“Fedeli ad un luogo, per servire la gente”

Mai come in queste circostanze si comprende la funzione vitale di un settimanale che trova il suo radicamento nel territorio. Dopo la terribile esperienza del ’97, a distanza di 19 anni, in questi giorni, il sisma è tornato a farsi sentire in questo angolo dell’Appennino. Di nuovo la nostra redazione de “L’Azione” ha subìto danni e lesioni, costringendoci a trovare un altro locale per proseguire la nostra attività editoriale. Il morale è sotto i tacchi, i nervi sono tesissimi, il coraggio non è al massimo, eppure sono i lettori i primi a sostenerci in questa missione. “Rappresentate un segno di speranza” ci hanno detto ed incoraggiato.Pur in versione ridotta abbiamo deciso di raggiungere la gente nelle case e nelle edicole. È qui che si tocca con mano il senso ed il valore di un lavoro quotidiano che intende raggiungere l’uomo, fare cultura ed incidere sul tessuto della società. In questo modo i nostri settimanali, dove nell’attenzione alle persone sta il nostro incardinamento locale, devono porsi come garanzia di libertà, di pluralismo informativo e di democrazia reale. Si nasce e si cresce per essere fedeli ad un luogo, ad una città, per servire la gente in un servizio concreto di aiuto nel vissuto.Ma dobbiamo saper leggere i segni dei tempi. Questa realtà di giornali ecclesiali di informazione generale (non informazione prettamente ecclesiale) vivono in modo forte questo allargamento di orizzonti, la globalizzazione dei mercati, l’estrema connessione. Ma nell’estensione dei confini c’è il ritorno desiderato all’identità locale. Allargando i confini si rischia l’anonimato, l’omologazione. Il recupero delle identità locali rimette al centro la persona, il suo protagonismo. Lo sviluppo tecnologico sta suggerendo in maniera netta alle testate di avere anche una versione digitale. La rete ora diventa il luogo, come accennava a “Testimoni digitali” Benedetto XVI di porsi come “il portico dei Gentili anche a coloro per i quali Dio è ancora sconosciuto”. E’ il nuovo areopago dove incontrarsi e confrontarsi. Web e carta stampata non si elidono, ma si integrano.La sfida è quella di trovare formule in grado di realizzare sinergie che valorizzano la ricchezza e la vivacità della vita dei territori, dando loro anche una visibilità nazionale che solo la rete oggi è in grado di garantire. Come ci ricorda il Papa dobbiamo essere capaci di “produrre un nuovo pensiero e di esprimere nuove energie a servizio di un vero umanesimo integrale”. La forza dei nostri periodici, tenterei dire il futuro, sta nel suo legame profondo, viscerale con il territorio. Questa è la vocazione, questa è la missione.Cosa significa oggi in un mondo segnato dalla mobilità parlare di missione? La comunicazione, che è relazione e riduzione di distanze nella sollecitudine per l’umano, deve essere sempre in uscita. Il che significa rompere continuamente i perimetri rassicuranti, compresi i muri che troppo spesso erigiamo per difenderci e non contaminarci: aprirsi per incontrare. Siamo tutti comunicatori in missione, auspicabilmente testimoni.Anche il nostro contributo alla formazione dell’opinione pubblica non deve essere quello di schierarsi da una parte o dall’altra, ma quello di rompere gli schemi precostituiti e le gabbie riduttive, per far emergere tutta la ricchezza dell’umano che è sempre sorprendente. Ciò che ci troviamo di fronte è un periodo impegnativo (e non ci sottraiamo al richiamo) in cui questi periodici sono chiamati a misurarsi con la crisi, facendo quadrare i bilanci (fondi per l’editoria sempre di mano, tariffe postali in aumento, mercato pubblicitario in default) e senza perdere nulla del proprio radicamento sul territorio.Una sfida che non ammette distrazioni e ritardi e chiede a questa significativa esperienza editoriale di cambiare pelle senza perdere il cuore che ha consentito in questi anni di rendere prossima alla gente una comunicazione fatta di cose e di valori che si identificano con la vita della Chiesa dentro un preciso contesto socio-culturale. Non si può credere che quello di oggi sia un punto di arrivo per noi. Sarebbe come appollaiarsi su un’ipotetica boa per guardare quante miglia sono state attraversate, per esprimere un giudizio sulla navigazione e soprattutto per chiedersi se il timoniere avrà ancora la forza e la volontà di riprendere la rotta. Alla fine è solo un problema di orizzonte.Perché, per dirla con Konrad Adenauer, è certamente vero che viviamo tutti sotto il medesimo cielo, ma è altrettanto sicuro che non tutti abbiamo lo stesso orizzonte. Ecco, le intuizioni, le idee, le prospettive ci devono spingere ad andare oltre qualsiasi orizzonte. Puntando sulla qualità del lavoro, sulla professionalità dei rapporti, sulla necessità della formazione, valorizzando i giovani e facendo spazio al nuovo. Si vive di sano intuito, di coraggiose scelte, di geniale fiuto. Perché la creatività, la brillantezza, la capacità d’intrapresa si alimentano in una storia di condivisione e di amicizia, non concependosi mai da soli, ma portando avanti questa storia con la certezza di avere al fianco il collega del Veneto e della Sicilia o della Toscana, in un dialogo continuo e costruttivo. Imparando a vedere e ad abbracciare il problema dell’altro come nostro.

*direttore de L’Azione di Fabriano-Matelica