Visco: testimonianza della battaglia combattutata nel 1848

Essere sul confine: difficile per qualsiasi comunità: vantaggi dello scambio, dell’arricchimento, egrandi rischi. Vale per città ed entità minime come Visco. Solo qualche esempio di rischi e vantaggi: al tempo della Guerra di Gradisca (1615-1617), il paese sfiorò la demolizione da parte dei Veneti, in lotta con gli Austriaci. Salvata dagli Strassoldo: in esso avevano non pochi beni! Nel Settecento, la sua posizione consentì la sede decanale, al tempo della nascita della archidiocesi di Gorizia; sullo scorcio dell’epoca, accolse sacerdoti profughi dalla Francia agitata dalla rivoluzione, e fu attraversato da un andirivieni di truppe Francesi e Austriache, che spolparono gente e territorio. Il confine interno all’Impero, fra Regno Illirico e Lombardo-Veneto (dopo il Congresso di Vienna, 1815) e il successivo stabilirsi del confine fra Italia e Austria (1866), portò un certo benessere dai traffici legali e non (contrabbando).In mezzo, la fondazione delle scuole di base 1842 e la tremenda botta del 1848.I moti risorgimentali, che lasciarono immobile la gente della Contea di Gorizia e Gradisca, provocarono nuovi movimenti di truppe e la battaglia, chiamata proprio “Battaglia di Visco” (17 aprile).Il 1848 interrompe l’espansione delle scuole soprattutto nei paesi, frena l’evoluzione di una nuova mentalità che si fa strada tra mille ostacoli; colpisce ancora la già precaria condizione della istruzione femminile; spaventa il movimento di ascesa della povera gente, immersa di nuovo nel tentacolare ambiente della presenza militare. Numerosi giovani vengono arruolati nella Landwehr, la guardia territoriale, con immaginabili conseguenze per il lavoro dei campi.Nella sola Gorizia transitano 75.000 uomini e 10.000 cavalli; nel 1850 i soldati saranno 120.000. Il blocco di Palmanova si protrae dall’aprile alla fine di giugno, interessando tutta la fascia tra Illirico e Lombardo – Veneto con notevole profondità.Della “Battaglia di Visco” ci sono numerose testimonianze, perfino visive. Una, “protagonista” in alcune mostre, è opera Ippolito Caffi (Belluno 1809 – Lissa 1866), un momento della battaglia così vivido, capace di “rappresentare superbamente gli eventi tumultuosi di quei giorni” (Camillo Tonini).Uomo portato all’avventura e animato da un forte spirito risorgimentale, Ippolito Caffi: curiosità non provinciali; vita rischiosa e aperta, tradotta in  “un nucleo pittorico di oltre 150 opere che la vedova di Caffi, Virginia Missana, ha donato nel 1889 insieme ad altrettanti disegni sciolti e a ventitré album” alla città di Venezia.Tra le “vicende risorgimentali vissute in prima persona…in mostra al Museo Correr di Venezia”, quadri “tra folle entusiastiche, fiamme e bagliori”, spicca il quadro dipinto da schizzi che il pittore trasse nei meandri della battaglia vissuta in diverse parti, a Visco. Un intera giornata di lotta, con il cuore nella piazza allora orlata da caseforti, attraversata dalla roggia Mlaka, con un ponte barricata.Poi la rotta su pressione delle truppe del feldmaresciallo Nugent, e la prosecuzione per Jalmicco. Visco fu bruciata per i 4/5; Jalmicco intieramente. Caffi, catturato, scampò l’impiccagione per miracolo, ma iniziò una via crucis per i paesi; picchiato e maltrattato da popolo e nobili, toccando il vertice di offese e sofferenze a Gorizia, dove, alla fine, racconta “venni invitato da alcuni Goriziani ad una cena che mi avevano preparata, per dimostrarmi in questo modo che essi non aveano avuta parte alcuna nelle vessazioni praticatemi otto giorni prima. Ma io che ne fui la vittima, e bene conoscendo sotto quali rapporti mi si offriva quel tributo, risposi loro che non poteva né doveva accettare cosa alcuna, e che, appena fossi fuori di Stato, avrei scritto su tutti i giornali quali trattamenti mi furono usati, e quale umanità vi sia in Gorizia. Infamia eterna ai Goriziani, e specialmente alle donne, che invece di essere gli angeli di pace, furono le furie dell’inferno! Era la terza festa di Pasqua : chiesi alcuni danari ad imprestito onde poter fare il viaggio insieme coi miei compagni. Giunti a Romans, il popolo mi riconobbe, e voleva di nuovo ingiuriarmi e martoriarmi, e certo avrebbero sfogato la loro rabbia, se i soldati di scorta non mi avessero salvato, resistendovi colle bajonette”.Le sofferenze in vita sono finalmente ripagate da gloria postuma: nel 2011, Caffi è fra gli autori esposti (proprio con la “Battaglia di Visco) al Vittoriano a Roma, per il 150° dell’Unità d’Italia, ed ora in una spettacolare mostra al Museo Correr, addirittura con un prolungamento del tempo di esposizione dal termine del 20 novembre 2016 all’ 8 gennaio 2017.I luoghi degli scontri sono ancora riconoscibili a Visco, anche se fortemente compromessi da interventi privi di memoria attuati in diversi periodi.Rimane il ricordo di questo artista, inquieto, curioso, geniale e sfortunato, ma capace di accendere la storia.