“Abbiamo visto il volto di Maria”

Quando nel 2007 mi recai per la prima volta in pellegrinaggio a Fatima lo feci per il desiderio e con la gioia di pregare in quel luogo. Certo, lo scorso mese di ottobre, partendo con un gruppo di pellegrini, provenienti quasi tutti dalla nostra arcidiocesi, per la medesima destinazione, questo è stato ancora uno dei motivi. Evidentemente, nella mia vita, tante cose sono cambiate da quel 2007. Dopo quel primo viaggio a Fatima, infatti, mi sento di dire che Maria mi ha condotto gradatamente verso suo figlio Gesù.L’Arcivescovo Carlo, in pellegrinaggio con noi, fin dal primo giorno ci ha invitati ad una prima riflessione personale sul motivo della scelta di recarci a Fatima e su che cosa avremo chiesto a Maria per noi. “Signore, mostraci il Padre e ci basta” (Gv 14,8). In noi cristiani c’è il forte desiderio di vedere il Padre. Maria viene proprio a ricordarci questo desiderio profondo che abbiamo, nel cuore, del Padre. Ci ricorda quello che siamo, anche se distratti da tante e spesso giustificate preoccupazioni per la famiglia, il lavoro, i figli, l’impegno sociale… Evidentemente grande è anche il nostro desiderio di vedere Maria. A Fatima, la ricorrenza dei cento anni dalla prima apparizione di Maria ai tre pastorelli, è stata anche l’occasione per riflettere su come era l’Europa nel 1917. In quel periodo, reso particolarmente infernale dalla guerra, Maria appare per portare la speranza e la pace. Significativo, quindi, il gesto risalente all’anno 1984 da parte di San Giovanni Paolo II, allora papa, di donare alla Madre celeste il proiettile che lo colpì nell’attentato del 13 maggio del 1981 in piazza S. Pietro. Non solo un gesto di riconoscenza e gratitudine da parte del papa per essere sopravvissuto, ma anche un forte richiamo per il mondo a deporre tutte le armi della violenza.La visita alle umili abitazioni dei pastorelli, dopo aver percorso e pregato la Via Crucis soffermandoci sui luoghi delle apparizioni, incontrare lo sguardo e il sorriso della nipote di Suor Lucia che aveva solo un anno quando la pasterella entrò in convento e che tante volte poi l’ha incontrata e parlato con lei, hanno ulteriormente sottolineato la vita semplice che conducevano i tre bambini.La testimonianza di Giacinta e Francesco, ora diventati santi, è stato il filo conduttore dell’omelia dell’Arcivescovo nella Cappella delle Apparizioni, nell’ultimo giorno di permanenza a Fatima. Partendo dal brano del Vangelo di Matteo (18,1-9) siamo stati dolcemente guidati nella riflessione su che cosa fare per diventare come bambini. Come adulti dovremmo fare nostre tre caratteristiche dei bambini, quali l’evidenza, la spontaneità e la libertà. Come? Partendo dal Vangelo, attraverso la sua meditazione profonda, chiedendo la grazia al Signore di purificare il nostro cuore per avere i suoi stessi sentimenti, chiedendo l’aiuto a Maria per questo e perché ci aiuti ad essere uomini e donne liberi come lei, senza pregiudizi.La figura di Maria è stata approfondita anche nella densa catechesi del vescovo che ha preso spunto dalle parole che papa Francesco ha pronunciato in occasione della benedizione delle candele della Cappellina delle Apparizioni a Fatima il 12 maggio di quest’anno: “Pellegrini con Maria… Quale Maria? Una Maestra di vita spirituale, la prima che ha seguito Cristo lungo la “via stretta” della croce donandoci l’esempio, o invece una Signora “irraggiungibile” e quindi inimitabile? La “Benedetta per avere creduto” sempre e in ogni circostanza alle parole divine (cfr Lc 1,42.45), o invece una “Santina” alla quale si ricorre per ricevere dei favori a basso costo? La Vergine Maria del Vangelo, venerata dalla Chiesa orante, o invece una Maria abbozzata da sensibilità soggettive che La vedono tener fermo il braccio giustiziere di Dio pronto a punire: una Maria migliore del Cristo, visto come Giudice spietato; più misericordiosa dell’Agnello immolato per noi?”Prima di lasciare Fatima è seguita un’attesa sosta presso le tombe dei santi Giacinta e Francesco nel Santuario dove dal 2006, dopo un anno di sepoltura nel Carmelo a Coimbra, riposa anche Suor Lucia. Non è mancata la visita in pullman alla città di Lisbona: Piazza Rossio e Comércio, i quartieri tipici di Bairro Alto e Alfama ove si erge la cattedrale, la Torre di Belém, sosta alla Chiesa del Monastero di Jerónimos, capolavoro dell’architettura manuelina, e alla Chiesa di S. Antonio costruita sul sito della casa natale del patrono di Lisbona.Evidentemente diverse saranno state le motivazioni che hanno spinto i cinquanta partecipanti ad aderire al pellegrinaggio diocesano promosso quest’anno dall’assistente dell’Unitalsi, don Carlo Bolcina. Qualcuno di noi avrà avuto la necessità di chiedere una grazia per sé o per un congiunto, altri per rendere grazie della fede o per qualche difficoltà superata, per accompagnare un proprio caro… Dalle testimonianze di alcuni partecipanti, raccolte al rientro, possiamo dire di aver vissuto una bella comunione di fede con Maria, suo figlio Gesù e tra di noi, nonostante non ci conoscessimo prima.Credo che, partiti per Fatima per incontrare il volto di Maria, lo abbiamo trovato tra i numerosi pellegrini presenti al S. Rosario serale, in quelli che in ginocchio, pregando, percorrevano il tracciato del pellegrino penitente dell’ampio piazzale antistante il Santuario e la Chiesa della Santissima Trinità. Abbiamo visto il volto di Maria in quelli che, pur non conoscendoci, ci hanno ascoltato e aiutato, nei fratelli e sorelle bisognosi e sofferenti.Tanti frutti del nostro stare insieme, della preghiera, li abbiamo visti e vissuti già a Fatima e altri ancora, ne sono certa, li riceveremo.Il duplice affidamento del Cristo morente in croce, del discepolo alla Madre e della Madre al discepolo, ora riguarda la Chiesa e si esplica nella nostra testimonianza, quali affidatari della Chiesa che siamo noi.