Giulio: 21 mesi in attesa della verità

E dunque al Cairo, capitale d’Egitto, siede nuovamente l’ambasciatore italiano. Era stato ritirato per protesta contro la mancanza di collaborazione del governo egiziano nella ricerca di chi e perché abbia torturato fino alla morte Giulio Regeni. Era successo, tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio del 2016, in un Paese, l’Egitto, nel quale la sorveglianza sull’operato delle persone è strettissima come succede dove i regimi non apprezzano la vita democratica e trovano la libertà delle persone alquanto pericolosa. Giulio Regeni era lì per un complesso lavoro di studio che lo avrebbe portato al dottorato presso l’Università di Cambridge in Gran Bretagna. Era un giovane di 28 anni che aveva la sue radici qui, in mezzo a noi a Monfalcone e a Fiumicello, ma con esperienze e studi a livello internazionale. L’opinione pubblica rimase colpita, in quei primi giorni di febbraio, sia dalla ferocia degli assassini di Giulio che dalla composta dignità della sua famiglia, mamma Paola papà Claudio e sorella Irene.Nella palestra di Fiumicello il 12 febbraio 2016, durante la celebrazione religiosa, la commozione era nel cuore e sul volto di tutti così come era sentita e profondamente sincera la partecipazione delle centinaia di persone che hanno accompagnato Giulio al cimitero. Una domanda precisa era sulla bocca di tutti: perché e chi ha voluto e commesso questo orrendo crimine? Una domanda alla quale anche il governo italiano e la Procura della Repubblica di Roma dissero di volere una risposta. L’Egitto non collaborava e quindi l’otto aprile 2016 fu ritirato l’ambasciatore. Ritornerà al Cairo, fu detto e così avevamo capito, quando avremo la verità sulla morte di Giulio. Il tempo che segue è caratterizzato da un’altalena di promesse disattese, di speranze dimostratesi vane, di depistaggi e dietrologie, perfino infamanti, che lasciano il tempo che trovano senza contribuire alla ricerca della verità. E poi? Il Ministero degli Esteri del nostro Paese annuncia, alla vigilia di ferragosto di quest’anno, che l’ambasciatore deve tornare al Cairo, anche per facilitare la ricerca della verità. Ancora promesse. Ancora silenzi, mentre l’ambasciatore parla in Egitto di incremento di rapporti economici e di sostegno al turismo verso il Paese delle piramidi.Un segnale ancora peggiore, se possibile, è arrivato il 24 ottobre scorso da Parigi. Nella capitale del Paese che fonda la sua storia moderna su ’libertà, uguaglianza, fratellanza’, il presidente egiziano Abdel Fatah Al Sisi ha affermato che nel suo Paese non c’è tortura, non c’è violazione dei diritti umani, non ci sono prigionieri per motivi politici. Il presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato che non vuole dare lezioni di diritti umani ad altri Capi di Stato. Ambedue avevano in agenda rilevanti argomenti di carattere economico, anche la compravendita di armi. Intanto dall’Egitto non arriva alcuna notizia sulle indagini per la morte, in seguito a giorni di tortura, di Giulio Regeni, mentre gli egiziani, sta scritto sui loro giornali, leggono nei fatti che l’Italia ritiene chiuso il ’caso Regeni’. Ma, come ben ci ricordano i genitori, Giulio non è un caso, bensì una ’persona’ vilipesa e torturata nel totale disprezzo della sua dignità. In attesa di verità e giustizia. All’estero, in Italia e nella nostra Regione molte sono le manifestazioni di sconcerto per l’atteggiamento del nostro governo e sale la domanda di verità, mentre l’affetto e la stima abbracciano la famiglia di Giulio. Lo abbiamo visto anche in occasione della trasmissione televisiva di Fabio Fazio su Rai 1 del 15 ottobre scorso.  Dopo la decisione governativa di inviare nuovamente l’ambasciatore al Cairo, i genitori avevano chiesto una ’scorta mediatica’ per tenere alta la tensione alla ricerca della verità e proteggere la figura di Giulio da attacchi e offese alla sua storia, alla sua dignità, alla sua limpidezza.  Le adesioni all’iniziativa, presentata nella sede della Federazione Nazionale della Stampa Italiana con la collaborazione di Articolo21,  stanno arrivando ad Amnesty Italia che ne è stata promotrice. “Ricercare la Verità significa non solo “limitarsi” a trovare gli esecutori materiali dell’assassinio di Giulio (sarebbe già un primo passo…) ma andare oltre: comprendere chi, dove e perché ha deciso che andasse posta la parola fine – ed in quel modo! – alla vita del giovane ricercatore”; lo ha scritto lo scorso febbraio il direttore di questo settimanale Mauro Ungaro. Il tre novembre sono passati 21 mesi dal ritrovamento del corpo martoriato di Giulio Regeni e la richiesta di giustizia e verità continua a premere su governi e magistrature. Non si può permettere, a chi punta sul trascorrere del tempo, che si passi dalla promessa di verità al ricordo e dalle celebrazioni della memoria all’oblio, che allontana e sopisce ogni ricerca di verità.