Anna Medeossi: in Algeria, “senza un perchè”

Venerdì 12 gennaio alle ore 18.00, in Ciasa pre Pieri a Lucinico, Via Giulio Cesare, 23 si svolgerà un incontro con Anna Medeossi che parlerà della sua esperienza di “Una cristiana fra i musulmani”.”Perché sei qui ?” Da un anno in Algeria, è la domanda di tutti, algerini e amici.L’Algeria è un paese grande 8 volte l’Italia. Da Constantine, nella regione montuosa al confine con la Tunisia, a Orano, città sul Mediterraneo, passando da Adrar, nel cuore del Sahara, ho percorso tanti chilometri. Lingua, tradizioni e stili di vita sono veramente diversi! Ho imparato così la diversità del mondo islamico. “Questo non è l’islam” – dice la gente, riferendosi alle violenze che fanno notizia sui media, al moltiplicarsi delle moschee nelle città, all’imporsi di costumi sociali che “non si erano mai visti qui”. Credo che per conoscere il Dio dei mussulmani, bisogna correre il rischio dell’incontro, dell’amicizia, di “perdere tempo” con loro. Uno ad uno. Allora: “Benvenuta!” La generosità verso l’ospite straniero prende le forme più inattese. Dall’invito a tavola al passaggio in macchina, dall’iscrizione gratuita ad un’escursione alla moltiplicazione dei datteri nella borsa della spesa, dal regalo di Natale (!) al biglietto per un concerto, con l’immancabile ritornello: “Se hai bisogno di qualcosa in qualsiasi momento, sono qui”.In Algeria ho scoperto che c’è sempre bisogno di lasciarsi prendere per mano da un altro. Di fronte alle ferite della storia coloniale, di fronte al muro delle incomprensioni in materia di religione, di fronte alla barriera della lingua e di codici sociali diversi, in un mondo apparentemente impenetrabile e che non conosce l’idea d’integrazione, ci si deve fidare e affidare ai consigli e alle iniziative della gente del posto. Tanta gratuità fa crollare pregiudizi e paure, e la gratitudine è spesso il primo passo per una nuova amicizia.In Algeria siamo qualche centinaio di cristiani cattolici su 40 milioni di abitanti, quasi esclusivamente mussulmani: faccio l’esperienza della vita di una minoranza, protetta e controllata dalla polizia. Ho trovato una Chiesa piccola nei numeri, ma veramente universale: preti e suore di diverse nazionalità, volontari o lavoratori stranieri, studenti universitari da tutto il continente africano, tanti – tantissimi – migranti subsahariani e qualche algerino… altrettante lingue che si mescolano nella liturgia!  Una Chiesa di gente di passaggio, ma che è veramente una famiglia e un punto di riferimento per ciascuno, accolto con tutta la sua storia e presto reso protagonista della vita della comunità. Una Chiesa riconosciuta come associazione, che continua a partecipare alla costruzione della società “così come si può “, condividendo le difficoltà della gente. Una Chiesa paradossale, dove il “popolo di Dio” sono i mussulmani! Corsi di cucito, cucina o altre attività femminili, corsi di lingue, centro estivo, ludoteca, biblioteca, conferenze, casa di riposo, escursioni… tutte le attività della parrocchia sono rivolte alla popolazione locale. Se l’obiettivo non è fare proselitismo e conversioni, in un Paese da cui tutti sognano di partire (e tanti ci provano), allora: “Che cosa fate qui?” Senza dubbio: “Presenza”. Una presenza silenziosa – nessuno spazio sui media e poche occasioni di “dialogo” ufficiale – ma operosa. Una presenza “diversa” nella società, esigente, che insegna a vivere senza sicurezze, ad aprire il cuore e ad arricchirsi della diversità dell’altro. Una presenza “senza un perché”, senza un secondo fine.”Perché sei qui?” Certo, adesso lavoro al progetto di restauro e animazione del santuario Notre-Dame di Santa Cruz a Orano, ma in fondo sono qui “senza un perché”. Eppure “dando una mano” e offrendo una presenza amica, credo di vivere qualcosa dell’amore di Dio : Emmanuele, Dio con noi, Dio con ogni uomo “senza un perché”.