Da periferia esistenziale a centro vitale di memoria, fede e prossimità

In occasione della Giornata del Malato dello scorso 11 febbraio la Caritas territoriale di Cormòns ha proposto la recita del Santo Rosario nei giorni di venerdì 10 febbraio nella Cjase, Casa Albergo di Cormòns, e venerdì 11 febbraio nella Santa Messa prefestiva in San Leopoldo. È stata un’occasione per meditare sul mistero dell’Incarnazione di Cristo che ha scelto di farsi prossimo ad ogni uomo nella sua fragilità; così la preghiera è diventato il momento per riflettere sulla condizione dell’ammalato e dell’anziano, ma anche su chi è accanto a chi soffre pensando ai familiari, parenti, operatori sanitari e volontari. La Caritas territoriale di Cormòns ha proposto la recita del Rosario meditato sulla fragilità, e in particolare sulla sofferenza, perché una dozzina di suoi volontari è impegnata a svolgere un servizio di prossimità con gli ospiti della Cjase (Casa Albergo per anziani) e della RSA che si trovano presso la struttura dell’ex Ospedale di viale Venezia Giulia a Cormòns. La redazione Web&Voce di Cormòns ha voluto intervistare alcuni dei volontari della Caritas cormonese che prestano servizio nella Cjase e nella RSA.

Potete descrivere il vostro impegno a fianco degli ospiti della Cjase e della RSA cormonese?Da molti anni presso la cappella al IV piano della residenza per anziani “La Cjase” un gruppo di volontari garantisce l’animazione della Santa Messa ogni venerdì alle ore 16.00, preceduta dalla recita del Santo Rosario. I volontari si prendono cura della Cappella, del trasporto degli anziani ed ammalati, di affiancare il sacerdote nella distribuzione della Comunione (anche nel reparto RSA), ma anche offrono amicizia e vicinanza agli ospiti della Cjase e ai pazienti della RSA.Da questa prima e fondamentale attività si è sviluppata, nel corso degli anni, una rete di altre iniziative volte a garantire alle persone residenti nella Casa albergo o ai ricoverati nel reparto RSA, un servizio di assistenza spirituale che è un diritto della persona (tanto quanto ad esempio una corretta alimentazione, una giusta igiene, l’assistenza sanitaria). Sono molte le persone residenti presso la Cjase che hanno vissuto una ricca vita di fede “nascosta” tra le pieghe di una quotidianità fatta di cose semplici: l’essere madre, padre, contadina, operaio, impiegata, e che è giusto continuare a coltivare e magari anche approfondire oppure persone che si sono allontanate dalla Chiesa, dal loro rapporto con Dio ma che nel tempo della malattia o nei ritmi più lenti dettati dall’età sentono emergere la necessità di riconciliarsi con Dio e con gli altri, o di dare un senso al vuoto interiore. A queste necessità spirituali si cerca di farsi prossimi, nei limiti delle possibilità. Lo si cerca di fare individualmente offrendo, ad esempio, la possibilità di incontrare un sacerdote nei tempi forti dell’anno quali l’Avvento e la Quaresima per il sacramento della riconciliazione, per un colloquio o una benedizione; oppure incontrando una suora (suor Luigia delle Pastorelle e suor Antonella delle Suore della Provvidenza sono costantemente presenti) o di dialogare con qualcuno dei volontari. Oltre alla Santa Messa settimanale, ogni anno in Cappella si celebra la Liturgia delle Ceneri al termine della quali i sacerdoti impartiscono le Sacre Ceneri anche a tutti gli anziani o ammalati allettati che desiderano riceverle. Nel tempo quaresimale si recita la Via Crucis per sentirsi pienamente parte dei “ritmi” della Chiesa. Periodicamente, inoltre, viene celebrato comunitariamente il Sacramento dell’Unzione degli Infermi (o su richiesta personale).Per mantenere vivi i legami con la comunità parrocchiale vengono offerti anche i doni distribuiti in comunità: a Natale l’immagine con gli auguri dei sacerdoti, nella domenica delle Palme l’ulivo benedetto, per la Santa Pasqua il pane benedetto e in occasione di Santa Rita le rose benedette coltivate nei giardini cormonesi. Lo scorso settembre alcuni anziani – grazie all’aiuto di volontari accompagnatori – sono usciti dalla struttura per partecipare alla Festa della Madonna del Rosario nella Chiesa di san Leopoldo ed alla processione per le vie cittadine unendosi a tutta la comunità; oltre che un momento ricco per la vita spirituale è stato per tutti anche un momento di socializzazione e di partecipazione alla vita comunitaria che speriamo di poter ripetere. La vicinanza agli ammalati si fa viva anche il martedì dalle 15.30 alle 17.30 nel reparto RSA dove alcuni volontari si recano in visita alle persone ricoverate per conoscersi, offrire un momento di condivisione, un sorriso, un augurio di buona guarigione.Ricordiamo inoltre che alcuni componenti della Caritas Parrocchiale sono presenti anche nelle varie attività di animazione proposte in Casa di Riposo, quali la tombola, le feste di compleanno, la lettura dei giornali…

