Il Kyrie eleison: lode e supplica penitenziale

Il Kyrie, eleison costituisce un rito a sé stante e ha sempre luogo dopo l’atto penitenziale. È un canto con il quale i fedeli «acclamano il Signore e implorano la sua misericordia» (OGMR, 52). Ha quindi una duplice valenza: lode e  supplica penitenziale.  L’invocazione Kyrie rimanda alla lode, è l’appellativo trionfale dato al Cristo risorto, è esaltazione di Colui che si è fatto obbediente fino alla morte di croce e che il Padre ha esaltato donandogli un nome che è al di sopra di ogni nome per cui ogni lingua proclama «Gesù Cristo è Signore!, a gloria di Dio Padre» (Fil 2,11). Il secondo termine è invocazione di  perdono e di misericordia, di quella  misericordia di Dio che abbraccia tutta la storia della salvezza (cf. Lc 1,50). L’invocazione comprende un atto di  fede in Cristo Dio incarnato e  glorificato e insieme una richiesta di  misericordia per la nostra condizione di peccatori: tutta l’assemblea, con a capo  il sacerdote che la presiede, confessa la potenza di Cristo e la propria fragile condizione umana, sulla quale chiede che egli si pieghi con bontà. È un grido corale di fede e di supplica (cf. R. Falsini, Gesti e parole della Messa, Milano 2001, p. 64). In questa supplica è inoltre possibile scorgere anche un’invocazione della tenerezza di Dio, del suo amore materno. Secondo alcuni studiosi infatti al verbo greco utilizzato nell’invocazione è sotteso un termine  ebraico con cui nell’Antico Testamento veniva descritta la componente materna dell’amore di Dio. Il più delle volte il verbo eleéo traduce l’ebraico rhm, che viene usualmente reso con “provare misericordia”, “sentire pietà”, “provare tenerezza”,  “commuoversi”,  “amare teneramente”  (cf.  E.  Zurli,  Kyrie  eleison. L’invocazione biblica a Dio, che ci ama come una madre, “Rassegna di Teologia” 51 [2010], pp. 215-232).  Nella struttura dei riti iniziali, al Kyrie segue il canto del Gloria. Questo inno «si può considerare un elemento che si pone sulla linea del Kyrie come suo sviluppo, solo che nell’acclamazione kyriale il tema della lode e della glorificazione era tutto racchiuso nella prima parola. Qui l’inno è nella sua massima parte un magnifico canto di esaltazione a Dio con la specificazione trinitaria. Non manca comunque la supplica e il contenuto penitenziale, col  qui tollis peccata mundi miserere nobis. Il miserere nobis ritorna due volte. Qui c’è un aggancio forte all’eleison del Kyrie-Christe. Cristo è visto come Agnello di Dio. Lo  si considera perciò nella sua morte  espiatrice  dei  peccati. Lo si guarda poi anche come nostro  avvocato alla destra del  Padre,  aperto alle nostre  implorazioni di misericordia» (V. Raffa, Liturgia eucaristica. Mistagogia della Messa: dalla storia e dalla teologia alla pastorale pratica, Roma 2011, p. 294).