Eaton e dintorni

Fenomeno anomalo  nel panorama dell’industria in crisi: Eaton Est, azienda in salute – Produzione a pieno regime – La direzione intende effettuare investimenti per mantenere la competitività”. E’ il titolo di un servizio del quotidiano locale “Il Piccolo” del 29 settembre 1984. La Eaton Est aveva in quel momento 250 dipendenti. Il prossimo primo aprile la fabbrica monfalconese, di proprietà di una multinazionale statunitense, chiuderà definitivamente lasciando a casa gli ultimi 157 dipendenti.C’è da riflettere su questa parabola, in più direzioni: dal dilagare di un capitalismo multinazionale che apre, chiude, sposta aziende in base all’unico criterio del maggior profitto dei proprietari, al contesto sociale e politico che appare sempre meno reattivo a situazioni di questo tipo. Non parliamo delle semplici prese di posizione di solidarietà nei confronti dei dipendenti, atto dovuto come si usa dire, ma della capacità di reagire con indirizzi e fatti di politica industriale e sociale che, se non impediscono tali iniziative “padronali”, quanto meno prospettano altre soluzioni con programmi di lungo periodo. Il titolo de Il Piccolo del 29 settembre 1984 diceva del ’panorama dell’industria in crisi’ ed in effetti erano gli anni in cui il cantiere navale era senza commesse e “vicino alla paralisi”;  i nomi delle altre più significative fabbriche in crisi erano Detroit, Laminati Lisert, Ansaldo, Acciaierie Alto Adriatico. Dietro agli striscioni con i nomi di queste aziende le strade di Monfalcone si riempivano di lavoratori e cittadini in cortei che portavano a dibattiti nei consigli comunali del Mandamento, al coinvolgimento, ’mettendoci la faccia’, dei parlamentari e dei consiglieri regionali eletti nell’isontino. Le sezioni dei partiti, allora vivaci e presenti, raccoglievano l’umore dei cittadini e lo portavano fino ai vertici. L’abitudine al confronto democratico, anche difficile e talvolta aspro, consentiva a tutta la comunità di conoscere e dare un proprio contributo all’evolversi della situazione. In poco più di trent’anni il panorama è proprio cambiato. La Eaton chiude in un quasi silenzio e in una sorta di rassegnazione alle logiche del mondo globalizzato in nome del profitto, di pochi si intende.

Certo, si sentono le voci preoccupate dei sindacati sempre più in difficoltà, si leggono le dichiarazioni di sindaci altrettanto preoccupati e che chiedono alle aziende che hanno lavoro di assorbire chi ne rimane senza, le Agenzie regionali cercano di facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Molti cittadini guardano a questa chiusura senza alzare la voce; non si sa mai che poi la stessa cosa possa capitare ad altre aziende dove loro stessi o loro familiari trovano ancora la fonte del reddito per andare avanti. Insomma c’è una specie di strana rassegnazione quasi in attesa che qualcuno dall’alto tiri fuori la bacchetta magica e risolva i problemi. Ognuno tende a chiudersi nel proprio piccolo così come, più in grande, si cercano certezze in chiusure e confini, quasi che vivendo in un recinto fossimo al sicuro dalle conseguenze di problemi che confini non hanno. E’ il momento di fare un forte esame di coscienza collettivo: la politica può ridursi alla diatriba di carattere personale e purtroppo anche poco elegante ed educata, per non dire altro? La democrazia può ridursi a delega in bianco agli eletti? Questi stessi possono agire quasi fossero unici depositari della verità senza promuovere reale confronto tra i cittadini sulle scelte da fare? Il confronto e la consultazione possono essere lasciati agli algoritmi dei social media che altri predispongono e possono manipolare? Guardiamo a quello che si scrive e si vede sugli strumenti di informazione sia in sede locale che nazionale: c’è qualcuno che ci coinvolga in dibattiti che non siano su questa o quella persona, da esaltare o da distruggere? Quanti sono ad offrire elementi e dati per potersi fare un’idea della situazione reale in cui ci si trova? Il panorama non è dei migliori, ma chi ha buona volontà sa che si può sempre ripartire, riprendere un cammino con consapevolezza e coscienza. Ci vuole anche un po’ di sana umiltà che consenta un dialogo reale.Questo nostro settimanale è espressione di una comunità di credenti e si mette quindi dalla parte di chi ha speranza, di chi vuole dare un contributo concreto ad una convivenza che consenta di rispettare la dignità di ogni persona. Non guardiamo al passato per dire che bisogna ritornare lì, ma per spingere noi stessi a trovare nuove e migliori strade per il futuro. Anche la disgraziata chiusura di una fabbrica come la Eaton può diventare motivo per una svolta, segno della necessità di un risveglio delle nostre coscienze e del nostro impegno.