentii subito nelle parole di monsignor Macchi una grande comprensione, forse di più, un grande cuore: mi sono sentito subito messo a mio agio. Senza troppa soggezione gli chiesi come mai questa visita improvvisa e lui mi rispose dicendo che desiderava tanto vedere la Basilica e l’occasione buona finalmente era arrivata. Non potendo fargli ammirare la Cripta degli scavi, perché allora solo il Museo aveva le chiavi per accedervi, telefonai alla direttrice, la dottoressa Luisa Bertacchi, che venne subito e molto gentilmente illustrò quei stupendi mosaici. Volevo che la visione di quelle bellezze, che sono il vanto di Aquileia, avessero sull’ospite un tale impatto da “condizionarlo” nell’eventuale resoconto al Papa.Poi invitai Mons. Macchi in canonica per un momento di ristoro e per “verificare” la fondatezza delle voci circa una possibile visita del Papa in occasione del Congresso Eucaristico a Udine. L’uomo non si sbilanciò ma, diciamo, neppure smentì. Per creare un’atmosfera più confidenziale avevo offerto un bicchiere di vino, che non mancava nella cantina di Monsignor Marcuzzi, l’allora parroco di Aquileia”.

16 settembre: l’arrivo a RonchiPaolo Vi giunse all’aeroporto di Ronchi dei Legionari alle 15.30 di sabato 16 settembre 1972 proveniente da Venezia.All’esterno dell’aeroporto, sul piazzale e lungo la statale alcune migliaia di persone (4000 secondo le cronache dei giornali del tempo) si erano radunate per dargli il primo saluto.Appena sceso dalle scalette del DC-9 il pontefice si intrattenne con una bambina che gli aveva consegnato un fascio di rose. Subito salutò l’arcivescovo mons. Pietro Cocolin e le autorità presenti e si affacciò sulla terrazzina per salutare la gente che era accorsa. Non erano previsti suoi interventi ma, dinanzi all’entusiasmo dei fedeli, volle parlare al microfono che gli era stato preparato: “Sono lieto di trovarmi qui a Ronchi. Ho un duplice motivo per fare questa visita: guardare un nome tanto legato ai santi di questo Paese e poi visitare il complesso archeologico, famoso nel mondo, a noi sconosciuto ma tanto già amato e tanto apprezzato. Ma quello che mi fa ancora più piacere delle cose passate sono queste presenti e la vostra presenza che mi allieta e che mi riempie il cuore di giubilo. Vi saluto, tutti, ciascuna persone sua da me salutata e benedetta e le vostre famiglie e le vostre case. A questa bella regione, verde e laboriosa, il nostro augurio di pace e prosperità e di fedeltà alle sue tradizioni patriottiche e cristiane”.

Il volo a sorpresa su RedipugliaIl Papa ritornò, quindi, sulla pista per salire sull’elicottero che l’avrebbe portato ad Aquileia ma mentre i veicoli del seguito puntarono direttamente sulla città romana, volle che il suo sorvolasse il sacrario di Redipuglia per un momento di preghiera in suffragio dei caduti nel primo conflitto mondiale.Fu un gesto inaspettato ma che trovò un’eco non formale nelle parole che il presidente della Repubblica, Giovanni Leone, rivolse al Pontefice in risposta al messaggio che questi come tradizione gli aveva inviato partendo da Roma alla volta della nostra regione: “Il viaggio di Vostra Santità – scrisse Leone – è stato salutato con commossa unanime gratitudine dalle genti venete e friulane e seguito con devota partecipazione dal popolo italiano che è stato particolarmente toccato dal benedicente pensiero rivolto al sacrario di Redipuglia”. La sosta in basilicae il discorso ai fedeliL’elicottero papale atterrò nel prato accanto alla basilica ad Aquileia verso le 16.15 e a salutarlo per primo fu l’allora parroco mons. Marcuzzi.Lasciamo ancora la parola a mons. Cabass per ricordare le emozioni di quel giorno:”La prima domanda che Paolo VI rivolse al parroco, Monsignor Marcuzzi, mentre stava per entrare in basilica fu – mi sembra ancora di vederlo e sentirlo: era minuto nel fisico e delicato nel parlare -:”SignorParroco, quante anime (non abitanti!) vivono ad Aquileia?””3500 Santità. “E il Papa: “Quanta responsabilità!” Monsignor Marcuzzi ribatté, con quella spontaneità che gli era propria: ” E allora Lei, Santità?!”. Il Papa sorrise e cominciò a scendere i gradini per entrare in Basilica. Il suo volto “s’illuminò d’immenso”. In quegli anni si scendeva fino al mosaico ed era come andare alle sorgenti, andare all’inizio di una storia di grazia che Aquileia richiama e consegna ancora con trepidazione e fascino”. Al papa vennero illustrate le bellezze della basilica e della cripta degli scavi (dove gli vennero presentate le reliquie dei santi martiri aquileiesi) e quindi rivolse il suo saluto alla comunità di Aquileia.

