Viandanti nella fede e seminatori di speranza

“Vivere all’altezza della propria storia”, che è una storia di passione per il popolo e per la Chiesa”, in altre parole “viandanti della fede e seminatori di speranza”: questo il mandato che Papa Francesco – figura nella quale l’Azione cattolica italiana si riconosce in un vincolo assolutamente impegnativo – ha affidato all’associazione radunata domenica scorsa a Roma per i lavori della sedicesima assemblea nazionale e raccolta in piazza S.Pietro in uno straordinario incontro unitario, presenti le associazioni delle parrocchie italiane, i dirigenti e delegati diocesani, insieme alle rappresentanze internazionali. Una grande giornata di festa nello spettacolo della piazza e con una splendida giornata di primavera. Per ricordare e celebrare 150 anni di vita e di storia, soprattutto di presenza laicale nella Chiesa e nelle comunità italiane.Ad una condizione: quella di ” non avere gli occhi all’indietro, di non guardarsi allo specchio, comodi in poltrona”, ha aggiunto Papa Francesco, raccogliendo le linee tematiche dell’assemblea triennale “Fare nuove tutte le cose” e si completa con una seconda riga “Radicati nel futuro, custodi dell’essenziale”. Con una duplice annotazione per quella “bella storia che è l’Aci” in quanto “fare memoria di un lungo itinerario di vita aiuta a rendersi consapevoli di essere un popolo che cammina prendendosi cura di tutti, aiutando ognuno a crescere umanamente e nella fede”. In primo luogo a “portare avanti la vostra esperienza apostolica radicati in parrocchia”, che è lo “spazio in cui le persone possono sentirsi accolte così come sono, e possono essere accompagnate attraverso percorsi di maturazione umana e spirituale a crescere nella fede e nell’amore per il creato e per i fratelli”. In secondo luogo, l’invito del Papa è di “essere viandanti nella fede”, rimanendo aperti alla realtà che vi circonda… curate senza timore il dialogo con chi vive accanto a voi, con chi la pensa diversamente ma con voi desidera la pace, la giustizia, la fraternità. E’ nel dialogo che si può progettare un futuro condiviso”. La sottolineatura sulla parrocchia -in consonanza con le scelte di Aci- merita una coraggiosa precisazione: la parrocchia, cioè, non è una struttura caduca perché (aggiunge il Papa)è presenza ecclesiale sul territorio, ambito dell’ascolto della Parola, della crescita della vita cristiana, del dialogo, dell’annuncio, della carità generosa, dell’adorazione e della celebrazione”. Ultima nota, riguardo alla politica: il testo ufficiale non ne fa riferimento, ma il Papa ne ha parlato con entusiasmo dicendo ai laici di Aci “impegnatevi nella politica. Sia la politica con la P maiuscola”.La relazione introduttiva (così come quella finale del presidente uscente prof. Matteo Trufelli e con i saluti del neo nominato assistente generale mons. Gualtiero Sigismondi vescovo di Foligno) e soprattutto il documento finale. Approvato, punto per punto, il documento -che ha raccolto i suggerimenti delle assemblee diocesane- mette a punto lo specifico contributo dell’Aci intende dare alle chiese locali ed alla carità ed alla comunità italiana. Un intervento tutto da leggere anche alla luce della strigliata che fratel Bianchi ha dedicato alla condizione della chiesa e della società.«il documento finale merita una speciale segnalazione in quanto fa riferimento con la struttura della relazione triennale della presidenza uscente e che riguardano il rapporto tra memoria e futuro, l’impegno a stare dentro  al nostro tempo, l’essere custodi dell’essenziale, il cogliere il valore dell’associazione, con fiducia audacia e creatività. Tale atteggiamento passa attraverso una coraggiosa disanima che prende le misure dalla lettera programmatica di Papa Francesco  (cioè l’Evangelii gaudium) e quindi analizza e commenta la preziosa eredità costituita dalla eredità costituita dalla storia dei 150 anni di Aci nei paesi e nelle parrocchie, nelle diocesi italiane che propone i quattro criteri di analisi e di proposta a partire da “la realtà è più importante dell’idea” (contesto), “il tempo è superiore allo spazio” (processi da generare), “il tutto è superiore della parte” (quale Aci nel nuovo contesto) e , infine, “l’unità prevale sul conflitto” (alleanze da costruire).In una parola, una scelta  esemplare di come mettere a confronto la realtà ecclesiale e di esaminarla alla luce dei criteri suddetti. L’Aci ha raccolto la sfida del convegno ecclesiale di Firenze (2015) e ne ha tratto le conseguenze con una coraggiosa valutazione che mette in risalto insieme il ruolo dell’Acio nel futuro presente ma anche puntualizzando la attendibilità delle scelte pastorali delle chiese diocesane. Puntualizzazioni e sottolineature che meritano la conclusione del presidente Trufelli nel suo saluto al Papa: “Anche noi abbiamo un sogno che stiamo cercando di realizzare alla luce della “scelta missionaria della Chiesa capace cioè di trasformare ogni cosa”, pur con tutti i limiti, quello di fare dell’Aci uno strumento esemplare ma significativo per aiutare tutta la Chiesa, ciascuna chiesa locale nella quale siamo radicati, a fare propria e vivere in profondità, questa chiamata. Sappiano che per questo occorre anzitutto convertire noi stessi, i nostri cuori, le nostre abitudini”.Perchè “il processo dell’Aci , fin dal suo inizio, è questo; la cura della vita interiore è il campo-base della evangelizzazione”.