Il rapporto con le Chiese che cambiano

Ho avuto modo di accompagnare don Franco e il vescovo Carlo in questo viaggio breve ma molto intenso. La mia permanenza in terra africana si è limitata alla Costa d’Avorio, perché sono rientrato rapidamente a casa per le celebrazioni dei 300 anni della chiesa di Romans: il loro itinerario è continuato, nel frattempo, in Burkina, accompagnati da don Michele Stevanato e da Ivana e Luisella.Mi pare che la cosa importante è che don Franco e il vescovo hanno sì potuto scambiare opinioni, ma soprattutto hanno potuto cogliere il punto di vista dei vescovi di Bouaké e Yamoussoukro e trarne indicazioni per una rinnovata e proficua collaborazione tra diocesi.A volte c’è la tentazione, anche per diversi gruppi missionari, di fare quanto loro sembra più importante: ma non sempre è questo l’intervento di cui la chiesa locale africana ha bisogno. Avere quindi un’idea chiara di cosa vogliono oggi le chiese locali con le quali abbiamo una relazione è necessario ed urgente, per precisare le modalità della nostra collaborazione.Il paese è cambiato ed anche la Chiesa locale.Non sono certo mancate le visite nei luoghi “storici” dell’impegno missionario della diocesi di Gorizia, visite ben documentate dalle foto pubblicate anche su “Voce Isontina”: questo ha permesso alla delegazione di apprezzare ulteriormente quanto la diocesi di Gorizia ha fatto finora con amore, competenza e impegno.Arrivati ad Abidjan giovedì sera, già la cena è stato un bel momento di incontro con don Michele che era venuto a prenderci e con un missionario che era stato un compagno di scuola del vescovo Carlo.L’indomani mattina abbiamo celebrato la santa messa nella cappella della nunziatura. E’ stata una bella occasione di scambio con il nunzio apostolico, mons. Giuseppe Spiteri, che ci ha introdotto nella vita del paese e della Chiesa ivoriana.Siamo quindi partiti per Djébonoua, nella missione di cui è stato parroco per anni don Michele. Oggi è affidata al clero della diocesi di Iasi in Romania. Parroco è don Gabriel, ben conosciuto a Gorizia perché ha fatto il seminario qui da noi. Da poco è arrivato un giovane prete che gli darà il cambio. Abbiamo avuto modo di visitare la chiesa parrocchiale, la cui costruzione era uno degli impegni del giubileo dell’anno 2000; quindi la scuola primaria, la prima cappella e la falegnameria, creata da Giuseppe Burgnich e rimessa in funzione dopo i saccheggi della guerra grazie all’aiuto di tante persone tra i quali l’ing. Calligaris di Manzano.Dopo una visita alla cappella di Kongondekro, al calar del sole siamo arrivati a Bouaké, accolti dal vescovo mons. Paul Siméon Ahouanan, nella sua residenza.Sabato mattina nella parrocchia santa Bernardetta di Belleville, dove don Michele è stato parroco fino qualche mese fa, c’è stata una bella messa cui molti fedeli hanno partecipato. Quindi visita alla scuola primaria del quartiere costruita all’inizio della crisi politico militare, al centro “san Camillo” per il reinserimento sociale e professionale di donne malate mentali, e al cantiere della nuova scuola superiore del quartiere, costruita soprattutto grazie al sostegno dell’Onlus “Vizzari”.Dopo un pranzo con i responsabili della parrocchia, nel pomeriggio siamo andati alla chiesa di Nimbo, frequentata in quel momento da qualche centinaio di giovani impegnati nella catechesi e in altre attività: questa parrocchia è stata gestita dai missionari di Gorizia dal 1975 al 2008, quando don Michele la lasciò al clero diocesano. Quindi abbiamo visitato il centro “san Camillo” per i malati mentali, accanto al quale sta sorgendo un vero e proprio ospedale, ove si fanno delle visite mediche, analisi del sangue,  raggi e programmi per seguire i malati di Aids: è stato bello vedere come funzionano anche il settore ottica e oftalmologia, realizzati grazie a quella che si chiamava “operazione vista”.La domenica mattina messa in cattedrale: era per loro la conclusione dell’anno giubilare ma anche la consegna a tutti i fedeli del direttorio con le conclusioni del sinodo diocesano, di cui don Michele è stato il segretario generale: mons. Carlo ha potuto così presiedere questa bella celebrazione a cui hanno partecipato più di 4.500 fedeli. Dopo il pranzo con i sacerdoti della città e con i rappresentanti delle varie parrocchie, siamo andati a visitare il centro “Nostra Signora della sorgente”, l’orfanotrofio dove opera Claudia Pontel, attualmente in Italia per un breve periodo. Quindi visita al villaggio e al lebbrosario di Manikro, così legato agli inizi del nostro impegno missionario, e poi a Tiéplé, dove la comunità cristiana si è stretta attorno a noi per parlarci anche delle loro difficoltà.Lunedì mattina, siamo partiti per Yamoussoukro. Siamo andati subito a Kongouanou, il centro per la cura dell’ulcera di Buruli gestito dalle suore della Provvidenza. I malati e il personale ci hanno accolti con canti e qualche passo di danza. Quello che all’inizio era un dispensario nella foresta, ora è un centro rinomato, un punto di riferimento nel paese per curare questa terribile malattia, un vero e proprio piccolo ospedale, con sala operatoria, laboratorio per le analisi, palestra per la fisioterapia e la riabilitazione, laboratorio per costruire e adattare le protesi, alcune classi per permettere a bambini e ragazzi ricoverati di continuare il loro percorso formativo scolastico. Dopo una  breve sosta alla chiesa san Leopoldo Mandic di Lolobo e un passaggio a Seman dove si trova la cappella dedicata a san Silvano, siamo arrivati al domicilio del vescovo Marcellin Yao Kouadio, che ha accolto la delegazione goriziana assieme a vari preti locali.Nel pomeriggio, sotto un violento acquazzone, abbiamo visitato la chiesa cattedrale e quindi la chiesa in costruzione a Morofé. Si tratta di un grande edificio polivalente voluto dalla diocesi capace di mantenere fino a 3.800 persone. Il vescovo di Yamoussoukrò ci ha chiesto di continuare a sostenere finanziariamente il suo completamento. In una sala della parrocchia vari sacerdoti e laici hanno presentato alcuni settori dell’impegno pastorale: il piano d’azione pastorale, la formazione dei catechisti, la vita delle Comunità Ecclesiali di Base. Quindi abbiamo cenato insieme.L’indomani mattina siamo andati a Kossou, dove il parroco ci ha accolto e quindi guidato alla chiesa parrocchiale, alla statua della Madonna della Salute e alla scuola Tecnica, fondata da Giuseppe Burgnich. In seguito alla guerra, la scuola non è ripartita come prima: parte delle strutture ospitano delle classi di una scuola superiore e l’atelier principale di falegnameria continua una certa attività.Dopo la visita alla diga, siamo rientrati a Yamoussoukro per una visita alla basilica Nostra Signora della Pace. Dopo il pranzo, fatto al Centro di Accoglienza Diocesano, don Franco e il vescovo Carlo con don Michele sono partiti verso il nord per andare in Burkina, mentre io sono ripartito per rientrare in Italia.Sia a Bouaké che a Yamoussoukro l’accoglienza dei vescovi è stata squisita. Il tempo era poco ma è stato sfruttato al massimo: spero proprio che questi incontri portino il loro frutto.