Un grande ostensorio vivente

Un grande ostensorio vivente è stata la città di Genova nei tre giorni del Congresso Eucaristico Nazionale in programma dal 15 al 18 settembre scorsi proprio nel capoluogo ligure.Avvenimenti intensi che sono stati vissuti dalla delegazione goriziana con entusiasmo e viva e gioviale fede. I componenti, attraverso il dialogo e l’osservazione, hanno tra l’altro potuto aprire una finestra sulla realtà della Chiesa genovese che, al di là dell’apparato solenne di questo appuntamento nazionale, porta con sé il marcato peso di una secolarizzazione formatasi negli immensi spazi lavorativi del porto che di Genova, pur nella crisi, sono tuttora cuore pulsante.Queste sofferenze sono state il carico spirituale che si è assommato a quello fisico durante la stessa processione: sono stati proprio i lavoratori a caricarsi sulle spalle l’arca d’argento contenente il SS. Sacramento e a portarlo dal porto alla cattedrale di S. Lorenzo, nel pieno centro storico.Cinque i membri della delegazione goriziana che hanno rappresentato l’Arcidiocesi al congresso nazionale: don Maurizio Qualizza, mons. Adelchi Cabass, Andrea Nicolausig, Livia Falato e Ivan Bianchi. L’arrivo mercoledì 15 settembre con l’iscrizione e la S. Messa serale presieduta dal cardinale Bagnasco ed accompagnata dalla corale diocesana. Al termine della celebrazione l’Adorazione eucaristica nella chiesa di S. Matteo, piccolo gioiello nel centro storico genovese, che si è protratta dalle 23 alle 8 del giorno successivo. Terminata l’adorazione fedeli, sacerdoti e delegazioni si sono dati appuntamento presso la Cattedrale dove, alle ore 9, il vescovo emerito di Tortona, Mons. Canessa, ha celebrato una S. Messa: la celebrazione è stato l’occasione per consegnare il mandato ad alcuni delegati prescelti per svolgere servizi in alcuni luoghi dove quotidianamente si compiono opere di misericordia sia spirituale che corporale. Nel pomeriggio le “penitenziali” in quattro centrali luoghi di culto guidate da altrettanti vescovi italiani. Alla sera di venerdì 16 settembre il concerto al teatro Carlo Felice, offerto alle delegazioni presenti, con un repertorio principalmente sacro. Contemporaneamente l’Adorazione eucaristica sempre nella chiesa abbaziale di San Matteo dalle 21 alle 8: partecipato il momento di preghiera notturno che ha riempito il luogo di culto fino al mattino.Ancora: alle ore 9 la S. Messa in cattedrale presieduta da Mons. Angelo Spinillo, Vescovo di Aversa. “La partecipazione all’Eucarestia sia fonte di un modo nuovo e più giusto, più santo, di vivere nel mondo e con il mondo: nelle scelte politiche, nel rispetto della natura, della sapiente valorizzazione delle risorse” ha affermato nella predica il vice presidente della Cei per il Meridione. Dunque le catechesi, di cui riferiamo a margine.Il pomeriggio di sabato 17, però, è stato il culmine delle quattro giornate. Alle 16.45 l’arrivo della motonave con a bordo il SS. Sacramento. Particolare il momento non solo perché ha ricordato il Congresso del 1923, 93 anni fa, quando l’Ostensorio fu portato in processione con le navi su un Bucintoro di forme rinascimentali, ma anche per il suo trasporto: quella motonave è stata protagonista di numerosi salvataggi di migranti nelle acque del Mediterraneo ed è stata l’unione fisica tra il Convito Eucaristico e l’aiuto verso i poveri ed i diseredati.Dopo l’adorazione solenne si è snodata la lunga processione che ha visto seminaristi, suore, sacerdoti, vescovi, arcivescovi e delegazioni accompagnare l’arca argentea fino alla Cattedrale di S. Lorenzo. Durante la serata, poi, due le proposte per i presenti: nella centralissima piazza Matteotti le Pastorali Giovanili hanno offerto una Serata Giovani mentre per la terza ed ultima serata la chiesa di S. Matteo ha visto l’esposizione del Santissimo per tutta la notte. Domenica 18, infine, la giornata conclusiva: alle 9 da S. Maria dei Servi si è snodata la processione delle confraternite liguri fino a Piazzale Kennedy dove si è poi celebrata la S. Messa conclusiva. L’atto finale del congresso si è consumato davanti a più di 20.000 fedeli che hanno assistito alla S. Messa presieduta dal Cardinale Angelo Bagnasco, inviato del Santo Padre per l’evento nazionale: “Il Vangelo racconta” ha sottolineato il cardinale, “come Dio non s’arrenda davanti alla storia infranta degli uomini: vi entra e le dà una nuova direzione. Il Congresso Eucaristico rende presente questa storia in forma corale e pubblica, annunciando che Gesù è il Signore, Colui che ai poveri proclama “il Vangelo di salvezza, la libertà ai prigionieri, agli afflitti la gioia” (Prece Euc. IV)”. Per la delegazione diocesana una significativa esperienza di comunione, preghiera e rinnovato entusiasmo nell’impegno ecclesiale.

