E dopo MSF?

Nei giorni scorsi l’amministrazione comunale del capoluogo provinciale ha concesso, infatti, all’Arcidiocesi l’autorizzazione edilizia a titolo precario per un adeguamento strutturale degli spazi del “San Giuseppe”: questo permetterà la stipula di una convenzione fra la Prefettura ed un nuovo ente gestore offrendo una “copertura istituzionale” anche ai richiedenti asilo ospitati nei container sistemati nel cortile dell’exasilo (ed i costi della cui accoglienza sino ad oggi – vale la pena ricordarlo! – sono gravati interamente su Medici senza frontiere e sulla Caritas diocesana…).Dal cancello di via Grabizio sono transitati in questi sei mesi circa 600 persone. 600 uomini apparentemente diversi per il colore della pelle, per la lingua parlata, per la religione professata ma con impresse negli occhi le stesse tragiche immagini viste durante interminabili vie crucis: vie del dolore attraversando i deserti africani, le montagne irachene o pakistane, ed il Mediterraneo in cui ogni stazione è stata segnata dal pianto e dalla disperazione.Dinanzi al fallimento di un’ “accoglienza diffusa” sul territorio provinciale tanto sbandierata dalla politica a parole quanto inconcludente nei fatti, l’intervento di MSF ha permesso di sbloccare una situazione di stallo della cui soluzione nessuno degli organismi istituzionali competenti per legge sembrava potere (o volere…) assumersi l’onere. In troppi, nella tarda estate e nel primo autunno di un anno fa, hanno girato la testa dall’altra parte rifiutandosi di prendere atto che il Goriziano rappresentava necessariamente un punto di riferimento obbligato per tanti richiedenti asilo in quanto sede di una delle Commissioni italiane per il riconoscimento della protezione internazionale.L’impegno di MSF ha certamente permesso di smantellare i bivacchi improvvisati allestiti nei parchi cittadini e sulle rive dell’Isonzo, offrendo un tetto e condizioni di vita accettabili a chi ha fatto di Gorizia una tappa nel proprio pellegrinaggio di speranza verso un futuro migliore. Ha, però, anche tolto visibilità al fenomeno migratorio dando l’illusione che esso non toccasse più la provincia isontina.Ciò che non si vede non infastidisce e pare che non ci riguardi direttamente.E questo ha avuto conseguenze anche sulle nostre comunità cristiane ancora spesso incapaci di un salto deciso di qualità nella cultura dell’accoglienza che vada al di là del pur importante – ma non risolutivo – sostegno economico.Demandare per intero la “questione immigrazione” alle istituzioni statali o alla Caritas diocesana significa non rendersi conto che ad assumersene la responsabilità è chiamato innanzitutto ogni singolo credente ed ognuna delle nostre comunità. “Alla radice del Vangelo della misericordia – ha ricordato papa Francesco nel messaggio per la Giornata del Migrante e del Rifugiato 2016 – l’incontro e l’accoglienza dell’altro si intrecciano con l’incontro e l’accoglienza di Dio: accogliere l’altro è accogliere Dio in persona!”.La partenza di MSF offre la possibilità di un nuovo impegno per le nostre parrocchie, le nostre associazioni ecclesiali: perché non leggerlo come una “grazia” che ci viene offerta durante questo Anno Santo dedicato alla Misericordia? Non approfittarne sarebbe veramente un peccato!