Thailandia pronta a ripartire

Prosegue il nostro “giro del mondo” tra le missioni. Dopo aver parlato, nelle scorse settimane, con i missionari impegnati in Costa d’Avorio, ci spostiamo ora sul continente asiatico, in Thailandia, dove – nella missione di Lamphun della Collaborazione delle Chiese Trivenete – opera don Bruno Soppelsa.Una realtà, quella thailandese, fortemente colpita dai recenti scossoni dovuti alla pandemia da Covid 19: con un’economia molto influenzata dal settore turistico, il Paese ha conosciuto una drammatica crisi, un “buio” dal quale però, proprio a partire da questo mese, sembra accendersi una luce.

Don Bruno, per iniziare cerchiamo di capire “inquadrando” la situazione sulla distribuzione delle religioni nel Paese: quali sono i principali Credo e com’è vissuta la Fede cattolica?In Thailandia circa il 96% della popolazione è di religione buddhista, seguito da quella musulmana al 3% e a scendere tutte le altre. La presenza cattolica nel Paese ad oggi conta circa 400.000 fedeli.Secondo la Costituzione, non c’è una religione di Stato, pertanto il buddhismo è quella preminente ma tutte le altre hanno libertà.Due anni fa papa Francesco ha effettuato una visita apostolica in Thailandia e questo ha generato un grandissimo entusiasmo, seguito anche da una conoscenza e una catechesi a livello generale, in tutto il Paese, attraverso i mass media, tanto radiofonici quanto televisivi; ciò ha fatto riprendere anche visibilità alla nostra religione, alle nostre parrocchie, alle nostre attività, come ad esempio quelle scolastiche. Infatti la presenza dei religiosi e delle religiose in Thailandia, in particolar modo nelle grandi città, è evidente nelle scuole: ogni parrocchia di fatto ne ha una, quelle più grandi arrivano a contare anche 7/8.000 alunni. Ovviamente sono quasi tutti buddhisti, ma di fatto hanno un’infarinatura anche della nostra religione, attraverso un insegnamento della Religione cattolica che fa parte delle materie di studio come tutte le altre.In particolare nella nostra diocesi di Chiang Mai contiamo anche le popolazioni che vivono sui monti; abbiamo così allestito dei Centri di accoglienza per i ragazzi, dove hanno la possibilità di alloggiare come in una sorta di convitto: qui dormono, consumano i pasti, frequentano la scuola, studiano e partecipano ad attività e catechesi; i più grandi hanno anche la possibilità di trovare dei lavori.Nelle zone di loro provenienza potrebbero frequentare solamente il ciclo di scuola primaria, le scuole medie e superiori si trovano tutte a valle; i genitori quindi, in mancanza di punti di riferimento, affidano ai religiosi, religiose e animatori i loro ragazzi, affinché possano ricevere una formazione più approfondita.

Mi sembra di intuire che la convivenza tra le varie Religioni sia molto pacifica…Viviamo molto bene, in armonia. La nostra presenza è discreta, non si impone e cerca di collaborare anche con il Governo con iniziative caritative, con varie attività e, dove il Governo non riesce ad arrivare, con un’integrazione al sistema scolastico.Un esempio: nella missione di Chae Hom, dove operavo in precedenza, vi erano problemi legati alla droga e all’alcool e problemi di istruzione; il Governo non aveva in quella zona dei centri per la disintossicazione e non riusciva ad inviare nemmeno insegnanti nei villaggi. Siamo così intervenuti con il nostro centro della missione triveneta, creando dei progetti per poter pagare degli insegnanti che stessero sul luogo e potessero insegnare ai bambini e ragazzi del villaggio; una parte del Centro – alcuni ambienti a fondo valle -, sono stati adibiti alle attività degli operatori del Governo affinché potessero svolgere le loro attività legate alla disintossicazione.Oggi la collaborazione continua, il Governo è contento di noi e della nostra presenza.

