Preval: 25 anni fa il via alla rinascita

Il tempo minacciava quella sera e la cinta collinare del Collio sloveno era segnata da un cielo scuro che non faceva presagire nulla di buono. Ma come scriveva il cronista del tempo, quasi all’ultimo momento la decisione dell’arcivescovo Bommarco fu irriducibile, si va tutti, comunque, al Preval. E il tempo tenne, e si visse una liturgia di lode unica in una comunione ritrovata con un incantevole scenario naturale che a 25 anni di distanza ritroviamo nel sapore, nell’Enciclica di Papa Francesco “Laudato sii”.Quella liturgia, segnata dalle lingue parlate dei popoli che lì da sempre si sono incontrati e da quella latina che li fa aspirare a una comunione dal più ampio orizzonte, si caratterizzò per le parole decise del Vescovo che svelarono le sue intenzioni e che lasciarono intuire la sua profonda devozione mariana.Così egli volle offrire alcune linee guida sulle quali costruire il futuro di quel luogo, un forte richiamo alla conversione personale e comunitaria e ancora lasciando alle spalle la storia recente segnata da un confine ideologico, un rinnovato desiderio di incontro, nelle diversità, alla sola luce del Vangelo.Un impegno questo non ancora realizzato e che bisogna sentire come vero. Restano però forti e attuali le parole che in occasione della consacrazione il poeta Celso Macor volle esprimere con una lirica impregnata di sentimento.”Restano negli echi della valle i canti dei pellegrini che attraversavano il Preval per andare a Montesanto ed alla chiesetta sostavano. Fede e mistero si raccontano negli occhi della Madonna che hanno raccolto il dolore e le speranze di donne e uomini per secoli, nei giorni di calamità ed in quelli di festa, nella comunanza della storia. Vi fu un momento cinquant’anni fa, in cui la stolta illusione della politica del mondo pretese di spezzare con un confine l’armonia della natura, il senso del tempo, la volontà del Creatore che nel suo progetto aveva chiamato popoli diversi a vivere insieme. Il confine fu presto cancellato dal vivere quotidiano, ma al chiesetta in abbandono accelerò il suo morire tra ortiche e muffe. Poi un giorno d’agosto di cinque anni fa una luce, un miracolo attraverso il cuore degli uomini che s’erano trovati a pregare come in antico. Quell’incontro si fece promessa. Le vecchie pietre di arenaria portate dalle colline e squadrate dagli antenati trovarono mani nuove a ricomporle dalle rovine; e travi e cementi congiunsero le vecchie geometrie. Nel cielo risalirono le campane, a chiamare. Papa Giovanni paolo II benedisse il nuovo giorno che faceva eco al suo mai spento grido di pace. E tornò dalla storia e dalla leggenda la Regina dei Popoli. Tornò a dare unità di sentimenti nella diversità delle lingue di una terra che va da Aquileia alle Alpi Giulie. Che i figli preghino insieme è gioia per la Madre ed è speranza per tutti.