Nel vostro servizio la relazione svolge un ruolo fondamentale?La relazione è la cosa principale, perché non essendo operatori sanitari, quello che offriamo è proprio la relazione. Nella relazione il punto di partenza è l’ascolto, così come Dio ha fatto con il suo popolo in Egitto e come ha chiesto a noi dicendo “Ascolta Israele…”. L’incontro con loro diventa stimolo per incontrare Cristo nei nostri fratelli in modo concreto nelle persone che vivono allettate o su una carrozzina. Con alcune persone in particolare, dopo aver condiviso la Mensa della Parola e del Pane, si crea un legame di amicizia e fratellanza e in questo modo l’ascolto della Parola diventa ascolto di parole e il Pane condiviso diviene condivisione di vite e storie.Quando abbiamo iniziato il nostro servizio ci sembrava che dovessimo essere noi a portare loro aiuto e affetto, ma ci siamo accorti che l’incontro con loro diventava incrocio di vite, storie vissute in tempi diversi testimoni di una umanità fatta di fede e impegno quotidiano di vita. Non siamo noi a incontrare la loro fragilità, ma i nostri incontri diventano scambio reciproco di fragilità e forza. Vedere la loro dignità con cui passano attraverso l’esperienza della sofferenza è per noi insegnamento di vita. Noi che crediamo di essere autonomi, forti e portatori di aiuto restiamo spesso disarmati di fronte alla loro fortezza e ne attingiamo per superare le nostre debolezze e sofferenze.

Quale attenzioni avete per curare la relazione con loro?Il nostro stile è quello di farci prossimi, non siamo perfetti, ma persone comuni come loro. Ci accorgiamo che un semplice saluto, che per noi può essere una cosa banale, per gli ospiti diventa un modo per essere riconosciuti come persone e non soltanto dei “pazienti”.  Nel momento in cui offriamo l’Eucarestia o preghiamo con loro ci inginocchiamo nel nostro cuore davanti a Gesù e alle nostre vite che sono suo dono. Abbiamo notato che è importante iniziare la preghiera e aspettare i loro tempi di orazione. E’ molto bello vedere la loro contentezza quando riescono a ricordare le preghiere per intero e recitarle coralmente ad alta voce. L’ascolto della loro testimonianza di vita è per noi un’eredità da cui attingere. Conservare la memoria delle persone che prima di noi hanno costruito la comunità ci aiuta ad essere umili. In altre parole ci permette di capire che noi siamo un tassello di una storia che è iniziata prima di noi e continuerà dopo di noi. Se facciamo spazio nel cuore le loro storie di vita si amalgamano con le nostre e diventano per noi insegnamento di vita.Luoghi come la Cjase e la RSA che sono considerate una delle nuove periferie esistenziali, perché spesso sono anche luoghi in cui si incontra la solitudine, l’abbandono, l’aridità interiore e la sofferenza, possono diventare i nuovi centri vitali per la nostra società liquida ed individualistica, perché sono un forziere di memoria, di fede e di prossimità.

Quando le persone sono dimesse dalla RSA voi le perdete di vista?Gli incontri vissuti tra i pazienti della RSA sono inizio di una relazione di amicizia e fratellanza che in alcuni casi, nel limite della nostra possibilità, continua nelle loro dimore anche quando le persone sono dimesse. Alcune di loro, residenti nella nostra unità pastorale hanno chiesto di poter continuare a ricevere regolarmente l’Eucaristia. Così grazie al servizio dei Ministri Straordinari dell’Eucaristia si è potuto venire incontro al loro desiderio portando L’Eucaristia nelle loro case.

Nel vostro servizio di volontariato avete un contatto continuo con l’esperienza della morte. Qual è il vostro stile?Là dove sia possibile, si cerca di farsi prossimi “fino in fondo”. I casi di solitudine “estrema” esistono, e le nostre società di benessere (ormai chiaramente relativo) non sempre riescono a garantire gli affetti soprattutto nei momenti più delicati della nostra vita, per questo – come volontari –  cerchiamo di spalancare le orecchie e aguzzare la vista (soprattutto quella del cuore), e di camminare a passi lievi per accompagnare fin sulla soglia della Casa del Padre chi in quel momento si trova a percorrere da solo quel tratto di Strada.