Abramo, nostro padre nella fede

Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. (Gn 12,1)Sono queste le parole con cui inizia la prima lettura della seconda domenica di Quaresima; le parole con cui inizia il capitolo dodicesimo del libro della Genesi che ci presenta la figura del patriarca Abramo e la sua chiamata a lasciare la sua casa per seguire Dio.

Abramo nostro padre nella fedeÈ bello e interessante allora, farci accompagnare per questo tratto di cammino dal nostro “padre nella fede” (canone I); Abramo, lui che di cammino possiamo ben considerare un esperto. Rifletteremo quindi brevemente sulla figura di Abramo e su come essa sia presentata dalla Bibbia e dal Corano. Non sarà il nostro un intento “esegetico” in senso stretto, ma piuttosto spirituale, per cogliere attraverso il punto di vista delle tradizioni religiose giudeo-cristiana e islamica, quello che di stimolante questa figura ci può presentare.Sovente ci capita di sentire espressioni del tipo: “le religioni abramitiche”. Ci si riferisce con questa definizione alle tre grandi religioni monoteiste: Ebraismo, Cristianesimo e Islam, che hanno appunto Abramo tra i fondatori, o che più correttamente si rifanno a questa figura di Abramo attribuendogli posteriormente un significato e un contenuto rilevante per il presente della fede. Basti pensare che, sebbene protagonista dell’Antico Testamento, è nominato 70 volte nel Nuovo e 245 nel Corano con una sura – la quattordicesima – che porta il suo nome. Anche il Concilio Vaticano II, nella Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane Nostra Aetate fa propria questa radice della comune discendenza abramitica e dice, in riferimento ai fedeli musulmani: “Essi cercano di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti di Dio anche nascosti, come vi si è sottomesso anche Abramo, a cui la fede islamica volentieri si riferisce” (NA3). Rispetto all’Ebraismo – nel punto successivo – si afferma che la Chiesa: “confessa che tutti i fedeli di Cristo, figli di Abramo secondo la fede, sono inclusi nella vocazione di questo patriarca” (NA4).Per la rilevanza che questa figura di Abramo assume per il dialogo interreligioso è importante focalizzarne alcuni aspetti.

Divergenze significativeIn un confronto tra racconto biblico così come lo troviamo nel libro della Genesi, e i vari frammenti del testo coranico in cui lo si rintraccia, emerge che questi racconti si possono suddividere sostanzialmente in tre gruppi.Vi sono innanzitutto racconti coranici che, pur nella non consonanza letterale, conservano lo stesso tenore del testo biblico, in particolare dei racconti della Genesi dai capitoli 12 a 15. Ad esempio è il padre di Isacco ed Ismaele; Abramo è l’esempio dell’uomo che crede nell’unico vero Dio; ad Abramo viene annunciata la nascita miracolosa di un figlio. Inoltre Abramo è definito “l’amico di Dio” (khalil Allah), nella sura 4, 125, come in 2Cr 20, 7, Is 41, 8, Gc 2, 23.Un secondo gruppo di testi mostra di conoscere chiaramente la storia biblica, ma se ne allontana anche in aspetti molto significativi, come ad esempio nel famoso racconto del sacrificio di Abramo:”E noi gli annunciammo la nascita di un figlio mite. Quando il figlio raggiunse l’età di andare al lavoro con lui, Abramo gli disse:”O figliolo mio, ho proprio visto in sogno che ti devo immolare: che ne pensi?”. Rispose: “Padre mio, fà ciò che ti è ordinato: se Dio vuole, mi troverai paziente”. Quando si furono rassegnati entrambi alla volontà di Dio e Abramo ebbe disteso il figlio con la fronte a terra, allora gli gridammo: “Abramo! Hai già dato compimento al tuo sogno: così noi ricompensiamo quelli che fanno il bene!”. Quella fu davvero una prova luminosa! Poi gli abbiamo riscattato il figlio con un grande sacrificio e abbiamo tramandato ai posteri la sua lode: “Pace ad Abramo!” (Q 37, 101-108).La tradizione islamica afferma che “il giovane mite” non è Isacco ma Ismaele, ed è quindi quest’ultimo che Dio chiede ad Abramo di sacrificare. Altri elementi di assoluta rilevanza per numero di ripetizioni, come la lotta contro gli idolatri – compreso il padre – sono desunti dalle tradizioni rabbiniche, che non sono passate nella redazione del libro della Genesi.Un terzo gruppo di testi infine – piuttosto consistente per numero e rilevanza – è assolutamente indipendente dalla storia biblica, ad esempio Abramo viene indicato come colui che ha edificato, insieme ad Ismaele, la Casa Sacra a Dio, cioè la Ka’ba alla Mecca e che ha istituito il pellegrinaggio:”E quando Abramo ed Ismaele ebbero innalzato le fondamenta della Casa, dissero: “Signore nostro, accettala da noi, tu che ascolti e conosci ogni cosa! Signore nostro, rendici entrambi sottomessi a te, fa della nostra discendenza una nazione a te sottomessa, mostraci i riti sacri da osservare e volgiti a noi benigno, perchè tu sei l’Indulgente e il Misericordioso” (Sura 2, 127-128). All’interno del recinto della Grande moschea della Mecca si trova anche il cosiddetto posto di Abramo (maqam Ibrahim) considerato il luogo dove Abramo pregava Dio. Sarà poi non a caso il Profeta Muhammad a compiere a sua volta lo stesso gesto che fu di Abramo, quando nel 630 eliminò dalla Ka’ba tutti gli idoli del politeismo, per consacrarla al monoteismo che fu di Abramo.Nel testo coranico Abramo viene quindi presentato come un uomo che ben presto avvia un’affannosa ricerca spirituale del vero Dio che non corrispondeva certo né alle divinità pagane del padre, né agli astri. Abramo è considerato l’esempio del perfetto monoteista (hanif), e per la religione islamica non è mai stato né ebreo, né cristiano.”Abramo non era né ebreo né cristiano: era un uomo retto (hanif) che si era sottomesso a Dio, e non era idolatra (mušhrik)” (Sura 3, 67).