“Figli carissimi!Ripartiti da Venezia per continuare il nostro viaggio verso Udine, non potevamo non sostare, sia pur brevemente, qui ad Aquileia, il cui solo nome serve a ridestare un’onda di ricordi e di tradizioni nobilissime nella storia ecclesiastica e civile. Aquileia, bel nome romano, “urbs primaria in decima regione Italiae”, il suo antico Patriarcato, che esercitò nei secoli una vasta giurisdizione e fu centro d’irradiazione cristiana per tutta la Venezia e per le terre limitrofe, il patrimonio artistico che essa conserva, tra cui la famosa Cattedrale, costituiscono per ogni visitatore motivo e materia di profonda riflessione ed invito ad una pausa stimolante.Per noi, che successori dell’Apostolo Pietro contempliamo con commozione le vestigia e le testimonianze del lavoro apostolico svolto dai pionieri della fede cristiana, Aquileia rappresenta un ricordo vivo e parlante della nostra storia religiosa.Ma non una meditazione storica, indubbiamente suggestiva, intendiamo ora proporvi. Non ce lo consentono né il breve tempo a disposizione, né la natura squisitamente spirituale del nostro pellegrinaggio. Piuttosto, è l’incalzare delle memorie che ci invita a ripensare al tesoro della tradizione ed a raccogliere le alte lezioni, che ne derivano per la nostra vita. La tradizione dev’essere conosciuta, apprezzata e rispettata! Aquileia fu, fin dalle sue origini, punto d’incontro di vari popoli, autentico “crocevia” delle genti che entrarono, in epoche successive, a contatto col mondo romano e cristiano. Non vale, forse, tale rapido accenno a suggerire, in termini di attualità e di urgenza, l’ideale dell’unione? Proprio qui, in questa terra illustre e sacra, noi vogliamo richiamarvi, carissimi Figli, questo alto ideale, perché l’unione è incontro spirituale, è armonia di intenti, è coordinamento di opere. Sì, è nostro dovere approfondire le ragioni e studiare i modi per stare insieme, per lavorare insieme, per costruire insieme. E se un tale proposito appare validissimo nell’ordine umano e civile, in quanto aiuta efficacemente a superare i dissidi emergenti dalle differenze di lingua, di cultura e di stirpe, quanto più non si rivela utile e prezioso per la vita religiosa e morale? Esso contiene, anzitutto, una precisa indicazione per la causa ecumenica, la quale chiama tutti i Fratelli cristiani all’unità che il divino Fondatore ha voluto e chiesto al Padre suo per la sua Chiesa; rappresenta, ancora, per i Cattolici un diretto invito a sviluppare ed a vivere, nell’unione operosa, il senso della propria fede, collocando in giusta prospettiva il necessario servizio dell’autorità e la libertà che Dio dona a ciascuno; vuol essere, da ultimo, un rinnovato appello a trovar sempre nel- l’Eucaristia la fonte alimentatrice della vera unità. Così questa sosta, mentre procediamo per la Città del Congresso, offra a tutti voi, cari fedeli, la spinta e l’impulso per accorrere a Cristo Signore, re e centro dei nostri cuori. Così sia, con la nostra Apostolica Benedizione.

Al termine, un altro gesto fuori protocollo – colto però dal cronista di Voce Isontina, Mafaldo Cechet che ebbe modo di raccontarlo la settimana dopo sul settimanale diocesano: “Prima di lasciare il basso podio, Paolo VI s’è inchinato sulla propria destra ed ha attirato a sé, tenendolo per mano, un bambino che aveva scorto ai suoi pedi, molto vicino, e l’ha fatto salire sul podio stesso. Sempre chino, viso vicino a viso, mano nella mano, gli ha chiesto il nome, l’età, e di dove era ed infilata la mano sinistra in tasca e subito ritirata, ha lasciato, poi, scivolare nelle mani del sorpreso bambino, che per l’emozione non articolava quasi parola, l’astuccio con una medaglia. Poi, come saluto e benedizione nel congedarlo, ha posato la sua mano destra sulla testa di questo bambino”. Il bambino, Mario Paccagnan, era giunto con i suoi familiari da Spresiano, in provincia di Treviso, per salutare Paolo VI. Dopo avere firmato il registro degli ospiti illustri della basilica, il papa – erano ormai quasi le 17 – ripartiva alla volta di Udine dove si recava per la conclusione del Congresso eucaristico nazionale. E nell’incontro con le rappresentanze civiche friulane- che precedette la celebrazione – ritornò su quanto appena vissuto ad Aquileia:”Giungiamo or ora dall’antica e gloriosa città di Aquileia, dove in pensosa ammirazione abbiamo sostato davanti ai monumenti che testimoniano fin dai più remoti tempi la presenza operosa della Chiesa in mezzo a voi; presenza che si è radicata profondamente nella vita e nei costumi del vostro popolo, contribuendo alla formazione di quelle robuste virtù civiche, morali e familiari, caratteristiche di questa terra, che costituiscono un patrimonio spirituale di incomparabile valore. Noi vorremmo ricordare, nella significativa e solenne circostanza del presente Congresso Eucaristico, la necessità di custodire nella maniera più gelosa questa eredità preziosa lasciata dai vostri padri, perché essa, oggi non meno che nel passato, costituisce la premessa indispensabile per una costante pacifica convivenza e per un ordinato progresso civile e sociale”.

A tarda sera, il papa ritornava a Ronchi dei Legionari per salire sull’aereo che l’avrebbe riportato a Roma.