50 anni dopo: valutare e lavorare insieme

Quest’anno ha un’importanza particolare per la diocesi di Gorizia perché nel 1968, cioè 50 anni fa, venne Raoul Follerau, l’apostolo dei lebbrosi, che tenne degli incontri a Monfalcone e a Gorizia: i suoi interventi scossero la coscienza di tanti sacerdoti e laici della nostra diocesi. L’Arcivescovo, mons. Pietro Cocolin, colse quest’opportunità che lo Spirito aveva suscitato: a partire da questi interventi di Raoul Follerau nacque una riflessione che portò poi alla decisione di impegnarsi direttamente in Costa d’Avorio. Iniziò con la costruzione delle case per i lebbrosi a Manikro, quindi nel 1973 si aprì la prima missione a Kossou, quindi la seconda a Nimbo nel 1975. Questo slancio missionario ha portato alla realizzazione di tanti progetti in vari paesi, dall’Africa alla Romania, dall’America Latina all’Asia.Questo è stato certo caratterizzato dalle tante disponibilità di laici, religiose e sacerdoti che sono partiti per terre spesso lontane per l’opera di evangelizzazione e promozione umana.Un punto di forza è stato senza dubbio una capillare opera di informazione e di sensibilizzazione, con il coinvolgimento di parrocchie, gruppi, associazioni e tante altre realtà.Oggi la diocesi di Gorizia, tramite il Centro Missionario Diocesano, continua la sua opera di sensibilizzazione a partire da quanto le giovani Chiese sorelle dicono e in base ai progetti con loro concordati; e continua a sostenere gli impegni assunti con lo stesso spirito degli inizi.Molto è stato fatto e ringraziamo Dio per questo e molto resta ancora da fare. Certi progetti come la chiesa di Morofé o la scuola di Belleville sono da completare, altri sono stati solo abbozzati come la canonica di Djébonoua.Una cosa non l’abbiamo ancora fatta: una serena valutazione complessiva dell’esperienza fatta.E come 50 anni fa, a partire dalla testimonianza di Raoul Follerau, la diocesi di Gorizia fece una riflessione che aprì una pagina importantissima della sua storia, così oggi è necessario che si valuti serenamente quell’esperienza fatta, con tutti i suoi aspetti postivi e problematici, per ripensare con sapienza ed entusiasmo l’azione futura che ci coinvolga tutti. Se l’Africa, l’Asia e il mondo non sono più quelli di una volta, nemmeno noi lo siamo.Lo spirito di collaborazione con le Chiese che ha fatto nascere il Centro Missionario deve rimanere e svilupparsi ancora di più nel rispetto però dei cambiamenti sociali ed ecclesiali. Se non vogliamo distruggere la dimensione missionaria dobbiamo tutti mantenere e consolidare un atteggiamento costruttivo che guardi al passato non per nostalgia ma per trarne quella linea che ci aiuti ad agire efficacemente nella realtà di oggi per un mondo futuro migliore. Costruire è laborioso, ma stimolante ed entusiasmante perché lavoriamo per il Regno. Per costruire serve collaborazione, fiducia, impegno, stima del lavoro altrui, concretezza, dialogo franco e diretto con chi lavora, desiderio di conoscere, apertura e disponibilità. La missione è per la Chiesa la cartina tornasole della sua vitalità, senza missione la Chiesa è sterile: in questa Quaresima senza lasciarci vincere dalle tentazioni, operiamo attivamente e insieme per conoscere e sostenere quel patrimonio comune che è l’attività missionaria della nostra diocesi.