L’esperienza delle catechesi: riflessione e contemplazione

“La parrocchia è la chiesa in uscita”: questa l’affermazione centrale della catechesi dal tema “L’Eucarestia e la via dell’uscire” tenuta da S.E. Mons. Guglielmo Borghetti, Vescovo di Albenga-Imperia a cui la delegazione ha partecipato nella cattedrale di Genova.Sembrerebbe un’affermazione scontata, ma in fondo, è proprio nella parrocchia che si vede l’azione pastorale della Chiesa. Una parrocchia con le porte aperte, accogliente, capace di camminare con gioia insieme al suo popolo. Il vescovo Borghetti, citando il recente intervento del Santo Padre ai sacerdoti polacchi, ha voluto identificare la parrocchia come realizzazione della “Chiesa in uscita”. Termini a volte abusati senza conoscerne la portata effettiva, come i 5 verbi indicati da papa Francesco nell’Esortazione “Evangelii gaudium”: “Prendere l’iniziativa, coinvolgersi, accompagnare, fruttificare e festeggiare”.Termini che chiamano in causa ogni nostra realtà: “La nostra è una parrocchia in uscita? Luogo di creatività, riferimento, paternità? O è una parrocchia ufficio?” ci ha chiesto il vescovo Borghetti, invocando  parrocchie capaci di saper essere segno di comunione, di collaborazione fraterna tra sacerdoti e laici, per permettere di intercettare attese e bisogni spirituali dell’uomo di oggi. “Non una struttura, ma la famiglia di Dio” e richiamando San Giovanni Paolo II nell’esortazione apostolica “Christifideles laici” ha affermato che la parrocchia può essere ancora “la Chiesa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie”. E tutto nasce dal Cenacolo, da Gesù che si china e lava i piedi ai suoi discepoli e dalla discesa dello Spirito Santo che rende il cuore degli apostoli “la prima periferia esistenziale raggiunta”, capace di operare una vera trasformazione missionaria. In altre parole, il compito della Chiesa oggi, chiamata a dare segni di speranza per lasciarsi trasformare dallo Spirito Santo e facilitare l’incontro degli uomini di oggi con Gesù Cristo. “E’ decisivo – ha affermato il cardinal Bagnasco – portare gli uomini del nostro tempo a riconoscere il Signore Gesù, e così tornare a riconoscere il volto dell’uomo. Se Dio sparisce dall’orizzonte, l’umanità viene colta da un disorientamento i cui effetti disumani sono sotto gli occhi. L’Eucaristia – mistero della Pasqua del Signore – non è un’idea, ma Lui stesso che si offre al nostro incontro. E’ il Pane di vita eterna che vuole camminare al nostro fianco giorno per giorno, perché il nuovo mondo, già presente, cresca come il grande albero del Vangelo: tra i suoi rami tutti possono posarsi e trovare ristoro e vita”.

Andrea NicolausigSe, prima di partire per Genova, mi avessero domandato: “Come immagini il Congresso Eucaristico?” Avrei risposto – pur avendo letto il programma-: “un insieme di persone che si ritrovano per discutere, studiare, riflettere sull’Eucaristia”. Mi sarebbe sembrata la risposta più immediata e logica, frutto di un tempo in cui tutto si studia, si analizza, si elabora, forse perché spesso in questo modo ci sembra di poter possedere ciò che non si comprende e non solo perché conoscere ci aiuta a crescere. Ma poiché, forse, il Signore non ama tanto essere posseduto ecco il primo rovesciamento di credenze: non siamo chiamati a “disquisire” ma a “contemplare”. Il Signore ci ha convocati qui, personalmente e come Chiesa, a contemplare la grandezza del suo amore che si fa pane: qualcosa che, a ben pensarci, è assolutamente sbalorditivo per le nostre categorie mentali. E questo è il tema che è stato sviluppato da mons. Canessa nell’omelia del 16 settembre: “La contemplazione delle misericordie del Signore” che è diventato invito ad aprire la nostra mente e il nostro cuore alla contemplazione. Ma poiché con un agenda piena di impegni è molto difficile contemplare, il primo gesto a cui siamo invitati è “fermarsi, fare una sosta”, dedicare un tempo a qualcosa, anzi a qualcuno che ci aiuta a guardarci come in uno specchio e a ristorarci alle sorgenti della carità e della bellezza. Occorre aprire uno spazio interiore per rendersi conto veramente della misericordia di Dio, per comprendere ciò che ha operato con noi; così come occorre una disposizione interiore ad accogliere la misericordia di Dio, ed è la disposizione di chi si sente povero di fronte a Qualcuno che ha scelto di farsi ancora più povero, cioè Pane. Ma questo sguardo interiore non è solo per se stessi o per restare in una logica io-Dio, perché se alzo lo sguardo, qui al Congresso come nella vita di ogni giorno, vedo centinaia di volti, di storie. Allora la contemplazione non è qualcosa per restare sospesi tra cielo e terra, uno spazio per salvaguardarsi dalla fatica della quotidianità, ma per lasciarsi “abitare” da Dio e dagli “altri”; un aprire le porte per far entrare in noi un’umanità diversa e a volte scomoda e separata, ma che si ritrova unita in un’unica casa: il Cuore di Cristo.

Livia Falato