La Sindone: richiamo alla Resurrezione del Signore

Sarà il segno pasquale per la comunità di Mossa, una copia dell’originale della Sacra Sindone, proveniente da Torino, sarà esposta sopra l’altar Maggiore della chiesa parrocchiale di san Andrea apostolo. La Sindone di Torino, che con il Santo sepolcro di Gerusalemme è uno dei segni eloquenti della Risurrezione del Signore, richiama lo specifico della fede cristiana, la verità della vita eterna.La Sindone, il telo di sepoltura nel quale, secondo la tradizione, è stato avvolto il corpo di Gesù, (non particolarmente comune nelle consuetudini mortuarie degli ebrei e di altri popoli antichi) è in lino, intessuto in un unico pezzo, a lisca di pesce, lungo 4,41 metri e largo 1,13 metri. Porta evidenti i segni delle bruciature causate dall’incendio scoppiato durante la notte, fra il 3-4 dicembre 1532, nella cappella del castello di Chambery dove la Sindone era conservata in uno scrigno argentato. Vi si vede sopra la doppia immagine, frontale e dorsale, di un corpo umano che è stato torturato, con ferite visibili sul polso sinistro, sui piedi e sul lato destro del costato, coincidenti con i racconti evangelici. L’impronta del corpo umano, in dimensioni reali, adagiato su una metà del lino, con l’altra metà del telo ripiegato sopra la testa fino ai piedi, crea due immagini testa a testa, una frontale e una dorsale. I primi documenti che parlano della Sindone, sono le descrizioni della sepoltura di Gesù contenute nei vangeli: “Giuseppe [di Arimatea], prese il corpo [di Gesù], lo avvolse in un lenzuolo pulito e lo depose nel suo sepolcro nuovo, che si era fatto scavare nella roccia” (Mt 27,59-60a). La domenica mattina, quando Pietro e Giovanni, avvisati dalle donne, giungono al sepolcro, non vi trovano più il corpo di Gesù che è risorto, ma trovano solo la Sindone e gli altri teli sepolcrali: “Pietro […] entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo […] e vide e credette” (Gv 20,6-8). Cosa accadde successivamente non è possibile saperlo con precisione.Esistono, però, molte testimonianze che raccontano che, già nei primissimi secoli dopo la resurrezione di Gesù ,i suoi teli funebri, compresa la Sindone, erano gelosamente conservati e venerati dai cristiani.Nel V-VI secolo si possono leggere testi che affermano che, nella città di Edessa (oggi Urfa, in Turchia sul confine con la Siria), era conservato un ritratto di Gesù (chiamato con la parola greca Mandylion ,che significa “asciugamano”) “non fatto da mano umana”, impresso su una tela. Secondo una leggenda era stato inviato al re di Edessa, Abgar, da Gesù stesso che vi aveva impresso, miracolosamente, il suo volto. Alcuni studiosi ritengono che possa trattarsi proprio della Sindone, conservata oggi a Torino, che a quei tempi veniva esposta al pubblico ripiegata in otto parti, in modo da mostrare solo il volto e nascondere il resto del corpo. Tra le affermazioni degli ultimi pontefici si ricordano quella di San Giovanni Paolo II: “La Reliquia più splendida della Passione” e “La testimone silenziosa della Risurrezione” e di Papa Francesco: “La Sindone icona dell’amore di Dio”. E di Papa Paolo VI: “Io guardo quel volto e tutte le volte che lo guardo il cuore mi dice: È Lui. E’ il Signore”. Il segno pasquale della Sindone nella chiesa di Mossa sarà arricchito da banner che ne illustrano storia e interventi magisteriali degli ultimi pontefici.