Com’è strutturata la presenza della missione triveneta?La Collaborazione delle Chiese del Triveneto in Thailandia sostiene due poli missionari nella Diocesi di Chiang Mai: “Maria Regina della Pace” a Chae Hom (dove ho operato per cinque anni e dove ora operano don Bruno Rossi e don Raffaele Sandonà) e “San Francesco d’Assisi” a Lamphun, dove mi trovo ad operare attualmente con don Ferdinando Pistore.Chae Hom, dove abbiamo circa un migliaio di battezzati, conta una trentina di comunità, sparse tra i monti, con 5 o 6 tribù differenti, arrivate nei secoli passati da Birmania, Cina e Laos; sono mondi differenti nella terra thailandese. Invece Lamphun è una zona “nuova”, dove non c’era mai stata una parrocchia né una presenza di sacerdoti e suore; operiamo lì da dieci anni.

Prima di arrivare in Thailandia tu hai operato anche in Africa. Hai trovato forse delle differenze nel modo di approcciarsi o di vivere la Fede? Quali aspetti ti hanno colpito nel passaggio tra i due continenti?Ho notato un’esperienza diversa di vissuto anche nel rielaborare la preghiera. In Africa erano forse un po’ più avanti, anche perché si parla di una presenza, quella delle missioni e del messaggio cristiano, che dura veramente da moltissimo tempo, mente in Thailandia siamo arrivati successivamente con l’annuncio del Vangelo. Possiamo dire che qui siamo ancora un po’ agli inizi, anche con la catechesi. Facendo riferimento proprio alla capacità del catechista di parlare della Parola di Dio, di fare una predica, di commentare, di dire una preghiera per la sua vita in base al Vangelo che ha letto o sentito… ecco in Africa ho riscontrato un po’ più facilità in questo, più maturità, dovuta appunto ad una presenza del Vangelo che è molto più “antica”.Però la Fede vissuta dalla gente semplice, nel quotidiano, sia in Africa che in Thailandia ha degli esempi davvero genuini.Una cosa che mi ha colpito qui, è la facilità con cui si incontrano coppie miste e il supporto che viene dato al Credo dell’altro. Faccio un esempio: la moglie cattolica viene a seguire la Santa Messa e il marito, buddhista, l’accompagna, si siede in chiesa accanto a lei, perché per la moglie è importante la preghiera e l’appuntamento della domenica. Magari non comprenderà tutto quello che succede o che viene detto, ma lui è lì a vivere con lei quel momento, a supportarla. Viceversa poi lo accompagnerà lei al tempio nei momenti di preghiera che lui frequenterà.È anche capitato, per esempio, che il coniuge cristiano non potesse venire a seguire la funzione, ma che questa venisse seguita dal compagno o compagna di un’altra fede, per portare comunque la presenza del partner. C’è grandissimo rispetto reciproco, una forma di amore non scontata, ci si accompagna e ognuno supporta l’altro nella propria Fede.Altro esempio: a Lamphun, città a prevalenza industriale e quasi “città dormitorio”, si vedono fedeli arrivare in chiesa ancora con la tuta da lavoro addosso, a fine turno o proprio prima di iniziare, perché nonostante i turni, nonostante gli orari di lavoro a volte anche molto lunghi e faticosi, la voglia di non mancare alla preghiera c’è sempre.C’è una forte solidarietà al Bene, c’è compassione, misericordia: cose che accomunano tutti. Sono tutti segni belli, che danno una forte testimonianza e, vi dirò, anche un grande sprone a noi sacerdoti.

