Vivere la scuola nel nostro tempo

All’inizio di un nuovo anno scolastico, cercare di riflettere sulla scuola significa gettare lo sguardo su una realtà complessa, che non è possibile ridurre a poche formule. Ognuno, nella sua vita da studente, sperimenta che la scuola è fatta di persone, di incontri, di esperienze e momenti vissuti; di tempo ed energie dedicate.Una realtà concreta, sempre unica, che richiede rispetto e attenzione, e che le chiacchiere e gli spot rischiano di far passare in secondo piano. A livello nazionale, anche gli ultimi rapporti dell’INVALSI e dell’ISTAT sottolineano la grande complessità del mondo della scuola. Queste analisi presentano dati che non è semplice interpretare considerando le differenze tra territori, tipologie di scuole e perfino tra classi. In generale, emergono aspetti critici: le grandi differenze territoriali, con un netto divario tra Regioni del Centro-nord e del Mezzogiorno; l’alta dispersione scolastica, l’abbandono della scuola senza aver conseguito un diploma di scuola superiore (11,5%); le competenze fragili per molti studenti in italiano, matematica e inglese. Come affrontare questi problemi? Da tempo sono state individuate alcune direzioni in cui è possibile muoversi, soprattutto per quanto riguarda il modo di fare scuola. Un obiettivo prioritario ormai riconosciuto è quello di mettere al centro il percorso di ogni studente e studentessa, di favorire un apprendimento attivo e personale. Da tempo esistono indicazioni per innovare la didattica in questo senso. È illusorio cercare (o sostenere) facili soluzioni; servono investimenti veri, progetti di lunga durata. La sfida maggiore per la scuola, però, non riguarda la didattica. I ragazzi esprimono spesso un senso di distacco rispetto ai contenuti trattati: “a cosa serve studiare questo?”. L’impressione diffusa è che la scuola sia poco collegata con il nostro tempo, con le trasformazioni della società, dell’economia, dell’ambiente, della tecnologia.  Questa crisi, in realtà, non riguarda solo la scuola: riguarda ogni persona oggi, chiamata a dare una risposta ad una domanda urgente di senso, in un mondo in cui è impossibile trovare modelli chiari e condivisi.Più che mai nel tempo della complessità, alla scuola non si richiede di dare informazioni (c’è già internet), ma di offrire attraverso le discipline strumenti di educazione e formazione: sviluppare capacità critiche, affrontare la complessità, agire responsabilmente, significa dare una risposta alla domanda di senso. Non si tratta di un compito nuovo.La legge italiana chiede già alla scuola di essere “comunità di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, informata ai valori democratici e volta alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni”; “luogo di formazione e di educazione mediante lo studio, l’acquisizione delle conoscenze e lo sviluppo della coscienza critica” (DPR 249/1998).Cosa significa questo, nell’epoca di internet e dell’intelligenza artificiale? Il compito, è chiaro, non è semplice.Ma rinunciare a questo obiettivo significa lasciare la formazione dei bambini e dei ragazzi alle manipolazioni della rete e del mercato, alle sirene dei social. La scuola, dal canto suo, può fin d’ora proporre quanto ha di più prezioso: adulti capaci concretamente di rapporti umani, di competenza, rispetto, cura. In fondo, oggi come in passato, le esperienze scolastiche significative sono incontro con qualcuno che aiuta ad accendere uno sguardo nuovo, personale, su sé stessi e sul mondo.