Lascia la casa del padre per cercare DioLa figura di Abramo può essere vista almeno per alcuni aspetti come un punto di riferimento comune. La sua scelta monoteista e l’alleanza che Dio stipula con lui, dà origine ad un evento rivoluzionario: la comparsa del Dio unico e la fede in lui.Abramo, nonostante il padre (Azar) fosse politeista, diventa monoteista e il suo Dio non è un Dio della natura: è un Dio etico e, soprattutto, giusto. Ci sono alcuni aspetti della figura di Abramo che vengono colti dalle tre tradizioni in modo trasversale e che, in qualche modo, ci svelano la ricchezza di quest’uomo. Anzitutto, Abramo è uno straniero, un forestiero che si allontana dalla casa del padre. È un “forestiero e di passaggio” (Gen 23,4) e lo è fin dal primo momento: lascia la sua casa e la religione da cui veniva: il politeismo.Abramo, quindi, è un uomo in ricerca, in ricerca di Dio. Abramo è un profeta che predica il monoteismo e combatte l’idolatria del suo popolo (sure 19, 26, 6, 37, 43, 21, 29) e potremmo dire che è una caratteristica peculiare dell’Abramo coranico. Il tema del monoteismo di Abramo, acquista poi anche un vigore eccezionale nelle sure medinesi (le ultime in ordine cronologico) in cui egli diventa il vero e proprio fondatore della religione che ha nel monoteismo puro e nella sottomissione a Dio la sua caratteristica fondamentale. Non a caso l’Islam si concepisce come “religione di Abramo” (millat Ibrahim). Egli legittima infine il culto della Ka’ba, fondando così il culto islamico. Non troviamo traccia invece, diversamente dal racconto biblico, del tema della terra e delle benedizioni.Questo ci porta a concludere che tra le due tradizioni, ebraico-cristiana e musulmana, è rimasto intatto poco più del “nome” di Abramo: il modo in cui la figura è presentata e il significato che gli è attribuito dalle “famiglie” che si richiamano a lui è molto, forse troppo, diverso. Certo, questo aspetto mette un po’ in crisi quell’idea delle “religioni abramitiche” di cui si diceva e meriterebbe un approfondimento ulteriore. Ugualmente ci facciamo accompagnare da Abramo, obbediente a Dio, e vogliamo proseguire fiduciosi il nostro cammino: “Mi separerò da voi e dagli idoli che voi invocate accanto a Dio e invocherò il mio Signore. Forse, nell’invocare il mio Signore non sarò deluso” (Q 19,48).