Guardiamo ora ai fatti di attualità. La pandemia ha dato dei veri e propri “colpi” a tutte le nazioni, a tutte le economie. Cos’è successo e cosa sta succedendo in Thailandia?Un anno fa come ora, la Thailandia era sostanzialmente a “Covid Zero”, non c’era praticamente nessun infetto. Da dicembre – gennaio sono poi scoppiati alcuni focolai, prontamente arginati e domati ma la vera “bomba” è arrivata a marzo, mettendo completamente in ginocchio il Paese. A maggio siamo arrivati a toccare anche i 23.000 infetti al giorno. Ovviamente questo ha isolato intere città, quartieri, villaggi, bloccato ogni tipo di lavoro e attività, comprese le parrocchie, pertanto tutte le funzioni e le attività pastorali hanno conosciuto uno stop.A giugno si è aperta la campagna vaccinale, ma c’era la disponibilità solo di qualche vaccino cinese e Astra Zeneca – di cui esiste un laboratorio di produzione in Thailandia ma ovviamente solo una parte rimaneva nel Paese, l’altra andava a coprire le necessità nel resto del mondo -. Poi sono arrivati degli aiuti dall’estero, che hanno fatto arrivare nel Paese milioni di dosi di Pfizer e la campagna vaccinale ha preso davvero la spinta: stiamo proseguendo molto bene e la seconda dose è stata somministrata già a più della metà della popolazione.Di fatto dal 1° di novembre lo Stato ha aperto le sue frontiere a 63 Paesi del mondo che contano un basso tasso epidemico. Le persone vaccinate con doppia dose provenienti da questi Stati non necessitano di quarantena: al loro arrivo effettuano un tampone, attendono quindi l’esito (che arriva in circa 24 ore) in una struttura alberghiera convenzionata e, se negativo, possono poi circolare liberamente nel Paese. Questo darà un forte impulso al turismo: la Thailandia è un Paese la cui economia si basa moltissimo sui flussi turistici e lo stop di quasi due anni ha fortemente condizionato ogni aspetto. Ne hanno risentito non solo le strutture ricettive, ma anche moltissime persone comuni che di turismo vivono – pensiamo agli artigiani, ai gestori di chioschetti che vendono “street food”, ai mercanti… -. Il Governo per qualche mese è riuscito a dare dei contributi e degli aiuti per il pagamento di bollette, ma la crisi è stata troppo lunga e grave, la gente ha veramente sofferto la fame e in questi ultimi due anni sono aumentati la prostituzione, lo spaccio di stupefacenti ed il tasso di suicidi. Si vedeva solo il buio, non si riusciva a vedere una luce.In questi giorni sono entrati già 5.000 turisti, vediamo se ci sarà finalmente una risalita: il Paese è pronto ad accogliere, in sicurezza, le persone e a ripartire con fiducia. Per noi il vaccino è la chiave per poter vivere.

Cosa si prospetta ora anche per il futuro della missione? C’è qualche nuovo progetto?È questo un momento di passaggio, poiché stiamo consegnando la parrocchia di Chae Hom alla diocesi di Chiang Mai e quindi dovremmo ricevere un altro luogo di missione, che andrà ad aggiungersi a quello di Lamphun.Continuiamo a Chae Hom con il progetto del Caffè Bruno (che punta alla produzione di caffè in maniera etica tanto per l’ambiente e per la materia prodotta, quanto per l’agricoltore che opera nella produzione; il ricavato della vendita inoltre va a beneficio dei bambini e ragazzi dei villaggi, sottoforma di borse di studio), all’interno del quale è stata realizzata la Fondazione “Laudato si’”, che raccoglie progetti che vadano anche a beneficio della Diocesi, per esempio con borse di studio destinate ai ragazzi.Stiamo provando ad incrementare il progetto del caffè anche con la produzione di riso nero, the e frutti del cacao, con il quale si stanno producendo i primi “esperimenti” di cioccolato.Tutti i progetti puntano alla salvaguardia e valorizzazione dell’ambiente e dei prodotti locali, il rispetto e la salvaguardia delle piante, delle metodologie di coltivazione e delle persone. È un progetto per i Thailandesi, perché si facciano strada puntando sulle loro forze, affinché – quando un giorno non saremo più lì -, possano proseguire “con le proprie gambe”, portando avanti in autonomia il progetto e disporre anche di una serenità economica.