Tempo di Avvento, tempo di attesa

Tra questi due momenti, di inizio e di compimento, c’è l’oggi, questo tempo storico, questa società sempre più tecnologica, caratterizzata da una fretta di vivere che fa rotolare via i giorni, togliendo spazio allo spirito, ai sentimenti, all’ascolto, al bisogno dell’uomo di uscire da una routine che lo soffoca e gli impedisce di aprirsi un varco per andare oltre, finalmente libero dalle sue ansie profonde e realizzato nella sua essenza. In questo oggi, la Chiesa lancia il suo grido di amore agli uomini tutti, quasi un grido di battaglia: “Vigilate, vegliate!”, perché ognuno senta il cuore balzargli nel petto e decida di uscire da tutto ciò che lo paralizza  -incertezza, paura, apatia -, per imbarcarsi in un misterioso viaggio verso una meta cui protendere, in un’attesa alimentata, continuamente, dalla speranza di poterla raggiungere.L’attesa è la trama stessa della vita afferma F. Debuyst. Essa la sottende di forza e di debolezza. Impaziente e placida, l’attesa accompagna la vita in tutte le sue ricerche, in tutti i suoi incontri. L’attesa è, in qualche modo, completamente noi stessi, con le nostre qualità e i nostri difetti, con le nostre certezze e i nostri interrogativi, i nostri bisogni e i nostri desideri.Attendere è, quindi, un’attitudine dell’uomo: è muoversi, protendersi verso un chi o un qualcosa che ha a che fare con la sua vita, i suoi sogni e le sue speranze; è essere disposti a camminare, a stare in tensione, protesi verso una meta che vediamo in lontananza, più o meno chiara, ma per la quale vale la pena di spendere la vita. Maria è sicuramente l’icona dell’attendere, il modello cui guardare perché quest’evento, che riassumiamo col termine Natale, acquisti il suo vero senso, coinvolga la nostra vita e la nostra storia personale, ma anche quella del nostro tempo, sfiduciato, disilluso, incapace di sognare e di aspettare.Maria si è esercitata nell’arte dell’attesa fin dall’infanzia, fin da quando Gioacchino e Anna, suoi genitori, le parlavano del Messia, che doveva venire e che, nella lunga veglia notturna di ogni Pasqua, ella sperava sempre di veder entrare dalla porta lasciata aperta e prendere posto nella sedia vuota lasciata per Lui, intorno a quella mensa, nella quale tutto parlava di un incredibile passaggio, quello del mar Rosso, dalla schiavitù dell’Egitto alla libertà della Terra Promessa.Quest’attesa, incredibilmente, la vede e la sente realizzarsi in lei: è confusa, stupita, stenta a credere di essere stata prescelta da Dio, per un progetto più grande di lei, ma non ha dubbi e pronuncia quel “sì” che ha steso un ponte fra la terra e il cielo e ha cambiato la storia.Maria, donna dell’attesa, sia lampada ai nostri passi in questo tempo di preparazione al Natale, in questo periodo d’Avvento, che è tempo di gestazione alla nascita che vogliamo si realizzi in noi: allestiamo la nostra mangiatoia, ornandola di atti di gentilezza, di parole d’amore, di gesti di apertura a tutti e di accoglienza per tutti; togliamo le ragnatele delle critiche, dei pregiudizi, degli atteggiamenti negativi e dei cattivi pensieri. Concludo con alcuni pensieri che ci ha lasciato don Tonino Bello: “Attendere: infinito del verbo amare. Anzi, nel vocabolario di Maria, amare all’infinito. Santa Maria, Vergine dell’attesa, se oggi non sappiamo attendere più, è perché siamo a corto di speranza. Santa Maria, Vergine dell’attesa, donaci un’anima vigiliare, facci capire che non basta accogliere: bisogna attendere. Accogliere talvolta è segno di rassegnazione. Attendere è sempre segno di speranza. Rendici, perciò, ministri dell’attesa. E il Signore che viene, Vergine dell’avvento, ci sorprenda, anche per la tua materna complicità, con la lampada in mano”.