Educazione, formazione, integrazione: a Gradisca si può!

Dal 2011, cioè da quando il Centro di Aggregazione è stato aperto grazie al Comune di Gradisca d’Isonzo, sono state fatte diverse attività ed eventi tra richiedenti asilo del CARA e cittadini gradiscani.Caritas Diocesana di Gorizia ha cercato in questi anni di rispondere alle esigenze di formazione linguistica, educazione, ma soprattutto di incontro tra gli ospiti della struttura governativa, che si sentivano “isolati” dalla comunità che li ospita, e i residenti della città. Ma anche il comune di Gradisca si è messo in gioco per rendere positiva la permanenza degli ospiti del CARA sul suo territorio, sensibilizzando i suoi cittadini, ma anche i richiedenti asilo, in particolare con eventi culturali (Puliamo il mondo con Legambiente, ColOURs-riqualifica di alcune zone pubbliche..).Il tempo delle persone richiedenti asilo, ospiti del CARA di Gradisca, è un tempo sospeso, un tempo dell’attesa. Un tempo per le piccole attese: per entrare e per uscire dalla struttura, per mangiare, per il pocket money; è un tempo delle grandi attese: per avere i documenti, per il colloquio con la Commissione che decide del tuo futuro, per sapere la destinazione dei progetti SPRAR.È anche per dare significato a questo tempo e per incrementare le conoscenze, le relazioni e le esperienze in questa precarietà permanente, per iniziare a pensare al futuro e a come costruirlo, che il Centro di Aggregazione della Caritas Diocesana di Gorizia, ha spalancato le porte della sua sede di via Udine e si è aperto a diverse iniziative e nuovi spazi e attività.Quindi non solo i corsi di lingua italiana, strumento indispensabile per comunicare e primo simbolico traguardo per iniziare a mettere radici nella cultura e nella vita del paese ospitante, non solo gli incontri settimanali in biblioteca per “Conversescion” per parlare italiano-inglese “senza paura di sbagliare”, ma anche contatti e visite nei luoghi più significativi della città che ospita i ragazzi e i giovani migranti.Luoghi che testimoniano e raccontano gli esempi più belli del nostro modo di vivere e della nostra cultura, perché la cultura e l’educazione possono essere le chiavi per la conoscenza e l’incontro.Grazie alla grande disponibilità, la collaborazione e la grande sensibilità di alcuni insegnanti della scuola ecco aperte anche le porte all’istituto Brignoli di Gradisca con l’obiettivo di andare a scuola di normalità, di ricchezza e di bellezza. Normalità perché quello che può essere quotidiano e normale per i nostri ragazzi, come l’andare a scuola ogni giorno, può essere in altri Paesi difficile e pericoloso; ricchezza perché la scuola produce la ricchezza della cultura, del sapere, dello studio e bellezza che la scuola offre con il bel edificio, il grande parco, le serre, gli orti e i frutteti.Sono stati realizzati tre incontri, tra marzo e aprile con docenti e studenti.In un primo momento i ragazzi del Cara sono stati accolti da una classe seconda che si è presentata e raccontata e che ha conosciuto il gruppo di richiedenti asilo anche attraverso domande dirette sulle loro storie e le loro vicende.Gli stessi studenti hanno preparato  per loro una glossario di termini specifici sia in italiano che in inglese per aiutare a comprendere meglio la struttura del piano di studi e le varie specializzazioni.Il primo incontro si è svolto per conoscere la sede dell’istituto e la sua storia travagliata, da orfanotrofio a ospedale, a scuola, il secondo per conoscere le attività e i laboratori, la produzione di miele, di vino e di piante e l’ultima che prevedeva le analisi chimiche di diverse produzioni dell’istituto.I ragazzi del CARA sono stati molto felici di poter visitare l’istituto, di aver avuto come guida gli studenti della scuola e le insegnanti che hanno illustrato le varie attività che si svolgono nei diversi laboratori, nella cantina, nelle serre e nei campi.Per molti giovani studenti dell’istituto  questa è stata l’occasione per un primo avvicinamento a quelle persone che tante volte incrociano a Gradisca, persone che appaiono quasi invisibili e inavvicinabili tra le  strade del centro e le panchine del parco. Ora, forse, queste persone hanno un nome, un viso, una storia.Una delle tante foto scattate per documentare i tre incontri racconta con leggerezza e delicatezza di uno scambio tra due ragazzi.All’interno del laboratorio di chimica, prima di iniziare il lavoro, uno studente aggiusta il colletto del camice ad un ragazzo africano. Il ragazzo si chiama Ibrahim, ha attraversato molti Paesi africani, ha percorso il Mediterraneo, è sbarcato in Sicilia e poi è arrivato al centro governativo di Gradisca e qui, in una scuola, in una mattina di aprile, in un laboratorio di chimica ha ricevuto un gesto da un ragazzo italiano. Un grande gesto di attenzione e di affetto.