“Ricordati che sei in missione”

Lionello Paoletti, classe 1955, nato e cresciuto a Monfalcone, il 19 maggio diventerà diacono permanente. Un percorso lungo e non sempre semplice ma la cui missione è, per lo stesso Lionello, più chiara che mai.
Lo incontro nella semplicità della cucina dove, evidentemente, lo interrompo nello studio. Il volume che sta studiando è aperto sulla tavola nel Vangelo di Giovanni. La mia curiosità mi porterebbe oltre, a cercare di capire non solo il capitolo ma anche il versetto stesso, ma la gentilezza di Lionello, Lopi per tutti, si frappone e mi impone di prestare attenzione alla domanda di un buon caffè. La mattina è appena iniziata, la giornata si prospetta lunga e si accetta di buon grado.
Quasi naturalmente la discussione si impone sul tema del sociale. “Cosa possiamo fare noi, dai consigli pastorali ma soprattutto come cattolici che vivono la fede, per migliorare la convivenza e l’integrazione?”. La domanda spiazza, non tanto per l’ora – sono le 9 e il giornalista ha già predisposto non solo alcuni articoli per la mattinata ma anche già fatto rassegna stampa, confrontato con collaboratori e con segnalazioni varie – ma di impostare un discorso prettamente sociale non sono pronto. La mia è una risposta molto semplice: “Eh…”. Concordiamo su una maggior consapevolezza innanzitutto della nostra fede, prima di confrontarsi con gli altri, ed è lì che già il meccanismo si inceppa. Dovremmo fare di più per migliorare la coesione innanzitutto tra di noi, capire la forza del messaggio evangelico che ha travalicato secoli ed è giunta fino a noi. Non per contrapporla ad altri messaggi ma per essere veri e autentici noi stessi prim’ancora che con gli altri. Non fa una piega e si concorda: il caffè freddo non è buono, a meno che non sia shackerato, e allora si beve e si procede con l’intervista.
“Lionello, sei pronto?”. È la stessa domanda che, a pranzo, nella stessa giornata, avrei fatto a Matteo Marega, anche lui diacono ma transeunte, in vista dell’ordinazione sacerdotale. Lionello sorride, un po’ si trattiene e risponde con un timido sì. Ma timida non è la sua fede che lo ha portato, assieme alla propria famiglia, a compiere un percorso non semplice: la prima richiesta è del 2016, quando gli venne fatta la proposta di diventare diacono permanente per la prima volta da don Fulvio Ostroman. Quindi un percorso di discernimento con don Alessandro Biasin. “Quando me l’hanno chiesto la prima volta mi ha spiazzato. Per giorni sono rimasto tra il colpito e lo stralunato, poi mi sono ripreso e ho iniziato a pensarci seriamente. L’apporto della mia famiglia è stato fondamentale”.
“Lopi” è sempre stato attivo nella comunità cristiana, a partire dagli scout per arrivare al servizio in parrocchia a San Giuseppe nel rione di Largo Isonzo. “Internamente un grande disagio ma anche la sensazione di iniziare una sfida – racconta Lionello – e per me Paolo Zuccon è stato un grande punto di riferimento. Però non c’è solo il lato pratico ma anche quello di studio e di discernimento personale. Io ho fatto l’Istituto Tecnico e mettermi in gioco con lo studio è stata un’impresa veramente unica”.
Il primo contatto con la fede arriva nel rione di via Romana, con le Fiamme verdi dell’Azione Cattolica. Poi la “conversione” agli scout che segue dagli 11 ai 45 anni. “Anche se ho proseguito negli anni, sia accompagnando i miei figli sia dando volentieri una mano. Ricordo con molto piacere i campi biblici che venivano organizzati, era un momento per conoscere la Scrittura più da vicino, cosa che in questi mesi ho fatto per studio, invece – sia per riscoprire una forma di comunità che si mette a leggere e capire la Parola di Dio. Ho scoperto, in questi mesi, la bellezza degli studi e della teologia che non avevo mai approfondito così da vicino. È stata una scoperta davvero piacevole”.
Il diacono permanente si inserisce all’interno della comunità, ne è parte integrante, la vive ed è immerso: “La bellezza di questa vocazione è proprio il non essere mai solo. Io ho il sostegno di mia moglie e dei miei figli ma c’è accanto tutta una comunità che in questi mesi si è messa a sostegno e in appoggio alla mia decisione. Una grande intuizione del Concilio Vaticano Secondo che ha ridato alla figura del diacono la sua funzione di servizio unendo la vita mondana all’impegno del prete. Il cammino fatto nella comunità mi ha aiutato a capire meglio la missione e ha aiutato la comunità stessa a comprendere il percorso che si fa e che si porta avanti non solo preparandosi all’ordinazione ma per servire ancora meglio la comunità stessa”.
Tra gli obiettivi di Lionello quello di proseguire nell’aiuto alla propria parrocchia ma anche lavorare nella pastorale della famiglia, parlando di vocazione in ogni campo ecclesiale e comunitario. “Mi impegnerò molto, e darò la mia disponibilità, per la pastorale della salute. Quando sono stato io dall’altra parte, paziente in cura in ospedale, ricordo di essere stato a contatto con un sacerdote. Appena giunto a Cattinara ho chiesto la Comunione ed è giunto il cappellano dell’ospedale che, guardandomi e sentendo il mio percorso, mi ha ribadito: “Ricordati che sei in missione”. Mi ha spronato a confrontarmi con gli altri malati, a portare la fede e la Parola, a essere in servizio vero e vivo con coloro i quali soffrivano assieme a me in quella stanza”.
Lionello, qui, ha un attimo di commozione. Il sentimento, l’emozione, i ricordi prendono il sopravvento. Si ferma anche la mia penna, in attesa di capire cosa abbia mosso il raccontare un fatto all’apparenza così semplice all’interno di un cuore puro: non si può rimanere indifferenti di fronte alla richiesta del Signore di guardare con ancora più amore il prossimo. Lionello l’ha fatto senza remore e senza “suonare la tromba”, proprio come chiede il messaggio evangelico. Ed è pronto a farlo ancora, per questo il suo “eccomi”, nella millenaria basilica di Aquileia, sarà ancora più vero.
“Ah, Aquileia!”, mi dice riprendendo il sorriso che non lo ha abbandonato un attimo durante l’intero dialogo. “L’ordinazione lì prende tutto un altro tipo di senso, mi sento onorato. Penso anche ai miei genitori e alla loro fede, a cosa avrebbero detto di tutto il mio percorso e della scelta”.
“Quello che mi emoziona al solo pensiero – confessa – è proprio l’idea di portare la comunione ai malati, avendo vissuto l’esperienza da malato io stesso. Ci metterò tutto me stesso e tutta la fede. Io, nei giorni in ospedale, ho sentito la vicinanza, l’amore e le preghiere dei familiari e dei miei amici ed è la stessa che io metterò nel servizio”.
L’accolitato, Lionello l’ha ricevuto a San Vito al Torre, durante il cammino delle famiglie. Ora il passo definitivo ad Aquileia. “A San Vito mi sono sentito davvero al servizio della Parola e dell’Eucarestia. Dare il Corpo di Cristo alle persone che conosco e cui voglio bene è stato il momento più alto. Ma è anche una grandissima responsabilità. Come diacono permanente sono chiamato a vivere la mia vita anche al servizio della Carità e spero veramente di poter dare qualcosa in più, sempre”, conclude.

Ivan Bianchi